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Dopo Vicenza anche Treviso aspetta il miracolo: Marco Goldin

Di Rassegna Stampa Sabato 21 Febbraio 2015 alle 19:13 | 0 commenti

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Viaggio-inchiesta tra Vicenza e Treviso nel modello di successo collaudato dal curatore. Le città se lo contendono, le imprese lo osannano, i sindaci lo invocano perché risolva la questione delle politiche culturali su cui brancolano nel buio. Amato e contestato, Goldin macina progetti, attrae finanziamenti, si fa aprire palazzi e musei. «Un astro» dicono i suoi fan. «Una piantagione di caffé dove si coltiva radicchio», dicono i suoi detrattori. Ma reggerà in tempi di crisi il suo modello?

Da Venezie Post

Marco Goldin è un fenomeno. Le amministrazioni se lo contendono. Le categorie economiche lo osannano. E ogni sua uscita accende un dibattito. La sua vera mostra è ormai il solo fatto di proporla. Succede ora a Treviso. Ed è successo a Vicenza e a Verona. E prima a Bologna, a Brescia. E a Treviso ancora, dove ci abita e ha sperimentato il suo modello con il ciclo-boom sugli impressionisti, dal 1998 al 2004.
Anzi, a Treviso, è come se dopo vent'anni di decisionismo leghista, si fosse stappato qualcosa. Una voglia irrefrenabile di discutere del futuro della città. Un esempio? Secondo Gianni Garatti, presidente del Consorzio Marca, «finora abbiamo vissuto di luce riflessa da Venezia. Con Goldin potremo risplendere come un astro». Michele Zappia, del comitato che si oppone al progetto, la mette invece così: «E' come se d'improvviso si creasse una piantagione intensiva di caffè, là dove invece si coltiva radicchio».

Marco Goldin preferisce non rilasciare interviste mentre infuria la polemica. Ma cos'è il fenomeno Goldin? Davvero il suo modello, ora all'apice, potrà reggere come proposta culturale e come macchina economica?
Dobbiamo andare a Vicenza. Tre anni di grandi numeri, code alla biglietteria, turismo in ascesa e riflettori della stampa nazionale. E ora le incognite: che fare nel "dopo", e come far tornare i conti.
Il 6 ottobre 2012 l'inaugurazione della prima delle sue tre mostre succedutesi in città, "Raffaello verso Picasso", coincide con la riapertura del monumento che la ospita, il più importante della città, la Basilica Palladiana. Dopo anni di restauri torna a scintillare e la Fondazione Cariverona, main-sponsor, la consegna in accordo strategico col Comune al curatore-manager di Linea d'ombra. La missione è chiara: far fruttare il più possibile quel contenitore tanto grande e spettacolare quanto difficile da gestire.

La giunta di centrosinistra di Achille Variati sceglie una direzione opposta a quella che il professor Pierluigi Sacco aveva proposto nello studio commissionatogli dall'assessore alla cultura Francesca Lazzari, in carica dal 2008 al 2013, dove gli spazi della Basilica erano immaginati come un grande laboratorio per le arti visive e la «cultura del progetto», quindi architettura, design e arte contemporanea, in stretta connessione con il reticolo di imprese del territorio e con le istituzioni culturali veneziane, Biennale in primis.
Si imbocca invece la strada dei grandi eventi generalisti e del grande pubblico. Che arriva: 270 mila biglietti staccati per "Raffaello verso Picasso" in poco più di tre mesi, 155 mila per "Verso Monet" (due mostre transitate anche per Verona) e circa 300 mila attesi per "Tutankhamon Caravaggio Van Gogh" (durata record: dalla vigilia di Natale 2014 al 2 giugno) l'unica solo vicentina. In città tutti applaudono, salvo pochi critici.
Il riverbero del successo è tale che a Treviso i funzionari dell'assessorato ai lavori pubblici, nel preparare le schede per la messa a norma e l'allestimento di Santa Caterina, destinata alla nuova esposizione di Goldin, arrivano a ipotizzare 150 mila visitatori al mese. Cifra che avrà fatto sobbalzare il Sovrintendente (che deve dare l'ok al progetto) e che lo stesso Goldin ha considerato «assurda» e «insostenibile», tanto da richiamare tutti alla calma e alla ragione.

