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Gaza, la lettera di Paola Farina a Giorgio Langella

Di Citizen Writers Domenica 13 Luglio 2014 alle 23:25 | 0 commenti

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Riceviamo da Paola Farina, ebrea vicentina, e pubblichiamo - Purtroppo l'onestà intellettuale di Giorgio Langella (Segretario PdCi Vicenza da non confondersi con il Caduto Caporal Maggiore in Afghanistan suo omonimo) è parziale. Ci sono molti fake che girano su internet, molti dei quali attribuibili ad episodi accaduti in Siria, terra sofferta ma indegna della stessa attenzione di Gaza. Ho imparato, a mie spese, a controllare sempre la fonte.

Non dico che quello che sta accadendo sia un luna park, ma è un dejà vu che non sarà l’ultimo. Qui si ricade di nuovo nella triste contabilità delle morti, quasi a significare che poiché il più alto numero delle vittime è di parte palestinese, il più cattivo è Israele, scherziamo? Cosa fa Hamas per evitare il coinvolgimento dei civili? Niente, gli chiama perché si espongano in primis e ad ogni cassa da morto canta vittoria: Ma che farebbe l’Italia se venisse bombardata da missili? L’Italia rimarrebbe con le palle al sole, come con le palle in Ambasciata ha lasciato i Marò. Ma che farebbero un padre e una madre italiani se i loro figli fossero quotidianamente in pericolo? Cercherebbero di proteggerli. Giorgio Langella forse darebbe in pasto i suoi cari perché essi siano usati come scudi umani?

In questi giorni tutti noi ci troviamo coinvolti a porre l’accento su una o l’altra realtà e di dover ammettere, che piaccia o no, che entrambi le parti hanno delle responsabilità. Detto questo non faccio l’errore di mettere sullo stesso piano le responsabilità. L’esercito israeliano ha la responsabilità di proteggere ed educare i suoi figli e non si può pretendere che gli israeliani, già troppo impegnati nella protezione dei propri figli, vadano a proteggere ed a educare anche i figli altrui. Basta accusare Israele di questo, la colpa non è di Israele ma della classe dirigenziale palestinese come sostiene in questo video di marzo 2014 il dr. Tawfic Hamid (egiziano e musulmano), già militante della fascia estremista Al-Gama'a al-Islamiyya, un movimento sunnita considerato terrorista sia dagli Stati Uniti, sia dell’Europa. Il dr. Hamid sostiene che un milione di arabi vivono in Israele senza i problemi che hanno gli arabi di Gaza, quindi un momento di riflessione deve essere rivolto a questa circostanza. Lo sostiene un arabo, un ex militante di un gruppo terrorista. Dimessosi da al Gama’s ha cominciato a parlare nelle moschee proponendo un Islam pacifista e che sia compatibile con i diritti umani e la libertà intellettuale. Per questo vive sotto scorta: video.

Volevo scrivere più o meno quello che oggi mi ha anticipato un mio amico, Alex Zarfati (che ama definirsi Jewish, with elements of Jedi, Buddhism and Rastafarian...but much other also ed io spero che ritorni a essere solo Alex Zarfati, Ebreo)., in questi giorni in Israele. Per correttezza intellettuale riporto le sue parole*.

Non nego il diritto di esprimere la propria opinione, ma il buon senso dovrebbe suggerire di parlare con cognizione di causa. Poi è chiaro che ognuno si tiene il proprio pensiero, io rimarrò fino alla mia morte dalla parte di Israele, Langella dalla parte dei palestinesi, ma chi racconta menzogne fa del mero terrorismo mediatico.

 

* La responsabilità di proteggere, educare ed istruire i figli di Gaza non può ahimè ricadere sugli israeliani, già impegnati nell’esercizio della potestà dei propri figli. Le possibilità che hanno “i bambini di Gaza” dipendono in larga parte dalle opzioni che gli offrono i loro genitori. Sono “i genitori di Gaza” ad essere direttamente responsabili di aver votato, appoggiato e protetto i terroristi di Hamas e essere conniventi - se non addirittura aver scelto direttamente - l'opzione "terrore" a quella della pace. I "genitori d'Israele” una scelta la fecero già nel 2006, quando a forza furono strappati dagli insediamenti dove abitavano, sacrificati dal governo di Sharon “per il bene della pace”. Leggetevi i racconti di quel drammatico ritiro dalla Striscia di Gaza. I genitori israeliani che abitavano quelle zone fecero un enorme sacrificio per la pace e per i loro figli. Chi ricorda oggi i nomi di Bedolah, Bnei Atzmon (Atzmona), Dugit, Elei Sinai, Gadid, Gan Or, Ganei Tal, Katif, Kfar Darom, Kfar Yam, Kerem Atzmona, Morag, Neveh Dekalim, Netzarim, Netzer Hazani, Nisanit, Pe'at Sade, Rafiah Yam? Sono i nomi dei 21 insediamenti di ebrei nell’area di Gaza, che non ci sono più. Quando questa gente che aveva letteralmente strappato la terra al deserto con le mani - dovette abbandonare quei luoghi, ci fu un anziano che rischiò di rimanere indietro mentre l’ultimo convoglio partiva. Voleva verificare la temperatura dell’acqua fino all’ultimo minuto, riempì i serbatoi, perché si preoccupava che i nuovi ospiti arabi potessero trovare anche un solo fiore appassito. Lasciò i luoghi in cui era cresciuto con le lacrime e il cuore gonfio di dolore e di speranza. E si lasciò alle spalle quelle serre, un regalo destinato ai palestinesi, un gesto importante - simbolicamente - per favorire la pace. Quelle serre 10 minuti dopo che gli ebrei se ne andarono furono devastate, distrutte, ci urinarono dentro e le trasformarono in arsenali delle armi. Quando pensi ai "bambini di Gaza" invece di rivolgerti ad Israele, pensa anche un po' alle responsabilità dei "genitori di Gaza", quelli che hanno dato e continuano a dare un calcio ad ogni opportunità, quelli che convivono con il terrore, quelli che non hanno la forza di lottare contro una dirigenza corrotta, quelli che - simbolicamente - alla vita di un fiore, ogni giorno ne preferiscono la morte.

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