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Tagli e debito pubblico che cresce. Ciambetti: il rischio default è dietro l'angolo

Di Redazione VicenzaPiù Mercoledi 15 Maggio 2013 alle 14:41 | 0 commenti

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Assessore regionale del Veneto, Roberto Ciambetti - Come da mesi spiego, la Regione del Veneto  può immettere nell’economia reale qualcosa come un miliardo e 380 milioni che salgono a  oltre due miliardi se nel conto mettiamo anche le disponibilità degli enti locali: il tutto è congelato a causa del patto di stabilità.  Stiamo parlando di soldi veri, che non vanno ad aumentare lo stock del debito pubblico.

Nel frattempo le varie manovre e revisioni della spesa hanno visto diminuire di circa 570 milioni i trasferimenti dello stato a Comuni e Regione del veneto: la cura dimagrante per gli enti locali è stata devastante e ha provocato non poche proteste in  molte categorie sindacali come nel mondo del volontariato e del sociale.

I dati che giungono dalla realtà veneta sono scoraggianti: ad esempio, oltre meno 13 per cento nel fronte delle immatricolazioni di automobili nel primo trimestre di quest’anno. Meno immatricolazioni significa diminuzione del parco circolante, dunque diminuzione del pagamento di bolli auto e di incassi per tasse e accise sul carburante; potremmo spostare questa riflessione anche in altri settori: meno vendite, meno lavoro, meno produzione, significano anche calo di  introiti per minori tasse e imposte e minori introiti significa che il deficit aumenta.

Ebbene, mentre nel decentramento sale la febbre tra i cittadini, le famiglie ma anche gli enti locali  per la difficoltà nel far quadrare i conti, nel pagare le imprese, nel  frattempo  si continua ad alimentare la spesa improduttiva e il debito pubblico statale: secondo l’Ocse l’Italia potrebbe toccare il rapporto del  Debito sul Pil nel 2014 potrà toccare la quota del 134 per cento.  Sempre secondo l’Ocse nei prossimi anni il peso del rinnovo di questa immensa mole debitoria salirà a 400 miliardi l’anno: quali saranno i risparmiatori che potranno coprire questa cifra, se non riusciamo a far ripartire la macchina del lavoro?  Chi pagherà, poi, il fiscal Compact, cioè una manovra da 50 miliardi l’anno? E che accadrà se gli investitori stranieri, che attualmente posseggono circa un terzo del debito pubblico italiano, qualcosa come 700 miliardi di €,  volessero liquidare i loro investimenti come è accaduto lo scorso anno?  

La crisi, la disoccupazione, l’abbattimento del potere d’acquisto di stipendi, salari e pensioni davanti a prezzi in costante aumento – un + 1,9 per cento nel primo trimestre in Veneto – hanno determinato anche nella nostra Regione, tradizionalmente vocata alla spesa prudente , una diminuzione netta del risparmio data appunto dall’erosione dei redditi: chi acquisterà il debito pubblico?  La domanda andrebbe girata al partito della spesa pubblica con cui alimentare il consenso,  ai burocrati di stato, a chi non vuole capire che oggi non si può sacrificare il decentramento, e i servizi che questo garantisce al cittadino ad iniziare dalla sanità – per capirci, circa il 70 per cento del bilancio regionale in Veneto -  per continuare ad alimentare sprechi che già oggi legittimamente ci chiediamo chi e come potrà domani pagare.  Il rischio default è dietro l’angolo.


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