Ma i numeri, ovunque vada il curatore trevigiano, sono campo di battaglia. Vale per i lavori di allestimento del museo, assegnati dal Comune direttamente a Edoardo Gherardi (compenso di 38 mila euro più oneri fiscali) che poi è l'architetto che da sempre segue Goldin. Vale per i costi del "restyling": 1,2 milioni di euro, coperti dai fondi di opere di urbanizzazione, ma che dovrebbero essere pagati per 720 mila euro dalla Regione (se approva il progetto) e 500 mila da privati sperando nell'art-bonus. Chi? Ad ora il gruppo Segafredo Zanetti ne ha promessi 100 mila e 80 mila sembra un colorificio padovano. Gli altri si vedrà. «Ma così resta alla città una struttura perfettamente attrezzata», ripete il Sindaco, Giovanni Manildo.
E la mostra? Dobbiamo tornare a Vicenza, dove le prime due sono state finanziate dalla Fondazione Cariverona per 4 milioni di euro, come previsto dal contratto siglato con Linea d'Ombra e i Comuni di Verona e di Vicenza il 26 luglio 2011. I costi di allestimento delle sale (circa 1 milione di euro), i servizi di biglietteria e guardaroba, i guardasala e la vigilanza, le bollette di energia e riscaldamento e gli arredi sono invece stati sostenuti dalle casse comunali.

Se a Treviso il contratto fosse simile, come si pensa, dei 4 milioni preventivati se ne farebbe carico Linea d'Ombra per 2,4 e gli altri dovrebbero arrivare da sponsor-partner. Ancora Zanetti e Generali (si dice 700 mila euro) e la Camera di Commercio, Unioncamere, albergatori. «Il piano definitivo non ci è stato ancora sottoposto e non ci sono atti formali», precisa il segretario della Camera di Commercio Marco D'Eredità.
D'altra parte la stessa struttura camerale solo qualche mese fa aveva denunciato una gravissima situazione, annunciando tra l'altro lo stop o la riduzione di contributi alle Università Iuav (per il settore design e moda) e a Ca' Foscari. A fronte di quasi 6 milioni in meno di proventi di diritti camerali (da 17,6 del 2014 a 11,7 nel 2015), 400 mila euro in meno per effetto della tesoreria unica, «possiamo destinare ad interventi sul territorio - continua D'Eredità - circa 4,6 milioni (a fronte degli 8 dell'anno scorso). E per noi la mostra avrà un'incidenza minima nel contributo complessivo che daranno gli sponsor».

«E se questa fosse l'ultima delle sue operazioni?», sussurra qualcuno che pure sostiene il progetto a Ca' Susegana. Regge davvero il modello Goldin in tempi di crisi e austerity? Chi potrà finanziare ancora una macchina così?
Al curatore-imprenditore trevigiano invece le cose sono girate per il verso giusto negli ultimi due anni. Linea d'Ombra ha fatturato nel 2013 per 8,889 milioni di euro, 1,4 milioni in meno rispetto al 2012 (e 2 in più rispetto al 2011), ma l'utile gli è volato a 2 milioni di euro netti, era 817 mila l'anno prima e in perdita per 262 mila nel 2011. A minor fatturato sono corrisposti molti utili. E il suo patrimonio da 898 mila euro nel 2011 è ora volato a 6,095 milioni di euro. I suoi progetti di successo funzionano se c'è quel meccanismo di risorse e di contratti con le amministrazioni, dicono i suoi detrattori.

A Vicenza Linea d'Ombra ha avuto assicurati gli incassi di biglietteria, bookshop e servizi. Non un cent al Comune. Per la terza mostra attualmente in corso il modello è cambiato. Il costo, 4 milioni di euro, è stato ripartito così. Fondazione Cariverona ha stanziato 1,4 milioni di euro. Si tratta in pratica dell'intero budget 2014-2015 (700 mila euro ad anno) che la Fondazione avrebbe destinato per il settore culturale al Comune di Vicenza, e che l'amministrazione ha deciso di girare interamente alla mostra in Basilica.
Palazzo Trissino, tramite la partecipata Fondazione Teatro Città di Vicenza, ne ha messi 50 mila (ottenendo in cambio 50 centesimi su ogni biglietto venduto oltre la soglia dei 50 mila). Il resto, 2,55 milioni euro, li ha anticipati Linea d'Ombra, che ha ottenuto di allungare i tempi di apertura dell'esposizione a 6 mesi, contando così di aumentare gli incassi da biglietteria con cui ritornare dell'investimento.
E Treviso? Il sindaco ricorda che in realtà il vero beneficio andrebbe alla città. La mostra sarebbe la «diavolina» (così ha detto) che accende economia e prestigio. Forse è davvero così. Ma cosa significa?

