Quotidiano | Categorie: Diritti umani, disabilità

Disabili "senza" centri diurni: Poli punta il dito contro i silenzi, anche dei familiari

Di Citizen Writers Venerdi 23 Agosto 2013 alle 07:46 | 2 commenti

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Riceviamo da Vanni Poli e pubblichiamo.

Credo che non sia male per noi familiari di persone con disabilità fare alcune puntualizzazioni sulla questione di attualità (esclusione dai centri diurni del disabile che sia ospite di una comunità residenziale) per arrivare a riprendere il filo che ha condotto le Associazioni di tutela a Vicenza, dal 1964 ad oggi, ad ottenere, sia pure in misura non ancora soddisfacente e parziale, risultati di inclusione sociale per queste persone un tempo incarcerate nei diversi  istituti, più o meno pii, che affollavano il nostro paese.

Nel parlare di responsabilità (è questo alla fine uno dei problemi), non dobbiamo sottacere le nostre, che sono  le prime e, spesso, le più gravi. Infatti  ogni giorno, da molti anni, constato che la presenza dei genitori e dei fratelli delle persone con disabilità intellettiva e relazionale è sempre scarsa e che essi ben volentieri delegano ad altri le attività di sostegno e di lotta per la difesa dei diritti di queste persone. Dopo la mia lettera di protesta di qualche giorno fa, a parte i soliti responsabili delle Associazioni, solo due o tre familiari di disabili mi hanno contattato per dichiarare la propria disponibilità ad agire: un altro centinaio di loro, i cui familiari vivono la stessa situazione di mio fratello, se ne stanno tuttora zitti e tranquilli a veder cosa succede. Sono però convinto che, quando la conferenza dei sindaci (scusate le minuscole, ma non me la sento di usare le maiuscole di cortesia) chiederà loro un adeguamento delle rette, quando cioè dovranno mettere mano al portafoglio, allora sì sentiremo  molte voci di protesta levarsi. 
È per questo che spesso mi chiedo perché non me ne sto anch’io da una parte a vedere come si mettono le cose: non mi farei certo alcun nemico tra i “potenti” della politica! È con amarezza che dico queste cose, però la verità non va nascosta. È chiaro che molti temono ritorsioni da parte dell’Ulss e dei comuni: “chi protesta è una testa calda e non avrà risposta”;  questo significa che funziona sempre il metodo italico del ricattino velato e della sudditanza al pubblico amministratore. Non è passato molto tempo da quando, con un colpo di mano, un ente gestore  ha trasferito dei pacchi da una comunità di Vicenza ad una casa di riposo ad oltre 30 km da qui: i pacchi erano, sono persone  con disabilità intellettiva indifese anche per il silenzio  delle loro famiglie. Sembra anche che prossimamente altri 35 di questi “pacchi” saranno deportati a “respirare aria buona” in un luogo solitario delle montagne vicentine ad un cinquantina di km dalla città: questo per l’inclusione sociale e per il loro bene, come direbbe l’ulss.

Le responsabilità maggiori poi vanno ricondotte non tanto alla crisi economica che travaglia da anni l’Italia, quanto nei governi che, dal 2006 ad oggi, hanno fatto scempio dello stato sociale: il governo Berlusconi, quello del partito dell’amore, ha azzerato il fondo nazionale per la non autosufficienza, togliendo in un attimo solo il respiro a comuni e regioni; e pensare che solo con i soldi evasi dal condannato ex premier si sarebbero potute fare molte cose per queste persone. Ma no !! queste persone non contano nulla, meglio occuparsi di veline, olgettine, meglio darsi da fare con i rimborsi spese per i porci comodi di parlamentari e di consiglieri regionali, meglio scialare e divertirsi, tanto in Italia tutto si può, anche dopo una condanna definitiva! Il governo Monti non è stato da  meno: per un professore bocconiano i disabili sono dei “minus quam”, sono un peso sociale. Da qui le regioni che avrebbero potuto fare qualcosa si sono viste limitate, ed i comuni pure. Però poi si viene a sapere di scandali ed inchieste sull’impiego dei fondi pubblici, inchieste che non lasciano indenne neppure il Veneto:  quella sul Mose, ad esempio, è appena agli inizi. Ed in questa atmosfera come si può tollerare che un assessore regionale dichiari guerra ai disabili e faccia di tutto per tagliare i pochi fondi necessari ai loro servizi? Secondo lui i Ceod sono superati: tutti nelle fattorie sociali! Non sa neppure di cosa parla, ma purtroppo parla e fa. Istituisce commissioni di studio composte da chi vuole  lui affinché sostengano le sue sballate teorie, vuole cambiare la legge regionale 30  perché garantisce la gratuità della frequenza nei centri diurni; vuole cambiare la legge regionale 22 perché stabilisce standard di qualità eccessivi per delle persone che non contrano nulla; vuole distruggere quanto di buono si è fatto sinora in molti anni con una collaborazione attiva tra Associazioni di famiglie e Regione.

