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Villa, Rossi di Schio, Alberti e mons. Gasparini si prendano il merito di aver "cooptato" nel cda post Zonin della Fondazione Roi i "nuovi" Diamanti, Valmarana e Grossato e... si dimettano. Per non ripetere lo schema BPVi

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Giovedi 13 Aprile 2017 alle 23:45 | 0 commenti

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Riferiremo domani i passi intrapresi nei confronti del (molto) discusso prof. Giovanni Carlo Federico Villa e della sua società, Didakè sas, dall'Università di Bergamo dopo le domande da noi rivoltele (visto che il prof. non ha risposto alla nostra richiesta di chiarimenti) sul direttore tecnico del Chiericati pagato dalla Fondazione Roi da metà 2015 per un anno dopo un anno e mezzo di "attività scientifica" nell'ambito di una "convenzione" firmata a fine 2013 dall'amministrazione Variati sempre con Bergamo ma mai attuata (fu pagato? Da chi?). Villa all'Università è professore associato "a tempo pieno" mentre è direttore  onorario del Museo di Piazza Matteotti, un altro "titolo" partorito per lui dai creativi Achille Variati e Jacopo Bulgarini d'Elci e convalidato sua giunta, ma di certo non è mai stato direttore tout court, l'unico incarico che gli darebbe statutariamente diritto ad essere nel Cda della Fondazione Cda in cui è entrato nel 2015.

Riferiremo domani della risposta, chiarissima dei "datori di lavoro" del prof, perchè oggi vogliamo fare qualche altra, forse più importante, domanda alla parte "vecchia" del Cda della Roi, che affianca, frena?, quella che deve dimostrare di essere veramente nuova.

La domanda la facciamo ai vecchi membri del Cda che resistono in quello in carica e che a metà 2016 hanno approvato l'ultimo disastrato bilancio, quello 2015, firmato da Gianni Zonin, Marino Breganze e Annalisa Lombardo.

La facciamo, cioè, al già citato Giovanni Carlo Federico Villa, a Giovanna Rossi di Schio, anzi per la precisione Giovanna Vigili de Kreutzenberg Rossi di Schio, moglie di Alvise Rossi di Schio, stretto amico, in banca e fuori, del re del vino, all'architetto Emilio Alberti, profesionista con incarichi remunerati al Chiericati, che è (o dovrebbe essere) finanziato dalla Fondazione, e a mons. Francesco Gasparini, destinatario del denaro donatogli dalla Roi per acquistare per il Museo diocesano da lui diretto il ritratto del vescovo del '500 Matteo Priuli, denaro di cui non si trova traccia esplicita nei conti della Roi, neanche fosse stato pagato cash (in nero?) dal precedente proprietario privato.

Il neo presidente della Roi Ilvo Diamanti il giorno della (contrastatissima, ma ne parleremo) designazione sua, di Andrea Valmarana e Giovanna Grossato da parte di Gianni Mion, ci assicurò che i 4 consiglieri ereditati da Gianni Zonin sarebbero scaduti all'approvazione del bilancio 2016.

Ebbene, fra pochi giorni quel bilancio di una Fondazione demolita dalle gestioni precedenti verrà approvato ma alla presentazione non verranno comunicate le dimissioni di Villa, Alberti, Rossi di Schio e Gasparini perchè, anche le mura della Roi ne parlano, loro, appellandosi allo statuto (quello disatteso più volte nei fatti o nei principi ispirati dal nobile Roi) avrebbero (condizionale... discorsivo) preteso di rimanere in carica fino alla scadenza della proroga del mandato decisa dal precedente trio a capo della Roi in nome della vecchia BPVi e avrebbero contrattato la loro permanenza fino al 2018, marzo presumibilmente.

Perchè?

Per ripetere lo schema dei consiglieri del vecchio Cda della Banca Popolare di Vicenza targato sempre Zonin che sono rimasti il più a lungo possibile e in maggioranza nella banca anche con Francesco  Iorio nuovo Ad creando danni aggiuntivi e quasi più gravi di quelli precedenti?

Per coprire responsabilità precedenti, di altri, e anche le ultime, quelle proprie, e per rinviare i passi legali indispensabili e le azioni di responsabilità dovute il cui inizio tardivo potrà aggiungere il danno alla beffa e potrebbe screditare la credibilità dei nuovi tre consiglieri in quota ex Popolare vicentina?

Queste domande ci suggersicono un appello.

Siccome i consiglieri della Roi non percepiscono neanche gettoni e siccome di sicuro non saranno lì per altri vantaggi, anche quelli di cui abbiamo scritto nel clima di sospetto che la loro presenza alimenta, ma operano solo in spirito di servizio, ne rendano uno, grandissimo, al marchese Giuseppe Roi, alla città defraudata anche della sua residua attesa di "cultura" e, soprattutto, alla serenità di chi Mion, tra mille pressioni dei poteri locali resistenti, ha alla fine scelto, scendendo a compromessi con quei poteri, per rimettere ordine là dove esiste solo caos e degenerazione.

Allora prendetevi storicamente il, grande, merito di aver accettato la cooptazione, sia pure obbligata, nel Cda della Roi di Diamanti, Valmarana e Grossato e lasciateli liberi di fare, bene, senza essere voi la "maggioranza di blocco" sulle azioni dovute" e dimettetevi appena approvato il bilancio 2016, cari consiglieri del "vecchio conio" Giovanni Carlo Federico Villa, Giovanna Vigili de Kreutzenberg Rossi di Schio, Emilio Alberti e  mons. Francesco Gasparini?

Il primo effetto di questo "beau geste", che nulla, se in buona fede, dovrebbe costarvi e molto darvi, sarebbe quello di evitare a Ilvo Diamanti, Andrea Valmarana e Giovanna Grossato il dramma di dover presentare loro le proprie dimissioni da un Cda, quello della Fondazione Roi, che, come quello della BPVI, sarebbe, altrimenti, troppo a lungo condizionato, con possibili ricadute anche legali, dai veti possiìbili e dalla presenza ingombrante dei consiglieri reduci dell'era Zonin.

Approvate il bilancio 2016, di cui siete totalmente responsabili, e responsabilmente fatevi da parte.

magari contrattando un'ultima cosa come in banca hanno fatto il consiglieri per il periodo successivo all'uscita di Zonin: l'assenza di azioni di responsabilità legali nei loro confronti nella persistenza dell'obbligo dei nuovi amministratori di prenderle in esame per i precedenti cda.

E le responsabilità morali, chiederanno i puristi?

Beh, oggi sono fuori moda...

Povero Marchese Giuseppe Roi.


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