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Convegno sulla rappresentanza sindacale, VicenzaPiù: serve un confronto ampio su ogni rappresentanza

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Domenica 6 Aprile 2014 alle 02:00 | 0 commenti

Dopo il convegno odierno a Marano Vicentino, che VicenzaPiu.Tv ha registrato fedelmente per proporlo come documento di base per una riflessione qui on demand e poi in streaming su www.vicenzapiu.tv, e dopo l'intervista a Maurizio Scarpa, ex dirigente Cgil ora in Usb come ... Luc Thibault, che ha organizzato l'incontro, è nostra intenzione allargare il dibattito nei prossimi giorni su quello che è noto come "il testo unico sulla rappresentanza sindacale".

Firmato da Cgil, Cisl e Uil (i cosiddetti sindacati concertativi) con Confindustria è avversato da alcune aree della Cgil stessa, quelle che fanno capo a Giorgio Cremaschi e in parte a Maurizio Landini, e da Usb e Cub (noti come sindacati conflittuali). Il diritto alla rappresentanza, come dimostrano discussioni e lotte sulla nuova legge elettorale, tocca oggi tutta la società e non solo quella che si identifica nei lavoratori.

Su questi temi VicenzaPiu.Tv e il network web VicenzaPiù promueverà e darà la massima visibilità a tutti.

Oggi è toccato al convegno della Usb, e di seguito pubbichiamo l'intervento iniziale di Luc Thibault, ma per noi questo è solo un punto di partenza per un ungo percorso di approfondimento: le discussioni e i confronti delle prossime tornate elettorali amministrative  ed europee ne saranno una tappa importante.

 

SULL'ACCORDO DEL 10 GENNAIO 2013 FRA SINDACATI E CONFINDUSTRIA,
MARANO VICENTINO 5 APRILE, ORE 15H3O, ALLA CASA DEL POPOLO

Questa riunione si svolge in un momento drammatico per il movimento operaio nel suo complesso. In particolare sul terreno sindacale; l'accordo del 10 gennaio rappresenta l'istituzione di un modello di "dittatura di maggioranza" burocratica, per bloccare: inquadrare e prevenire ogni lotta dei lavoratori. L'accordo del 10 gennaio, come vedremo più avanti, non cade dal cielo, né si sviluppa nel vuoto e su questo è necessaria la massima chiarezza fra di noi. L'accordo del 10 gennaio è figlio di quello del 31 maggio 2013, del giugno 11 che i rappresentanti della maggioranza Fiom accettarono in direttivo nazionale CGIL.
Faremmo un insulto all'intelligenza di Landini e Rinaldini pensando che ciò non fosse da loro prevedibile! La realtà è che nella primavera dell'anno scorso si realizzava l'accordo senza principi del gruppo dirigente della Fiom e della vecchia area de "La CGIL che vogliamo" con Susanna Camusso, accordo che ha portato al testo "unitario" di maggioranza congressuale.
Negli ultimi mesi, abbiamo visto decine di interviste sulla stampa e dichiarazioni televisive in cui Landini, lanciava segnali amorosi a Don Matteo Renzi. Questo si è espresso ufficialmente da parte della segreteria FIOM nella sua lettera programmatica al nuovo presidente del consiglio di tre settimane fa. Al di là del contenuto collaborazionista, quella lettera costituisce una apertura di "credito" verso il nuovo governo. In altre parole il tentativo di costruire una ipotesi concertativa, in cui la lotta di classe non esiste più, viene cancellata.
Se la concertazione è da sempre il segno distintivo del riformismo e della collaborazione di classe, essa si esprime oggi verso un governo che, con caratteristiche "nuove", intende continuare e approfondire l'attacco contro la classe operaia e gli altri strati sfruttati e oppressi della società. Dal maiale di Arcore al venditore di pentole di Firenze, l'attacco è sempre lo stesso!
L'imbroglio delle misure di Renzi lo dimostra chiaramente. Le coperture principali verranno dai tagli alla spesa pubblica, e quindi dalla spesa sociale. Saranno dunque pagate dagli stessi "beneficiari" dell'aumento in busta. L'enorme massa dei pensionati poveri è totalmente ignorata dalla manovra sull'Irpef mentre pagherà i tagli sociali che la finanziano. I padroni incassano una nuova riduzione dell'Irap, a vantaggio dei loro profitti e a danno della sanità pubblica; e ottengono soprattutto, per decreto, la completa liberalizzazione dei contratti a termine e ulteriori vantaggi sull'apprendistato, quindi una nuova espansione di lavoro precario e ricattabile.
Il decreto del governo su contratti a termine e apprendistato non è solo un ordinario peggioramento della precarietà del lavoro: è la condanna definitiva di un intera generazione a un precariato permanente, privato di ogni residua tutela legale, di ogni confine temporale, di ogni protezione dal licenziamento senza giusta causa.
Un fatto che richiederebbe di alzare immediatamente un argine a difesa dei lavoratori e di milioni di giovani, organizzare finalmente una mobilitazione unificante dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati.
Senza un proprio programma di lotta, e un'organizzazione che lo compatta, il movimento operaio è disarmato. Ma per realizzare questa svolta di lotta, occorre rompere con Renzi e chi lo sostiene.
Rimuovere complicità, equivoci, o subordinazioni al "vincitore".
Denunciare apertamente la valenza sociale di classe del suo programma e il significato reazionario del nuovo corso populista.
Certo, il dramma per la classe operaia è che essa si trova in un quasi completo vuoto di rappresentanza politica.
IL PD è stato il motore (in alternanza con Berlusconi) dei peggiori attacchi sociali ai lavoratori e alle masse popolari.
E' stato il primo governo Prodi nel '97 che ha istituzionalizzato la precarietà generale con il pacchetto Treu, aumentato le tasse ai poveri e ridotto quelle ai ricchi; è stato il secondo governo Prodi che ha realizzato la famosa "presa per il cuneo" nel 2007, regalando 7 miliardi di riduzione delle tasse a padroni e banchieri e un pugno di mosche ai lavoratori, mentre continuavano a tagliare ferocemente i servizi sociali.
Solo il sindacalismo di base, pur nelle sue modeste dimensioni e con grande difficoltà, si è opposto coerentemente a tutto ciò. Se da un lato, quindi, noi continuiamo a rivendicare, sulle questioni concrete, come la lotta contro l'accordo del 10 gennaio, la massima unità possibile; dall'altro chiamiamo tutti i lavoratori e le lavoratrici, in particolare gli attivisti politici e sindacali, a rompere politicamente, dentro e fuori il sindacato, con i gruppi dirigenti fallimentari e collaborazionisti, per organizzarsi intorno ad un vero riferimento di classe.
Ormai i sindacati confederali non sono più semplicemente "riformisti", sono apertamente servi del sistema.
La nostra strada è dura e difficile ma è l'unica strada per uscire dal dramma pluridecennale delle sconfitte e dell'appiattimento politico.

Luc Thibault


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