Infine ci sono i comuni, anzi i Sindaci. Siamo d’accordo che le loro colpe sono attenuate rispetto a quelle dei governi berlusconi e Monti, in quanto i tagli li  subiscono. Però quello che ci si aspetta è che i nostri sindaci siano dalla nostra parte, che non ci siano avversi. Sono convinto che, se tutti 39 hanno votato il bilancio dell’ulss contenente l’ineffabile ed incivile decisione dell’esclusione di un centinaio di persone con disabilità da quel minimo di vita sociale che restava loro, è perché di disabilità non hanno capito ancora nulla, non ne sanno nulla; è perché hanno delegato tutto all’ulss e non sono in grado neppure di capire fino in fondo come è fatto il bilancio dell’azienda sanitaria e come vengono impiegati i fondi che loro assegnano ogni anno. Però una cosa fondamentale i Sindaci non hanno capito:  che la presa in carico della persona con disabilità intellettiva, la  più indifesa e la più debole tra i disabili, è compito del Comune, della comunità e non dell’ulss.  Sarebbe bello che i Sindaci si riappropriassero dei temi sociali e  togliessero la delega all’ulss (come il comune di Venezia), sarebbe un modo per dare una risposta finalmente civile alle istanze di queste persone.  Quando una disabilità di questo genere si manifesta in una persona è la rete di comunità che deve assicurarne l’inclusione nella vita sociale. Queste persone hanno bisogno di tutto, in primo luogo di essere riconosciute come persone, come soggetti portatori di diritti, esattamente come ogni cittadino. Perciò la scuola, perciò le cure, perciò il divertimento, perciò la casa, perciò il lavoro, perciò tutto… e tutto in maniera a loro adatta, senza barriere. Questo i Sindaci (e molti di noi) non hanno ancora capito. Una volta capito questo potremo parlare di risorse, potremo parlare di metodi, potremo parlare di standard. Prima però viene la vita, quella vera, quella di tutti. Quando una persona nasce, viene in un mondo predisposto ad accettarla: si attivano automaticamente i servizi (anagrafe, codice fiscale, tessera sanitaria, programmi vaccinali, frequenza scolastica, ecc.), servizi che noi paghiamo con la tassazione (per chi non evade…); perché anche  le persone con disabilità non debbono usufruire di tutti i servizi e le opportunità degli altri?

Non sto facendo un trattato, perciò chiudo qui con una considerazione conclusiva: sia benvenuta questa crisi  di civiltà  se servirà a rivedere il nostro approccio ai problemi delle persone più deboli e più esposte all’arroganza del potere; sia benvenuta se sapremo essere più solidali.

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Commenti

Inviato Venerdi 23 Agosto 2013 alle 12:33

Caro Vanni, comprendo l'amarezza con la quale hai affrontato il delicato argomento relativo alla mancanza di interesse dimostrata da molti famigliari di persone con disabilità e non ti nascondo che la stessa sensazione e rabbia provo anch'io quando affrontiamo questo aspetto del problema.
Anch'io come te vedo famiglie che di buon grado preferiscono delegare ad altri l'incombenza di dover accudire il proprio congiunto disabile, salvo poi farsi vivi quando qualcuno gli fa i conti in tasca e in virtù di ciò pretende fargli pagare i servizi. Ed allora tutti, improvvisamente, ci vengono a cercare pretendendo che si "faccia qualcosa", così dicono. Altro capitolo è poi quello dei tutori/amministratori di sostegno che, pur non essendo essi famigliari, si disinteressano spesso dei loro tutelati. Ma quanti di questi si sono mai preoccupati della qualità di vita che conduce il loro famigliare o il loro tutelato? A quanti di questi interessa sapere se realmente vengono messe in atto tute quelle azioni contenute nella convenzione? E, per scendere nel quotidiano, a quanti interessa sapere cosa mangiano, come sono vestiti, come vengono curati, che qualità di vita inclusiva svolgono, ecc..?
Per molti è meglio far finta di non vedere, è già tanto se gli hanno tolto un "peso", non fosse mai che qualcuno pensi di restituirgli il "disturbatore" della tranquillità famigliare. I nostri "tecnici" poi sono sempre disponibili ad aiutare chi dichiara (con leggerezza) di non farcela più e nel contempo si dimenticano di coloro che, invece, preferiscono votarsi al martirio pur di dare una parvenza di dignità alla vita del proprio figlio/fratello ecc.. procurandogli tutto ciò che non troverebbe mai presso i servizi.
Questi sono quelli che fanno realmente del male alla nostra causa, è a questi che dovremmo chiedere conto delle loro azioni.
Inviato Sabato 24 Agosto 2013 alle 09:30

ciò che fa più male è davvero il silenzio generale, soprattutto dell'attuale centinaio di famiglie direttamente interessate al provvedimento oltre che di quelle che prima a o poi lo saranno: così invece di un coro assordante si sente solo "una voce che grida nel deserto"
sarà che forse non c'è ancora molta dimestichezza con i giornali on line? magari tali famiglie staranno inondando di proteste la redazione de Il Giornale di Vicenza!
speriamo allora che Il giornale di Vicenza riservi loro un trattamento diverso da quello riservato alla mia di protesa inoltrata il 29 luglio, rispedita il 19 agosto e mai pubblicata... e che magari si decida a dare un po' di spazio alla vicenda.
anna putti
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