Palmiro Togliatti, un democratico alla... Stalin: la contro-opinione
Sabato 23 Agosto 2014 alle 11:22 | 0 commenti
Che la nota di Giorgio Langella su Palmiro Togliatti scatenasse una qualche reazione era abbastanza prevedibile. Ecco quella dell'altra nostra "firma libera" schierata, anche questa notoriamente, su posizioni oppose a quelle del segretario regionale del PdCI: Italo Francesco Baldo.
Palmiro Togliatti: un democratico...alla Stalin
Palmiero Togliatti, il Migliore era definito, colui che considerò, come tutti i comunisti la democrazia, come affermava Lenin, solo un passaggio per l'avvento del comunismo e non la vera condizione di una Stato (nella foto a sx Togliatti con gli altri membri del Komintern al VII Congresso nel 1935).
La storia gli ha dato torto e in modo preciso, perché gli stessi suoi eredi, non aspirano, tranne qualche piccola percentuale, ad affermare il regime totalitario che Lenin prima e Stalin poi avevano costruito in Russia. Proprio in URSS Togliatti trovò rifugio e non risulta che aiutasse il povero Antonio Gramsci. Nessuno se ne curò, rimase in Italia e di lui si occupò il Tribunale Speciale, come ben sappiamo. Una pagina su cui non si è mai fatta ben luce, ovvero su come mai il Segretario del Partito Comunista d'Italia non fu il primo ad essere consigliato di recarsi nel territorio sovietico per salvaguardarsi e dove già si trovavano la moglie e i figli. Togliatti visse all'ombra di Stalin e lo accettò in tutto e per tutto: la Siberia era lontana, più vicine le isole Soloveckie, note anche con il nome di Solovki, un arcipelago del Mar Bianco dove fu relegato prima di essere fucilato dai comunisti il filosofo e matematico Pavel Florenskijk. Non risulta poi, ad esempio, che vi siano posizioni contro le leggi razziali provenienti dall'URSS e dagli esuli, ma forse il regime sovietico stava già trattando con il nazionalsocialismo per occupare la Polonia. Non va dimenticato che lo scoppio della seconda guerra mondiale fu un accordo comunismo-nazionalsocialismo. Che disse Togliatti? Che fece Togliatti? Nulla. Accettò, perché gli conveniva ed opporsi a Stalin significava se non la Siberia almeno le isole
Arrivò in Italia quando il re Vittorio Emanale II con Badoglio si era illusoriamente sbarazzato di Mussolini e attuò la famosa svolta di Salerno. In realtà fu una scelta tattica e non strategica, come insegnava Lenin in Stato e rivoluzione, perché l'obiettivo per Togliatti rimase sempre e comunque il comunismo, Accettò pro tempore la democrazia in Italia con la Costituzione e si accattivò i cattolici, accettando il Concordato, consapevole che molti esponenti dello stesso partito della Democrazia Cristiana, Dossetti e pure il vicentino Rumor, guardavano con simpatia a sinistra. Togliatti scelse la lunga marcia attraverso le istituzioni per giungere al potere. Riuscì? Ah, sì, ma solo con D'Alema e ci risparmiamo i commenti che gli stessi epigoni del comunismo fanno nei suoi confronti.
Togliatti operò una scelta tattica, dicevamo, e ad essa si mantenne fedele. Ne è prova il collateralismo a Stalin e successori nelle insurrezioni polacca e ungherese, per le quali i democratici che si ribellarono al comunismo furono bollati da "teppisti", disse un noto esponente comunista di Napoli che mai ha chiesto almeno scusa per quelle sue frasi, anche quando portò una corona al monumento dei caduti della rivolta.
Non sappiamo come il Migliore avrebbe considerato la primavera di Praga e come avrebbe agito nei confronti degli esponenti de Il manifesto, ma certamente non avrebbe accettato gli scissionisti, perchè il partito doveva essere monolitico. Fu, a differenza di molti suoi seguaci e estimatori odierni, anche un vero politico, capace di impostazioni teoriche e di azioni conformi, come quella qui sotto riportata*, e reperibile sul web .
Come per Enrico Berlinguer esiste anche per Palmiro Togliatti una precisa agiografia e ad essa ci si richiama, dimenticando i lati oscuri. Forse sarebbe bene iniziare una critica storica e valutare alla luce di quello che ha prodotto l'idea seguita da Togliatti. Quest'idea non ha attualità , anche se sarebbe auspicabile che vi fossero politici e politiche con la capacità che al Migliore va comunque riconosciuta.
Italo Francesco Baldo
*Addenda
Stalin a Togliatti: colpire i cattolici
Nel 1949 il leader sovietico confidò al segretario del Pci: in Italia è la Chiesa la forza più pericolosa per noi.
Di Elena Aga-Rossi e Victor Zaslavsky
Nel dicembre 1949, durante le celebrazioni del settantesimo anniversario di Stalin, si radunarono a Mosca tutti i dirigenti dei paesi del blocco sovietico e del movimento comunista internazionale.
Stalin ebbe incontri personali con i più importanti tra loro, e tra questi il 26 dicembre ricevet¬te Togliatti.
