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La spada di Damocle europea sul capo di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca

Di Redazione VicenzaPiù Giovedi 9 Gennaio 2014 alle 20:55 | 0 commenti

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di Luigi Dell'Olio, tratto da Nordest Europa - Non sono a rischio la sopravvivenza, ma il Banco Popolare, Popolare di Vicenza e Veneto Banca devono prepararsi a profondi cambiamenti per superare indenni il 2014, che si annuncia come l’anno degli esami sia per il mercato nazionale, che internazionale.

Il Banco alla prova riorganizzazione. Il Banco Popolare si appresta a chiudere l’anno a Piazza Affari con un rialzo di poco inferiore al 10%, non particolarmente entusiasmante se paragonato all’andamento di altri gruppi del credito.

La performance riflette i dubbi che ancora avvolgono l’istituto verone, che pure ha chiuso il terzo trimestre con un utile netto di 165 milioni di euro, invertendo la tendenza rispetto allo stesso periodo del 2012 (-54 milioni). Bene anche il margine d’interesse, mentre la raccolta diretta ha registrato una leggera contrazione. Sul fronte patrimoniale il Core Tier 1 Ratio al 30 settembre 2013 è salito al 10,3% rispetto al 10,1% di fine 2012. Questo indicatore è importante alla luce della nuova tornata di stress test previsti per il prossimo anno, che coinvolgeranno 15 istituti italiani, tra cui i tre già citati del Nord-Est. L’esito non è scontato, considerato che le regole non sono ancora state stabilite (la pronuncia è attesa per gennaio) e ci sono divergenze su punti decisivi, come il trattamento dei titoli di Stato in portafoglio, un nodo critico per le banche della Penisola.
Negli ultimi mesi l’istituto guidato da Pierfrancesco Saviotti ha accelerato il  processo di riorganizzazione della rete, destinato a proseguire anche nel primo semestre del 2014 (l’obiettivo è scendere a 1.850 filiali, 70 in meno in un anno) con l’obiettivo di ridurre i costi. Intanto, sul tavolo del top manager sono arrivate le offerte di cinque operatori internazionali interessati ad acquisire un pacchetto da un miliardo di euro di crediti problematici 
quasi tutti riconducibili a Release, la bad bank di Italease. Il crack di quest’ultima – che ha anche strascichi giudiziari, come dimostra la richiesta di confisca per 127 milioni di euro avanzata ieri dal pm Roberto Pellico - continua a costituire una pesante eredità per i conti del gruppo, soprattutto sul fronte dei crediti, imponendo continui accantonamenti. 
In questa direzione va letta anche la recente incorporazione del Credito Bergamasco e della stessa Banca Italease, che porterà a maggiori sinergie operative, risparmi per qualche decina di milioni di euro e alla cancellazione di due board, con un ulteriore rafforzamento del Common Equity Tier 1 ratio.
Il riassetto delle popolari. La pulizia dei conti favorirà l’immagine della società sul mercato e renderà più agevole la ricerca di prede per crescere. La moral suasion avviata nei mesi scorsi della Banca d’Italia è destinata, infatti, a rafforzarsi nei mesi a venire. Il Governatore Ignazio Visco preme per l’avvio di un processo di consolidamento tra le banche popolari, in modo da poter affrontare con spalle più robuste eventuali nuove crisi di mercato. Il Banco è candidato a giocare un ruolo da aggregatore e da tempo si parla di un possibile matrimonio con Bpm per dar vita alla prima popolare italiana per dimensione, la terza industria italiana del credito dopo Intesa SanPaolo e Unicredit. Secondo uno studio di Mediobanca Securities, l’eventuale fusione potrebbe generare sinergie di costo per non meno di 350 milioni di euro tra accorpamento delle funzioni e chiusure delle filiali inutili, anche se imporrebbe al Banco di rivedere nuovamente la sua struttura territoriale. Il risultato non è, comunque, scontato, considerato che sono scontate le resistenze di quanti verrebbero a perdere poltrone e potere.
Vicenza punta a crescere per linee esterne. Anche la Popolare di Vicenza è pronta a nuove acquisizioni. Nel mirino dell’istituto diretto da Gianni Zonin c’è in primo luogo Banca Etruria, in cerca di un compratore che le offra l’ossigeno necessario a fronteggiare nuovi, consistenti accantonamenti. Con un Core Tier 1 stimato da Intermonte poco sopra il 7%, l’istituto aretino è destinato a finire preda di una banca con requisiti patrimoniali solidi e in tal senso Vicenza appare un candidato naturale con il suo indicatore al 9%, grazie all’aumento di capitale da 253 milioni di euro, destinato a salire di un altro punto quando verrà convertito (nel 2015) il bond emesso in contemporanea con l’aumento di capitale della medesima dimensione.
Zonin ha confermato a più riprese di voler crescere per linee esterne, anche se finora ha escluso trattative in corso.
La banca vicentina - che ha chiuso il primo semestre dell’anno con una crescita sia degli impieghi (+1,6%), che della raccolta diretta (+2,6%) – non è però quotata e questo non consente di avere un’idea completa della sua proiezione sul mercato. A cominciare dal fatto che il valore delle azioni, fissato su base annuale dal cda, è attestato a quota 62,5 euro (stabile nell’ultimo anno e in crescita in quelli precedenti, mentre i titoli degli istituti quotati crollavano), che la rende la terza banca italiana per capitalizzazione, circa 5 miliardi di euro.
Per Veneto Banca la priorità è il rafforzamento del capitale. Gli stessi criteri portano a una capitalizzazione di poco inferiore ai 4 miliardi Veneto Banca, un altro istituto che non figura certo tra i più grandi Italia per sportelli e impieghi. L’istituto di Montebelluna ha chiuso il primo semestre con una perdita netta di 38,6 milioni, di euro, dovuto in primo luogo ai maggiori accantonamenti sui crediti. Anche in questo caso, quindi, la principale incognita sul futuro è legata al ciclo economico: se non arriverà la tanto auspicata ripresa, infatti, c’è il rischio che continuino a crescere i privati e le imprese in difficoltà con il rimborso dei prestiti, con ricadute negative sui conti delle banche.
Veneto Banca ha urgenza di rimettersi in carreggiata, anche perché la pressione di Bankitalia nei suoi confronti è crescente. Quest’anno per due volte gli ispettori della Vigilanza hanno passato al setaccio i conti del gruppo, in particolare il portafoglio crediti, imponendo una serie di rettifiche. Così sono attese a breve alcune cessioni destinate a rafforzare il patrimonio (il Core Tier 1 è poco sopra il 7%), a cominciare dall’intero pacchetto di Banca Intermobiliare e dalla conversione del soft mandatory convertibile da 350 milioni emesso a inizio anno. Se le due operazioni andranno in porto senza intoppi, il Core Tier 1 salirà di oltre due punti percentuali, proiettando nuova luce sull’istituto, che a quel punto potrebbe giocare un ruolo attivo nell’atteso consolidamento del settore.


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