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Veneto Banca: Trinca contesta Bankitalia e dice no a BpVI, Favotto è il nuovo presidente

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Domenica 27 Aprile 2014 alle 00:51 | 0 commenti

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Assemblea drammatica e storica quella di Veneto Banca che si è svolta, oggi 6 aprile, a Volpago del Montello (TV). L'assemblea dei soci (11.878 i partecipanti in proprio, per delega o rappresentati) ha approvato in 11 il numero di componenti del cda, secondo la seguente ripartizione per triennio di scadenza: 3 per il primo triennio, 4 per il secondo triennio e 4 per il terzo triennio.

Il cda per il triennio 2014-­2016: Francesco Favotto (presidente), Alessandro Vardanega (vice presidente) e Giuseppe Sbalchiero; per gli anni 2014-­2015: Federico Tessari, Luigi Rossi Luciani, Maurizio Benvenuto e Cristina Rossello; per l'anno 2014: Gianmichele Graziano Visentin, Stefano Campoccia, Pierluigi Bolla e Matteo Zoppas. Sono sati nominati anche il collegio sindacale e il collegio dei probiviri.

Veneto Banca, pur nominando su diktat di Bankitalia i nuovi vertici, ha ribadito il mantenimento dell'indipendenza a costo di sfidare la Banca d'Italia e questo appare come il risultato principale dell'assemblea della popolare il cui Cda sarà ora guidato dall'economista Francesco Favotto mentre anche l'amministratore delegato Vincenzo Consoli ha fatto un passo indietro per rivestire la carica di direttore generale.

In assemblea non sono mancati gli attacchi diretti a via Nazionale, regista del nuovo corso di Veneto Banca. Il presidente Flavio Trinca, dimissionario con tutto il cda anche se solo 4 membri di questo erano in scadenza naturale, in un discorso salutato con una standing ovation da parte della platea, ha ripercorso gli ultimi mesi dell'azienda, oggetto di due visite ispettive della Banca d'Italia, ha difeso «il percorso di crescita che dal 1997 ad oggi ha portato Veneto Banca ai vertici del sistema bancario italiano» e ha parlato di «ragioni ingiuste, ingenerose e offensive della nostra reputazione di persone per bene. Il rapporto ispettivo della Vigilanza ha interpretato la realtà in modo distorto e strumentale per favorire un'aggregazione». «Facciamo un passo indietro - aveva premesso un emozionato Trinca - per preservare l'integrità della Banca e il suo valore, ma con l'amarezza di una forzatura immotivata e ingiusta» riferendosi alla relazione di Bankitalia dello scorso 6 novembre, che ha descritto Veneto Banca come un istituto «carente nel governo societario e nei controlli».

Trinca non solo respinge, ma bolla la valutazione come «pretestuosa. Quel rapporto ha voluto interpretare la realtà in modo distorto e strumentale per favorire un'aggregazione. Dov'era la Banca d'Italia quando le nostre aziende andavano in crisi?... Come mai quegli ispettori che lo scorso anno hanno riscontrato così gravi irregolarità, nel 2009 erano stati da noi nei mesi di febbraio e marzo senza muovere nessun rilievo?».

Le accuse più gravi mosse da Bankitalia riguardano la presenza di conflitti d'interesse (nel bilancio 2013 l'accordato diretto agli amministratori è stato di 30,9 milioni e quello indiretto di 111 milioni), tuttavia Trinca sottolinea che la valutazione del merito creditizio non ha fatto sconti a nessuno, men che meno ai membri del Cda, e che non a caso «su quelle linee di credito Banca d'Italia non ci ha chiesto né accantonamenti né rettifiche».

L'altra contestazione sul piano etico riguarda la collocazione di azioni Veneto Banca ai clienti che chiedono un mutuo, ma per Trinca si tratta di falsità che miravano tutte a un unico obbiettivo: «portare Montebelluna nelle braccia di Bpvi... La proposta di accordo, che comunque non è mai arrivata in via formale attraverso lettera scritta ma solo attraverso vie verbali, era del tipo: "La governance è tutta mia - dice Trinca fingendo di parlare come un ipotetico Gianni Zonin - voi andate a casa e lasciate la banca a me". Ma a queste condizioni voi avreste accettato? Alzi la mano chi avrebbe accettato a queste condizioni?». Dal pubblico nemmeno un braccio si leva al cielo.

Numerosissimi gli interventi a difesa dell'istituto, a partire da quello del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, che ha parlato di «attacco senza precedenti all'identità e all'autonomia» e ha sottolineato con forza «la necessità di mantenere i centri decisionali nel Veneto», per continuare con la senatrice del PD Laura Puppato e con le testimonianze di molti sindaci dei territori in cui il gruppo Veneto Banca opera.
Anche l'ormai ex Ad e ora dg Consoli ha difeso con forza il proprio operato e lo stato di salute della banca: «Il cda si è presentato dimissionario sulla base di appunti della Vigilanza che ritengo ingiusti, non fondati, sproporzionati e sicuramente eccessivi. Mi hanno dipinto come accentratore, duro, padre-padrone. Un manager non si misura sulla spigolosità del carattere, ma sulla capacità di raggiungere gli obiettivi e su questo penso che nessuno possa fare alcun appunto... L'ipotesi di un matrimonio con la Popolare di Vicenza è sbagliata sotto il profilo industriale almeno tre volte: è sbagliata per i soci, è sbagliata per il territorio ed è sbagliata per i dipendenti». Anche il discorso di Consoli è stato salutato da una standing ovation dei soci.
Dopo l'intervento di Trinca ha preso la parola il presidente allora ancora in pectore e poi votato come tale, Francesco Favotto, che ha spiegato che «l'autonomia va cercata, voluta e costruita. E va coniugata con la disponibilità a ragionamenti che aggiungano valore alla banca. Sono invece irricevibili le idee (di fatto non si trattava nemmeno di proposte, ma di semplici idee), per cui una fusione va fatta chiudendo le filiali, tagliando i costi e realizzando così le sinergie».
Secondo Favotto il nuovo Cda deve «proseguire il percorso tracciato dal Cda uscente, a partire da un'attenta politica degli accantonamenti e dal rafforzamento patrimoniale. Solo una solida patrimonializzazione è la condizione che ci permetterà di mantenere la nostra autonomia». Parafrasando John Fitzgerald Kennedy Favrotto aggiunge rivolgendosi ai soci: «non chiediamoci cosa Veneto Banca può fare per noi, ma cosa noi possiamo fare per Veneto Banca».

Anche se nulla è ancora stato deliberato, il piano industriale di Vincenzo Consoli prevede un aumento di capitale da 500 milioni, abbinato alla conversione del bond da 350 milioni, e della cessione delle quote di Bim per 180 milioni. Tutte misure caldeggiate da via Nazionale per portare il Cet 1 sopra quota 8%.
Se questo avveniva nei pressi di Montebelluna, alla Fiera di Vicenza dove si svolgeva l'assemblea Bpvi, il presidente Gianni Zonin ha dichiarato: «La fusione Veneto Banca - BpVI mi sembra una commedia di Shakespeare, "Tanto rumore per nulla". Se per loro è no anche BpVI dice no. Inoltre non faremo mai alcuna Opa ostile contro una popolare». Tuttavia secondo Zonin , pronto di certo all'acquisizione di tre banche (Banca Popolare di Marostica, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio e la nuova "candidata" Cassa di Risparmio di Ferrara), questo è il momento «di passare dalla prudenza al coraggio. È arrivato il momento di crescere».

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