Il verbale di questo incontro non si trova negli archivi di Mosca, perché esso si svolse in russo, e non richiedeva quindi la presenza di un traduttore, che ne avrebbe trascritto il verbale. Il contenuto dell'incontro ci è noto per la sintesi fattane da Togliatti, il cui testo si trova nelle carte di Togliatti, presso la fondazione dell'Istituto Gramsci. Il documento è stato ampiamente citato in un saggio del 1992 da Silvio Pons, che però in quel periodo non poteva essere certo dell'identità dell'interlocutore di Togliatti, indicato soltanto con la lettera S2.
L'importanza del documento è data dal fatto che questo fu il primo incontro tra Togliatti e Stalin dopo quello avvenuto prima della partenza di Togliatti da Mosca nel marzo 1944. I due leader discussero sia la situazione interna italiana che quella internazionale. Anche se i contenuti del colloquio sono riportati da Togliatti in modo sommario, e nonostante l'andamento altalenante del discorso che passa più volte dalla situazione interna del Pci e dell' Italia a quella internazionale, sono chiari i temi dominanti.
Nel caso italiano, la conversazione verte sulla questione dei rapporti di forza all'interno del paese e sulle prospettive di una partecipazione comunista al governo e di un'eventuale presa del potere.
Di fronte all'eterna alternativa tra un'azione insurrezionale e la crescita graduale del consenso popolare attraverso metodi legali, è Togliatti a porre la domanda cruciale: «Si può forzare?», per mostrare la sua disponibilità di fronte alla costante pressione dell'ala estremista del partito rappresentata da Secchia; ed è Stalin a indicare, invece, l'obiettivo di un «governo borghese con partecipazione comunista» come «primo passo», e aggiunge: «Un vero governo democratico si può avere solo con azione extraparlamentare - oggi non realizzabile ».
Entrambi sono concordi nella strategia di puntare sulla parola d'ordine di un ««governo di unità nazionale», cioè di tornare alla situazione esistente prima dell'estromissione delle sinistre dal governo nel 1947.
Secondo Stalin, la forza politica più pericolosa per i comunisti è la Chiesa cattolica, e per colpire questo temibile «avversario» suggerisce di «non attaccare» direttamente la religione, ma le sue organizzazioni.
Il tono ottimista dell'incontro si spiega con il cambiamento della «correlazione delle forze» a favore del blocco sovietico, avvenuto proprio nei mesi precedenti con l' acquisizione della bomba atomica da parte dell'Urss e la vittoria comunista in Cina.
Il secondo documento rappresenta una parte del telegramma del ministro degli Esteri sovietico Andrei Vyshinsky all'ambasciatore sovietico in Italia Mikhail Kostylev che contiene la lettera del Politburo a Togliatti del 21 giugno 1952. Il Politburo, in seguito alla richiesta di Nenni di essere ricevuto da Stalin, chiede a Togliatti di chiarire le vere intenzioni del leader socialista. Da tempo Togliatti, con grande abilità , 'curava' i rapporti tra Mosca e il Psi: forniva dettagliate informazioni sulla situazione all'interno del Partito socialista, suggerendo come rafforzare la posizione di Nenni nella Direzione e consigliando come meglio sfruttare la nota 'vanità ' del leader socialista.
La decisione sovietica nel 1952 di insignire Nenni del premio Stalin fu discussa con Togliatti, ricevendo la sua piena approvazione.
Ogni autonoma mossa del leader socialista non concordata con Togliatti diventava nota a Mosca, provocando immediatamente sospetti. Così fu quando Nenni, nel marzo 1952, incontrò De Gasperi senza informare Togliatti sul contenuto dell'incontro. La successiva richiesta di Nenni di essere ricevuto da Stalin a Mosca dopo la cerimonia del conferimento del premio diede luogo alla decisione del Politburo di mandare, attraverso l'ambasciatore Kostylev, questa lettera a Togliatti per ricevere da lui chiarimenti su scopi e contenuti dell' incontro di Nenni con De Gasperi. Mosca indicò a Togliatti che qualsiasi apertura del Psi verso il governo sarebbe stata accettata da Mosca soltanto «a condizione che le basi americane sul territorio italiano vengano liquidate ». Il Politburo chiedeva a Togliatti di assicurare che Nenni avrebbe condiviso questa impostazione e non l'avrebbe rinnegata nel corso delle trattative con De Gasperi. Solo dopo le rassicurazioni di Togliatti a Nenni venne concesso l'incontro con Stalin. Nenni fu così l'ultimo politico occidentale ad incontrare il dittatore sovietico al Cremlino e ad avere con lui un lungo colloquio.
Il resoconto stenografico del colloquio non è stato ancora rinvenuto negli archivi di Mosca, ma Nenni nei suoi Diari ne ricostruì il contenuto. La visita del luglio si svolse in un'atmosfera di grande cordialità e di unità di vedute. «Un segno tangibile dell'apprezzamento di Stalin fu la decisione del Politburo del 29 luglio 1952 di concedere al Psi nuovi finanziamenti in aggiunta a quelli già stanziati per il 1952 ».
La lettera dal vertice sovietico a Togliatti getta luce sul rapporto tra Stalin, Togliatti e Nenni, confermando, tra l' altro, la diffidenza che la leadership del Cremlino continuava a nutrire verso il leader del Psi, malgrado tante dimostrazioni della sua affidabilità nel mantenere l'unità d'azione con il Pci e nel seguire la linea della politica estera staliniana.Â
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