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Ario Gervasutti sul GdV sulla BPVi: "sono ignorante". Ma merita il beneficio del dubbio: c'è o ci fa? Intanto con Vescovi Confindustria rimane a... Palazzo Zonin Longare

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Domenica 8 Maggio 2016 alle 17:02 | 1 commenti

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Da anni non facevamo il nome di Ario Gervasutti, il direttore del locale giornale degli industriali (comunemente noto a un sempre minor numero di lettori come Il Giornale di Vicenza). Non lo prendevamo più direttamente di mira, noi direttorini di paese, pubblicisti semi volontari (anche se i nostri lettori crescono a dismisura) e non professionisti super pagati come lui (per far diminuire le copie del giornale nonostante i piani industriali alla Francesco Iorio?). Noi, a cui arrivano costantemente minacce, denunce e richieste di danni intimidatorie da parte di suoi affezionati lettori (due nomi, ad esempio, su tutti come Gianni Zonin ed Elena Donazzan), non lo identificavamo più come responsabile della crescente disinformazione promossa dal suo foglio ben foraggiato anche da aziende pubbliche e istituzioni.

Aziende e istituzioni che si guardano bene dal contribuire alla caccia che il nostro editorino indipendente fa del vil denaro per continuare a informare in maniera indipendente a differenza del quotidiano di Via Fermi. In epoca di bilanci ci comunica da anni che lui, il quotidiano, va bene anche se le perdite ce l'ha la concessionaria di pubblicità, PubliAdige, che evidentemente opera da benefattrice dando al giornale più di quanto le renda.

Noi, dicevamo, dopo aver inizialmente e a lungo criticato il nuovo direttore perchè delusi dal mancato miglioramento di qualità che da lui ci aspettavamo dopo la pessima direzione di Giulio Antonacci, avevamo cessato di identificare con Ario Gervasutti la campagna di informazione carente e monouso se non di disinformazione in atto da tempo sul suo foglio per le vicende delle Banca Popolare di Vicenza.

Questo lo facevamo per rispettoso ossequio del ruolo di direttore responsabile del giornale degli industriali, pardon de Il Giornale di Vicenza, che secondo noi svolgeva a sua insaputa e "a distanza" vista la permanente scarsa conoscenza della città delle strade e della case, ben diversa da quella dei palazzi e dei salotti che contano.

Ma il suo editoriale di oggi (che riportiamo integralmente di seguito*) ci ha portato a riesumare il suo nome e cognome da "responsabile" prima ancora che da "direttore" perchè, iniziando a leggerlo, non riuscivamo veramente a capire come possa aver scritto che alla base della dipartita della Banca Popolare di Vicenza ci possano essere congiure precedenti dei soliti interessi fuori dal Veneto virtuale, sempre buono, bravo e d'esempio, a cui ancora ci si aggrappa (magari oggi quegli interessi approfittano dell'insipienza e/o delle azioni errate o dolose dei gestori locali).

Non capivamo anche come possa scrivere che la banca è andata in crisi per i crediti concessi ai piccoli imprenditori e alle famiglie, dimenticando le centinaia di milioni usati per finanziare le società, ad esempio, di Alfio Marchini e di tante altre riconducibili a variati notabili, tra cui Zonin stesso con le sue aziende e tanti altri clienti vicini al vecchio Cda, e tutto questo anche con operazioni ancora oggi dubbie per i modi in cui sono state effettuate e per i recuperi dei capitali elargiti.

Non capivamo come Ario Gervasutti possa immaginare e, quindi, scrivere che per salvare la BPVi senza regalarla ai foresti sarebbero bastati 600-700 milioni, che, tra l'altro a Vicenza nessuno ha neanche lontanamente accennato a trarre fuori dal portafoglio reale salvo i soliti proclami.

Non capivamo, terminando la lettura dell'editoriale,  come Gervasutti possa ridurre ad artifici contabili quelli con i quali si sono prestati soldi, ora da restituire nonostante il flop della azioni, proprio a quelle famiglie e a quelle piccole imprese che la Banca Popolare di Vicenza avrebbe alimentato, per sfamarle  e ingrassarle salvo poi sgozzarle per meterle sui banchi dei macellai che il direttore identifica negli uomini del Fondo Atlante, senza il quale oggi avrebbero perso i propri soldi anche gli obbligazionisti.

Ma, dopo esserci ripromessi di ricordare al direttore maximo che proprio quei fidi baciati col loro miliardo e passa di importo fasullo messo a patrimonio sono stati cancellati dalla Bce dal capitale della BPVi determinando, così, la necessità e l'importo da 1,5 miliardi dell'aumento di capitale, alla fine abbiamo trovato la chiave di lettura delle tante cose che non capivamo.

Ebbene sì, oggi Ario Gervasutti ha un sussulto di dignità e riconquista almeno la nostra, per la verità poco significativa, stima quando in chiusura di editoriale ci spiega lui perchè non capivamo e scrive: "sono ignorante...".

Poichè questa auto ammissione di ignoranza (finanziaria) potrebbe ricadere sulle firme del giornale, che pur dirigendo magari non legge, ebbene oggi ci verrebeb istintivamente di essere buoni e di concedere il beneficio del dubbio al direttore, mai abbastanza ben pagato per aver lasciato guadagnare ben di più, indisturbati e senza critiche dei suoi collaboratori, presidenti e membri del Cda passati e presenti: Ario Gervasutti ci è (ignorante) o ci fa?

