Valbruna e Amenduni: vendesi, comprasi, licenziasi. Lecito, utile. Umano?
Giovedi 25 Aprile 2013 alle 22:40 | 0 commenti
Questo scrivevamo mercoledì 10 aprile riprendendo dal Giornale di Vicenza la notizia confinata nelle pagine di economia, meno seguite di quelle di cronaca in cui è stato riferito del sostanziale, intransigente e contemporaneo licenziamento di 52 lavoratori vicentini.
Un'altra notizia leggiamo questa settimana su Il Mondo, l'autorevole settimanale economico dell'editore del Corriere della sera, e cioè che la Valbruna, azienda da un miliardo di fatturato, è stata sondata, insieme a fondi i probate equity e alla concorrente Klesh & co. per l'ingresso nel capitale, anche in maggioranza, della Cogne acciai speciali. L'azienda aostana, rilevata dalla Ilva nel 94, con 500 milioni di fatturato realizzato nel settore degli acciai inox fa parte del gruppo da un miliardo di euro della famiglia Marzorati che ha bisogno di spalle grosse per sostenere il piano di riconversione della Cogne (in calo di fatturato e utili e con un indebitamento di 180 milioni) verso prodotti più redditizi come quelli per i segmenti oil & gas, impianti chimici e farmaceutici e medicali che richiedono acciai inossidabili. Per Il Mondo la Valbruna degli Amenduni, che già produce 200.000 tonnellate di acciai inox, è «l'interlocutore naturale per un'integrazione col gruppo aostano...Il dossier è già sotto esame a Vicenza ... Gli Amenduni guardano alla Cina per l'espansione e nuove alleanze. E perciò un punto d"interesse è l'impianto di Dong Guan City che la Cogne ha costruito investendo 25 milioni per servire i clienti nei settori nucleare e oil & gas».
Per un gruppo come quello degli Amenduni, i cui interessi spaziano dall'acciaio all'immobiliare fino alla finanza griffata Generali in cui si accinge ad aumentare la sua partecipazione, è ovviamente lecito vendere un proprio ramo per 200 milioni, così come può essere utile provare ad acquisire la Cogne o magari solo la sua acciaieria cinese (i sindacati ne sono al corrente?) e incrementare la quota Generali che conta tantissimo, direttamente e indirettamente, in tanti ambiti tra cui quello Rizzoli - Corriere della Sera.
Ma in questo contesto, in cui ballano centinaia di milioni di euro, è umano per la Valbruna lasciare a casa 52 lavoratori? Il loro stipendio non sarebbero in grado di continuare a guadagnarselo in un qualunque ramo aziendale continuando così anche a dare da mangiare alle proprie 52 famiglie?
Senza ridurre alla fame la famiglia Amenduni.
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