Torniamo a Vicenza. Secondo Goldin, in base a «parametri studiati alla Bocconi», il giro d'affari tra mostra e indotto ammonterebbe a 6 milioni di euro ogni 100 mila visitatori, stima che rapportata ai 425 mila biglietti delle prime due esposizioni porterebbe a una cifra di 25 milioni. L'Istat ha certificato l'oggettivo aumento del flusso turistico in città. Gli "arrivi" nelle strutture ricettive segnano in corrispondenza della prima mostra una crescita del 10,5% (dal 2012 al 2013). Il balzo in avanti si annulla quasi del tutto se parliamo delle "presenze" (ovvero il numero totale delle notti in albergo o in b&b) cresciute solo dello 0,69%. Nei primi sei mesi del 2014 (ultimo dato Istat disponibile), in corrispondenza con la seconda mostra, gli arrivi sono saliti ancora del 2,1% mentre le presenze si sono contratte del 2%.
Nella Marca le previsioni le ha date la Tribuna di Treviso. Secondo Alessandro Minello, docente a Ca' Foscari e consulente tra l'altro di Unioncamere Veneto, dai quasi 4 milioni di spesa previsti ci sarebbe un ritorno sul territorio di ben 37 milioni di euro, che pioverebbero su esercizi pubblici, alberghi, artigiani, servizi. E la mostra si pagherebbe, ipotizzando 250 mila visitatori, coi soli biglietti e bookshop. A prendere invece per buono il parametro dello stesso Goldin, si arriverebbe a 15 milioni. «Ma le stime in questo campo sono sempre difficili, dipendono dai fattori e dagli indici da cui si parte, dal contesto economico e dal territorio», dice un economista veneto che preferisce non comparire. E finita la mostra? «Rimane l'eco».

«Il problema è che queste amministrazioni appaltano a Marco Goldin le politiche culturali - riflette Said Chaibi, attivissimo consigliere comunale trevigiano, di maggioranza - Vogliono incassare un successo di immagine a breve, a qualunque costo, ma non immaginano niente di strutturale su cui investire risorse e far fermentare le energie delle loro città». E qui ritorna la metafora botanica. Carlo Presotto, presidente de La Piccionaia, Teatro Stabile di innovazione vicentino: «Goldin fa un'ottima agricoltura intensiva, che garantisce grande efficienza e risultati quantitativi nel breve periodo, ma a lungo andare impoverisce la qualità del suolo culturale. Per sostenersi questo modello necessita di forti iniezioni di concime artificiale, che nella cultura sono i soldi pubblici».
Il fatto che Palazzo Trissino abbia concentrato sulla Basilica l'intero contributo per più anni della Fondazione Cariverona, ad esempio, ha comportato l'inaridirsi dei fondi per la Biblioteca Bertoliana, con la sua struttura centrale vecchia e malandata e una rete di biblioteche di quartiere destinate ad essere tagliate come rami secchi per mancanza di fondi. In sofferenza sono i Musei Civici, fermo il restauro di Palazzo Chiericati e vacante il ruolo di Conservatore dal 2013. Sul versante delle associazioni solo quest'anno si è corsi al riparo, destinando 50 mila euro a bando per micro-iniziative.

«Sulla Basilica Palladiana il futuro è un'incognita», secondo la blogger vicentina Petra Cason, «a parte una bella iniziativa sugli illustratori, fra una mostra e l'altra di Linea d'Ombra quello spazio è stato usato spesso in modi improvvisati: una esposizione di vecchie cartoline, due sugli eroi del calcio e sul ciclismo».
E' questo ciò che resta dopo la piantagione? «Per il dopo Goldin abbiamo già varie idee interessanti», dice l'assessore alla cultura trevigiano Luciano Franchin. Il che forse non suona proprio come un piano strategico. Una serie di iniziative le elenca anche il vice-sindaco e assessore alla cultura vicentino Jacopo Bulgarini d'Elci, ma alla fine, dice, resta un fatto: «Cinque anni fa Vicenza era morta, oggi non è il paradiso ma c'è sicuramente più orgoglio e voglia di emergere da parte di tutti i soggetti culturali».

di Fabio Bozzato e Giulio Todescan


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