Non è ignorante, nè stupido anzi Ario Gervasutti è, a nostro sempre poco rilevante parere, il miglior direttore per la tipologia di lettori che Il Giornale di Vicenza ancora conserva e per i poteri che ancora pensano (e spesso ci riescono grazie all'ignavia locale) che, grazie alle poco più di 30.000 copie al giorno che vende, possano condizionare politici e opinione pubblica allargata.

È il migliore Gervasutti perchè se a pagina 1, la copertina del giornale, scrive non da ignorante ma per far rimanere ignoranti i suoi lettori, a pagina 9, in Economia & Finanza, dà spazio a un documento di Roberto Zuccato, che critica realisticamente gli errori del "sistema Veneto" e a cui crederemo quando, di conseguenza, si tirerà fuori da incarichi di rappresentanza di un sistema da lui diretto prima come presidente di Confindustria Vicena e poi come presidente di Confindustria Veneto.

E, colpo di classe di una grande direttore "local", a pagina 15 in Cronaca, una sezione tipicamente non riservata a chi ha appena ereditato il bastone di presidente di Confindustria Vicenza dal suo amico indagato Giuseppe Zigliotto  ma oggi, tra un incidente e un furto, dedica un paginone per presentare alla massa dei lettori, che da pagina 1, senza passare epr la 9,  saltano proprio in cronaca per cercarvi incidenti, morti e furti, e che lì, dopo i ragni al Chiericati e prima della patente veneta di un automobilista birichino, conoscono chi avrà l'arduo compito di trasformarsi da semplice Carneade a gestore della politica industriale e imprenditoriale.

E Luciano Vescovi esaudisce le loro speranze chiedendo lui al giornalista che dovrebbe intervistarlo (tipico al GdV?) anche così:

"Si è fatto un'idea di quello che è successo negli anni dell'era Zonin? Ho la sensazione che si sia trattato di un abbaglio colossale e che una delle cause principali sia stata la mancanza di ricambio: questo ha impedito ai protagonisti di rendersi conto che stava cambiando tutto...".

Infatti Luciano Vescovi è diventato il segno del cambiamento: la poltrona di vice presidente di Banca Nuova, la controllata siciliana della fu Banca Popoalre di Vicenza, l'ha appena cambiata direttamente con quella di Palazzo Bonin Longare, un alias ancora di Palazzo Zonin Longare... 

Non è un caso allora che coloro che hanno scritto la storia della politica imprenditoriale dal 2008 in poi siano soci in un'azienda che produce sedie: Giuseppe Zigliotto e Roberto Zuccato, gli ultimi due referenti ufficiale del direttore Gervasutti per conto della proprietà confindustriale, che ora designerà in quel ruolo proprio Vescovi. 

Perchè tutto cambi senza che nulla cambi è partita l'operazione "ri-verginare".

 

 

*Complicità involontaria

di Ario Gervasutti, direttore de Il Giornale di Vicenza

Com'era logico che fosse, nel raccontare le vicende che riguardano Popolare Vicenza e Veneto Banca lo abbiamo fatto tenendo come punto di osservazione il nostro territorio. Ma se vogliamo comprendere ciò che potrebbe accadere, è opportuno provare a mettersi nei panni di chi ha tirato i fili di ciò che è avvenuto: per esempio, senza andare più in su, il fondo Atlante costruito dai principali attori finanziari italiani su indicazione del governo con il compito di coprire gli aumenti di capitale delle banche. Perché queste banche sono in difficoltà? In poche parole, perché hanno prestato soldi a famiglie e imprese basandosi più sulla fiducia che sui numeri durante gli ultimi otto anni di crisi, e hanno troppi "crediti deteriorati". Hanno sbagliato: avrebbero dovuto lasciare morire decine di migliaia di attività economiche e far fallire migliaia di famiglie. Così avrebbero salvato le azioni degli investitori (e forse se stessi). E hanno sbagliato una seconda volta tentando con artifici contabili (quelli che sono sotto la lente della magistratura) di rispettare i parametri invece di chiudere i rubinetti del credito "facile". Le banche venete si ritrovano perciò con un totale di circa 8 miliardi di crediti in sofferenza. Serve quindi iniezione di denaro: chi lo mette? Il fondo Atlante, ovvero le banche "con le spalle larghe". Ma quanto larghe? I crediti in sofferenza in Italia sono 350 miliardi, e sono distribuiti in proporzione alle dimensioni degli istituti: più sono grandi, e più hanno questo tipo di crediti. Quindi chi ha decine di miliardi di "crediti in sofferenza" è chiamato a salvare chi ne ha 8 miliardi. Chi è digiuno di finanza trova tutto ciò quantomeno curioso: ma non lo è se si guarda - appunto - da una prospettiva non veneta. Se si considera, per esempio, che investendo 2,5 miliardi si ha la piena proprietà del territorio con il sistema produttivo che tiene in piedi l'Italia; insomma, si entra nella fabbrica dei soldi. Inoltre, i protagonisti di questo sistema sono impegnati a consumare vendette o a contendersi uno strapuntino in Cda per un paio di mesi, più che a mettersi insieme e tirare fuori i 6-700 milioni necessari a impedire che le banche finiscano in mano ai fondi. Quindi, ci sono tutte le condizioni per il blitz. Fossi al posto di Atlante, però, mi muoverei a condizione di non entrare in Borsa, essere l'unico padrone per fondere in breve tempo le banche, sgravarle di 4.000 dipendenti e rivenderne quote tra due anni mantenendo o spartendo il controllo. Ma questo lo farei io, che sono ignorante. Loro no, faranno beneficenza.


Commenti

Inviato Lunedi 9 Maggio 2016 alle 08:53

Il complotto,? forse della massoneria? che governa da sempre le Popolari?
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