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"Verso Monet" o una passerella di moda?

Di Citizen Writers Mercoledi 2 Aprile 2014 alle 21:12 | 0 commenti

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Riceviamo da Giovanni Bertacche - Visitando la mostra “Verso Monet, storia del paesaggio dal seicento al novecento” sono rimasto colpito per due considerazioni opposte che ho fatto all’uscita, una positiva e una negativa. Convivono entrambe, sì convivono, nonostante la contraddizione che, secondo il pensiero classico le vorrebbe autoescludenti.

Positiva. Una grande storia del paesaggio, dal vero e il falso della natura nel ‘600, all’età della veduta dei classici veneziani, all’interiorizzazione nell’epoca romantica, al realismo della civiltà industriale, su su fino all’impressionismo che interpreta la pittura come puro dato visivo, senza l’intermediazione dei modelli classici. Un percorso che definirei didattico, attraverso un centinaio di dipinti di inestimabile valore, non solo in sé per ogni singolo pezzo ma per gli accostamenti rari da vedere tutti insieme. Questo modo di “raccontare la pittura non per usuali suddivisioni ma per sguardi includenti” (dal manifesto della mostra) è sicuramente singolare, in positivo e qui gli elogi e gli aggettivi superlativi si sprecano. Ma chi mi legge ha capito qualcosa, dico di questo mio sproloquio? Perché chi scrive, ammirato sì per la esposizione, ha dovuto subire però una cocente delusione. Dovendo accompagnare in visita un gruppo dell’associazione cui sono preposto, ci siamo fermati all’ingresso per fare alcune premesse alla mostra. Appunto per dare un senso complessivo a ciò che ci apprestavamo visitare; dovevo perciò spiegare a me stesso, alle amiche e agli amici, cosa significasse quella “storia del paesaggio…”. Bisogna cioè far emergere il salto nel racconto tutto incentrato sulla figura umana delle epoche precedenti e quello in prima persona della natura, del paesaggio, della veduta all’aria aperta. Naturalmente periodizzando i diversi modi di guardare e di concepire il paesaggio e conseguentemente illustrando metodi e  mezzi per ritrarlo a seconda dei tempi. Certo sussidi non mancano, guide, audioguida, didascalie; ma tutto all’interno delle singole sezioni quando ormai si è presi dal fulgore di quei capolavori. Tuttavia il tutto dovrebbe essere preceduto da una “breve” premessa introduttiva dell’insieme allo scopo di meglio cogliere le specialità e le differenze. Gli stand poi, suddivisione materiale tra epoche e autori, dovrebbero essere accompagnati da musiche, brani letterari, per contestualizzare il “pensiero” racchiuso nei dipinti. Perché non si tratta di un museo o di una pinacoteca ma di un percorso a tema (il paesaggio appunto) che va perciò contestualizzato e temporalizzato. Per i non addetti ai lavori non basta una passeggiata sia pur ammirata, spesso più per i nomi dei celebri autori che per le opere; occorre spiegare invece cosa rappresentino quelle opere, la loro importanza, la loro storia. Insomma così come si presenta l’esposizione ha più il segno di una raccolta di pezzi preziosi, per di più in un contenitore così fastoso, che un percorso in cui rivivere momenti fantastici e che perciò richiedono un qualcosa di più profondo e di più coinvolgente. Una formula, ma si può rimediare subito, da rivedere per le future occasioni. In definitiva non si vorrebbe che mostre culturalmente così interessanti perdessero qualcosa del loro impareggiabile valore per diventare invece una passerella di moda o di un comune, quanto trito, "ci sono stato anch’io". A vedere cosa?

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