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Passa in Giunta l'arresto Galan (16 voti a 3) : nessun fumus persecutionis

Di Redazione VicenzaPiù Giovedi 10 Luglio 2014 alle 22:01 | 0 commenti

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Di D.P., da Venezie Post
I colleghi di Giunta non hanno salvato il "soldato" Galan, a cui ora non resta che confidare in un improbabile colpo di scena in Aula, dove si voterà sul suo arresto martedì prossimo alle 17. La Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei Deputati, cui spetta il compito di stilare una relazione da presentare in Aula, ha infatti detto “Sì” in larga maggioranza – 16 voti favorevoli e soltanto 3 contrari – all’arresto dell’ex presidente di Regione. Inoltre, 

Inoltre, sempre nella seduta di oggi, la Giunta ha respinto con 14 voti contrari, 4 favorevoli e un astenuto (il relatore Mariano Rabino), la richiesta avanzata da Marco Di Lello (Psi) di rimettere alla magistratura gli atti riguardanti Galan affinché vengano motivati rispetto alla nuova normativa sugli arresti. Insomma: l’ex Doge è rimasto sostanzialmente isolato e al suo fianco si sono schierati solo Fi, Ncd e Psi, gruppi che non hanno la forza di ribaltare in Aula l’esito del voto di Giunta.

Del resto la relazione preparata da Rabino (Scelta Civica) era netta: il “fumus persecutionis” – sola ipotesi che autorizza i parlamentari ad applicare la tutela dell’immunità a vantaggio di un collega – non sussiste. «L’iniziativa della magistratura veneziana – ha dichiarato Rabino entrando in Giunta – ha portato ad un’inchiesta articolata che ha messo in evidenza un sistema corruttivo estremamente diffuso. Secondo me, di fronte al quadro che emerge dalle carte, applicare l’immunità all’indagato Galan sarebbe un privilegio inaccettabile. Leggendo le carte – ha aggiunto – non ho infatti ravvisato in alcun modo l’ipotesi di “fumus persecutionis”».

Sulla stessa lunghezza d’onda è anche il Partito Democratico. «Tenendo presente che il compito della Giunta è quello di accertare se il gip manifesti un intento persecutorio verso un parlamentare, posso affermare che nel caso Galan non si ravvisa “fumus persecutionis”»: il commento è della deputata Pd Sofia Amoddio, intervenuta nella Giunta odierna. «Studiando il fascicolo – afferma Amoddio – è chiaro che il giudice non richiede la custodia cautelare in carcere solo per il parlamentare Galan, ma per tutti i soggetti indagati di corruzione, con una motivazione che equipara la condotta del Galan a quella di altri indagati. Escludo il fumus da parte del gip – aggiunge la deputata – anche alla luce delle tesi difensive illustrate dall'onorevole Galan che, ad esempio, lamenta come il pm non abbia disposto il suo interrogatorio. È utile precisare che nessun pubblico ministero ha l'obbligo di interrogare la persona nei cui confronti sta svolgendo le indagini. Ricordo che ancora oggi le indagini non sono chiuse e l'obbligo per il pm di sentire l'imputato – conclude – nasce dal momento in cui l'indagato riceve l'avviso di conclusione indagini e non prima».

D’altra parte il Pd deve vedersela con le proprie beghe, legate all’inchiesta Mose. Oggi si è infatti scoperto che il Pd ha chiesto «le specifiche sulle spese per le primarie e per la campagna per le amministrative del 2010» all'ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, il quale ha però replicato beffardo che i democratici possono pure «rivolgersi alla magistratura» se vogliono quei documenti, perché lui «non ha mai fatto parte del partito». Chiaro riferimento – velenosissimo – ai membri della segreteria Pd che hanno cercato di smarcarsi dallo scandalo Mose dichiarando, a botta calda, che «Orsoni non è mai stato iscritto al Pd». Il 'siparietto' tra l’ex sindaco e il partito emerge da due lettere, di cui una firmata dal presidente della commissione d'inchiesta sui bilanci del Pd, Gilberto Bellò, e l'altra dallo stesso Orsoni, dimessosi il 13 giugno scorso dalla carica di sindaco di Venezia.

Nella missiva di Bellò, di cui ha dato conto stamattina il Corriere del Veneto, si chiede «la documentazione inerente entrate-uscite della campagna elettorale per le primarie per la candidatura a sindaco di Venezia e a quella per il sindaco». Orsoni ha perciò avuto l’assist per replicare che lui non fa parte del Pd «come dichiarato da alcuni vostri qualificati rappresentanti» e che «l'intera candidatura dalle primarie, sino all'esito delle elezioni è stata gestita, sia sul piano organizzativo sia su quello economico dalla struttura del Pd, con risorse a me del tutto sconosciute, tranne per quelle pervenute al mio mandatario, ed impegnate su indicazione della vostra segreteria. Come noto, peraltro – ha concluso l’ex sindaco – è in corso una indagine della magistratura, alla quale potreste rivolgervi».

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