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Pasqua Ebraica: la diaspora dei pochi ebrei vicentini

Di Citizen Writers Lunedi 14 Aprile 2014 alle 16:11 | 0 commenti

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Riceviamo da Paola Farina, vicentina di religione ebrea, e pubblichiamo.

Con la Pasqua ebraica si presenta a Vicenza il rituale dell’esodo nell’esodo… Gli ebrei vicentini sono pochissimi e la città non permette in alcun modo di poter vivere Pesach, per cui si raggiungono parenti, amici o la Comunità Ebraica. Pesach dura otto giorni, nel territorio vicentino inizia oggi 14 aprile alle ore 19:31 e finisce il 22 alle ore 20:55.

E’ la festa che rievoca l’esodo dall’Egitto, la miracolosa traversata del mar Rosso, la fine della schiavitù e la conquista di una sofferta libertà sotto la guida di Mosè e Aron. A memoria di questa liberazione per tutti gli otto giorni non si mangiano, ma nemmeno si tengono in casa, cibi lievitati. Ogni festa ebraica richiede un’accurata preparazione  che coinvolge soprattutto la donna, quella di Pesach necessita di un impegno ancora maggiore. La casa deve essere minuziosamente ripulita per eliminare ogni residuo di cibo non consentito, far bollire stoviglie e contenitori, cercare il pane anche negli angoli più nascosti, bruciare e vendere tutti gli alimenti che non sono conformi alle regole di Pesach. 

Dice il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Verona e Vicenza, Cesare Moscati “Pesach, la Pasqua Ebraica, è la prima delle tre grandi ricorrenze liete della tradizione ebraica. La festa commemora la liberazione dalla schiavitù d'Egitto, evento che diede origine alla vita indipendente del popolo d'Israele e che fu il primo passo verso la promulgazione della Torah. Inizia il 15 del mese ebraico di Nissàn, nella stagione nella quale, in terra d'Israele, maturano i primi cereali; segna quindi l'inizio del raccolto dei principali prodotti agricoli. E’ anche nota col nome Hag hamatzot, festa delle azzime, in ricordo del fatto che quando furono liberati dalla schiavitù gli Ebrei lasciarono l'Egitto tanto in fretta da non avere il tempo di far lievitare il pane. Per tutta la durata della ricorrenza è assolutamente vietato cibarsi di qualsiasi alimento lievitato o anche solo di possederlo. E’ scritto infatti nella Torà: "Toglierete di mezzo ogni tipo di cibo lievitato, poiché chiunque si ciberà di cibo lievitato, verrà recisa la sua anima da mezzo al popolo”. Si deve invece far uso di matzà, il pane azzimo, un pane non lievitato e scondito, che è anche un simbolo della durezza della schiavitù. La festa di Pesach, fra le feste del nostro popolo, ha sempre avuto un suo fascino particolare. Forse perché essa cade in primavera, e la primavera è la stagione a cui ogni essere umano anela di più per lasciarsi alle spalle il gelo e i suoi malanni invernali; forse perché noi ebrei abbiamo un rapporto con la libertà diverso da ogni altro essere umano. La Libertà è necessaria alla vita stessa, poiché attraverso il bene della libertà ognuno può esternare le proprie considerazioni, i propri pensieri e, soprattutto attraverso il proprio pensare, contribuisce all’arricchimento di esperienze necessarie a lui ed agli altri”.

Per tante persone come me, un po’ border line (religiosamente parlando), un po’ liberali Pesach va oltre al significato religioso, che rispetto nella sua totalità,  è un momento d’incontro, è l’espressione della continuità delle tradizioni, il rivedere amici e “meno amici” che al di fuori delle festività ebraiche non ho la possibilità di incontrare perché “diasporizzati”… E detto molto chiaramente è una gran fatica dalla quale non mi sottraggo mai e sono certa che proverei maggior sofferenza nel non rispettare la Pesach, anche se il suo rispetto comparta sacrifici e privazioni.

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