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Presentato oggi il 22° rapporto sul mercato del lavoro in Veneto

Di Redazione VicenzaPiù Venerdi 14 Marzo 2014 alle 15:40 | 0 commenti

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Regione Veneto - Sesto anno di crisi per il Veneto, per l’occupazione, per le aziende. La fotografia circostanziata della situazione nel territorio è stata fornita stamani (foto) a Palazzo Balbi dal Rapporto 2014 di Veneto Lavoro, alla presenza del Governatore Luca Zaia e dell’Assessore regionale al Lavoro Elena Donazzan. Ha illustrato i dati il direttore di Veneto Lavoro Sergio Rosato.

Il titolo del Rapporto 2014: “Discesa finita?” Crisi al sesto anno: assottigliati ancora posti di lavoro e risorse imprenditoriali.

Il 2013 è stato un anno di grave recessione economica. In estrema sintesi i dati forniti dal Rapporto segnalano:

-il Pil che, nel Veneto, ha avuto una ulteriore contrazione dell’1,6%;

-aziende: -1,8% delle imprese attive, – 8000 imprese in numeri assoluti;  fallimenti/liquidazioni nel corso del 2013 sono state oltre 10.000 aziende interessate;le aperture di crisi aziendali sono state 1.465 con 42.248 lavoratori;

la provincia con il maggior numero di crisi è Padova (272). Seguono Vicenza (203), Treviso (185), Venezia (152), Verona (142), Rovigo (50), Belluno (38).

-posti di lavoro persi: 18.600 in quello dipendente con meno 5000 unità rispetto al 2012 (-85 mila posti di lavoro tra 2008 e 2013) soprattutto nei settori dell’industria, costruzioni, servizi;

-esportazioni: dal gennaio al settembre 2013, hanno mostrato situazioni in crescita (alimentare, vino, occhiali, oreficeria) ma anche di contrazione (sport system, tessuti, macchine utensili);

-tasso di occupazione: per la prima volta dal 2002 è sceso al 63,3% ;

-cassa integrazione: ricorso massiccio in particolare alla straordinaria (spesso crisi  irreversibili) e alla CIG deroga (crisi anche della piccola impresa);

-disoccupazione aumentata (tasso medio 2013 arrivato al 7,6%; in numeri assoluti  circa 171 mila disoccupati con picco massimo di 195.000 disoccupati nel primo trimestre 2013).  Se si considerano anche coloro che hanno smesso di cercare lavoro o lo cercano a determinate condizioni il numero sale intorno alle 310 mila unità; il tasso di disoccupazione giovanile è di 25,3%. (ma la disoccupazione giovanile effettiva è di circa 35 mila giovani sotto i 25 anni, l’11% di questa fascia d’età).

Le politiche del lavoro (nel Veneto funzionano molto bene i tirocini, sono stati 25 mila diventati poi lavoro vero nel 60-70% dei casi; e positivi anche i percorsi di istruzione professionale) sono state soprattutto destinate a:

-sostegno degli ammortizzatori sociali: costo complessivo di circa 2 miliardi di euro (più che raddoppiato rispetto al 2007); i beneficiari di sussidi di disoccupazione sono stati circa 120.000, quelli di indennità di mobilità circa 20.000. Complessivamente nel corso del 2013 circa 300 mila soggetti hanno avuto accesso a un sussidio.

- Segnali positivi: riparte la produzione industriale nel secondo semestre 2013 (dato tendenziale +1,4%). Il 70% delle assunzioni a tempo indeterminato si registra nelle imprese che crescono.

"La Regione continuerà a essere presente con gli ammortizzatori sociali per chi perde il lavoro e con gli interventi sulle imprese (ne abbiamo aiutate diecimila fino a oggi) tramite la finanziaria regionale. Ma non sarà sufficiente. Servono vere politiche del lavoro a livello nazionale. Gli 80 euro in busta paga proposti da Renzi sono una buona idea per i lavoratori ma non riducono il costo del lavoro.

Bisogna perciò ridurre il cuneo fiscale come politica strutturale vera e propria per consentire alle nostre imprese di stare sul mercato”.

Lo ha detto Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto, durante la presentazione del  Rapporto 2014 sul mercato del lavoro nel Veneto, curato da Veneto Lavoro, dal titolo “Discesa finita?” Crisi al sesto anno: assottigliati ancora posti di lavoro e risorse imprenditoriali, presentato stamani nella sede della Giunta regionale a Palazzo Balbi.

“Dei 195 mila disoccupati presenti nel Veneto nel primo trimestre del 2013 – ha sottolineato Zaia – almeno 30 mila sono immigrati. Molti si sono integrati ma altri sono venuti solo per lavorare e poter rientrare poi nei loro paesi dove hanno le famiglie: è bene aiutarli a tornare a casa, con progetti d’accompagnamento mirati, penso allo stanziamento dell’immigrazione di un milione di euro. Anche questo è un modo concreto di affrontare le questioni legate alla disoccupazione nel nostro territorio”.

“La fotografia dettagliata fornita dal Rapporto di Veneto Lavoro ci mostra che nel maggio 2013 nel Veneto è stato raggiunto il picco massimo della crisi: 10 mila sono stati i fallimenti di aziende e i numeri sulla cassa integrazione e sui licenziamenti sono stati i peggiori della nostra storia. Tuttavia, continuano a tenere i settori agroalimentare e vitivinicolo, mentre è in sofferenza lo sport system che è uno dei settori di punta della nostra economia. I dati del rapporto annuale ci permettono di fare precise politiche sul lavoro nel Veneto, augurandoci che i segnali di minima ripresa che si scorge all’orizzonte sia continuativa”. 

Così l’Assessore regionale al lavoro Elena Donazzan ha commentato il Rapporto 2014 sul mercato del lavoro nel Veneto, curato da Veneto Lavoro, dal titolo “Discesa finita?” Crisi al sesto anno: assottigliati ancora posti di lavoro e risorse imprenditoriali, presentato stamani nella sede della Giunta regionale a Palazzo Balbi.

“Come Regione vogliamo che questa discesa termini – ha detto – che ci sia lavoro, che ci sia impresa, che ci siano investimenti e che le risorse pubbliche sulla cassa integrazione siano utilizzate al meglio”.

In relazione alla cassa integrazione, Donazzan ha aggiunto: “è necessario diversificare lo strumento CIG a seconda del tipo di crisi aziendale. Ci sono aziende che chiudono e quindi l’ammortizzatore sociale serve ad accompagnare il lavoratore. Invece ci sono aziende che possono riprendere e, conseguentemente,  la cassa integrazione va trasformata nell’abbattimento del costo del lavoro. Non possiamo più permetterci  il lusso – ha concluso – di mettere persone in CIG e obbligarle a non lavorare. E poi ci sono le aziende ‘drivers’ quelle che funzionano bene e che vanno aiutate perché trascinano le altre anche nella creazione di nuovi posti di lavoro”.

 


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