Ratzinger e Napolitano, la diversità di spessore storico. M5S, Sel e La Russa in Vaticano
Domenica 21 Aprile 2013 alle 23:56 | 0 commenti
In meno di tre mesi abbiamo vissuto due momenti storici ma di diverso spessore. Da un lato le dimissioni di papa Ratzinger, che lascia anzitempo il soglio pontificio indicando la via della riforma radicale del potere terreno e della missione religiosa e sociale della Chiesa che andrà percorsa dal suo successore, Papa Fracesco
Dall"altro la rielezione di Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica, voluta o anche solo tollerata da lui stesso, che blocca la speranza di rinnovamento di volti, tra cui il suo, ma soprattutto di metodi.
La "degenerazione" dei limiti dei poteri di garanzia che la Costituzione assegna alla massima carica dello Stato era già iniziata quando lo steso Napolitano impediva un anno e mezzo fa agli italiani di scegliere il proprio governo costringendo loro e i partiti inermi a subire il luogotenente dei poteri forti della finanza, il "ragioniere" Mario Monti.
Ma "l'omicidio della democrazia", favorito dal vergognoso suicidio del Pd e costruito da un Berlusconi che solo il predetto arrivo di Monti aveva salvato dal coma profondo in cui era entrato, è stato portato a termine da Napolitano.
Lui, che aveva assicurato che mai si sarebbe ricandidato così come aveva spergiurato che mai Monti sarebbe entrato in politica, ha subito dimenticato la lezione di Ratzinger, che pure aveva lodato con "presidenziale ammirazione", ed ha accuratamente evitato di indicare un nuovo presidente "francescano" che rivoluzionasse la curia repubblicana.
Che oggi, grazie a Napolitano da loro scelto per questo, si prepara a mettere in campo il drone di Berlusconi, Angelino Alfano, la controfigura di Bersani, Enrico Letta, lo scudierio di Monti, Mario Mauro ex eurodeputato Pdl, per un governo incesto tra l'ectoplasma del Pd, il resuscitato Pdl, la dependance di Silvio targata Lega e Scelta Civica, la "più bocciata dagli italiani".
Un punto del loro impegni elettorali era chiaro: per il Pd "mai col Pdl", per Monti "mai con Berlusconi", per il Pdl "mai con i comunisti". E per la Lega "via da Roma".
Detto dei "mai" proclamati da Napolitano, Monti, Berlusconi, Maroni e Bersani, li "ringraziamo" per l'enorme sacrificio fatto per ripensarci, se per la propria preservazione come specie o per il bene del Paese lo vedremo.
Che dire allora ai coerenti parlamentari del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, a quelli di Sel di Nicky Vendola e, a destra, alla truppa dei nove di Fratelli d'Italia di Ignazio La Russa, che non hanno votato per Napolitano e per l'annunciato appoggio a un qualsivoglia governo con dentro tutto il vecchio e griffato "il più vecchio"?
Al prossimo giro chiedano la cittadinanza elettorale alla Città del Vaticano.
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