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"Via Schio meno F" e Pannorica: le altre domande ai soci veri, a Sisa e alla Popolare di Vicenza

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Martedi 8 Luglio 2014 alle 00:29 | 0 commenti

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Come non dare una mano, molto modestamente, a Massimo Manduzio, il collega ben più esperto di noi responsabile delle pagine sportive de Il Giornale di Vicenza, finora usato, a nostro parere, come cassa di risonanza passiva delle favolose verità o favolose falsità, che d'ora in poi, per semplicità, chiameremo "favole", della cricca di dirigenti che a vario titolo (spesso ci si chiede quale) le propinano ai tifosi e ai giornalisti tifosi sulle cessioni improbabili (se mai volute) del fu glorioso Vicenza Calcio?

E' stato, infatti, il mite Manduzio a provare a riportare con orgoglio il suo giornale e i suoi collaboratori  a verificare le favole e a controllare le fonti di Via Schio, direbbero i tifosi grillini di "Via Schio meno F" (togliendo la F a Schifo...) e ne siamo felici ancora di più dopo il nostro corsivo anche se non osiamo pensare che la rabbia di Massimo sia scoppiata anche dopo il nostro titolo "Le bufale indecenti delle cessioni del Vicenza Calcio: Ballardin non ci sarebbe cascato") .

Gli abbiamo dato merito del suo lucido coraggio titolando ieri "Anche il GdV scopre le bugie di Cassingena & c. e Manduzio si arrabbia: "O ma.ma. ma.ma. ma.ma."..." e oggi Manduzio ci ha ripagato con un pezzo molto ben articolato e con delle domande ficcanti, che riportiamo di seguito*.

Oggi abbiamo provato nel poco tempo che ci è rimasto tra mille altre incombenze, quotidiane e di preparazione ad alcune nostre nuove iniziative editoriali, a rileggere le nostre inchieste di molto tempo fa: scrivete Pannorica srl o Danilo Preto o Sergio Cassingena, ad esempio, nel nostro "ricerca contenuti" in alto a dx sul nostro quotidiano web e ne troverete un bel po'.

Allora eravamo da soli a scrivere, rischiando, sugli intrecci e sulla catena di controllo, a dir poco anomala, del Vicenza Calcio, che fa capo (e faceva capo) a una finanziaria, la Finalfa, di cui è presidente Sergio Cassingena e che appartiene (e apparteneva) a sua volta per il 15% alla Fiduciaria Vicentina con sede in via degli Ontani a Vicenza, e per l'85% a Pannorica srl, una fiduciaria con soci reali ignori, come peraltro consentito, con sede in Via San Marco a Venezia e che ebbe gli onori delle cronache locali anche per il caso Ristocenter.

Il tutto sotto la regia all'epoca (ma i fatti attuali, cioè la trattativa di Preto e Segalla con l'avvocato Atzeni per conto di Antonio Rosati, fanno presupporre che nulla sua cambiato di fatto) del duo Preto-Cassingena, che mai sappiamo in quale ordine scrivere..., riunito nella scatola River srl, società che da Via Pizzolati si occupa storicamente, se non principalmente, della comunicazione e dei contratti di sponsorizzazione, talvolta discussi o discutibili, di Sisa.

Veniamo alle domande che porgiamo a Manduzio perchè le faccia sue e ne amplifichi l'eco, in attesa che noi stessi abbiamo un po' più di tempo per riordinare carte e idee, dopo che avevamo deciso di non sprecare più tempo per elaborare nuove idee sul vecchio e solito guazazbugio del Vicenza Calcio, e dopo non aver più cercato carte non molto dopo il sequestro delle quote di River srl in capo a Danilo Preto per un'indagine di mafia, indagine e sequestro di cui parlò proprio il GdV prima di noi e che lo affiancavano al clan palermitano dei Lo Piccolo. Indagine di cui non conosciamo, per ora, l'eventuale conclusione ma che costrinse l'ex presidente del Vicenza Calcio a lasciare le sue cariche, in River e nel club, salvo una sua nebulosa sortita elettorale , strana doppiamente per un manager/imprenditore notoriamente schivo, per tentare nel 2013 la scalata al Senato in quel di Sardegna come capolista de La Destra di Storace.

Se non neghiamo che qualche brivido (di curiosità) ce l'ha fatto venire Manduzio quando scrive che «il nome di Rosati era finito nei faldoni di un'indagine della magistratura milanese sulle attività della 'ndrangheta in Lombardia...», le domande aggiuntive, le prime  che ci vengono in mente, sono:

1 - non solo Segalla è presidente del collegio sindacale del  Vicenza Calcio, e anche di quello di Finalfa, il cui presidente è Cassingena, ma Mariano Valente, nato a Bolzano Vicentino e con residenza e studio a Caldogno, in passato già amministratore di Finalfa e poi sindaco, è ora amministratore delegato di Finalfa e, udite udite, amministratore unico di River srl: perchè Cassingena fa il doppio gnorri sulla trattativa visto chei suoi uomini (a meno che lui non sia un uomo di altri, dicevamo) sono ovunque?

2 - perchè dopo Finalfa anche River ora fa capo (vedi la "torta in copertina, ndr), oltre che, ancora, a Fiduciaria Vicentina per l'8,33%, anche a soprattutto a Pannorica per l'83,33%  e alle signore Sgroi, Maria e Rosaria, entrambe di Palermo,  con questa poco rassicurante nota che si rifà presumibilmente alla faccenda Lo Piccolo: "con decreto di sequestro preventivo n. 90/09 r.m.p. del 19/06/2009 del tribunale civile e penale di Palermo sez. misure di prevenzione è stato disposto il sequestro della quota pari a 8,333% dell'intero capitale sociale per un valore nominale di 6.500 euro già intestata alla società Pannorica srl"?

3 - perchè, e questa, caro Massimo Manduzio, abbiamo la sensazione che sia la domanda chiave, perchè il Vicenza Calcio deve far capo a questa Pannorica con tutte queste premesse?

Vengano allo scoperto i soci, se sono veramente quelli che dicono Cassingena, Preto, Cunico e gli altri. Se lo dicono perchè non essere soci a tutti gli effetti e con chiarezza come avviene in tutti i club di un calcio italiano sia pur malato?

Vengano fuori e si intestino le quote alla luce del sole prima della nostra ultima, per ora, domanda: «perchè Sisa, di cui si parla di nuove sponsorizzazioni, e la Banca Popolare di Vicenza, che sarebbe pronta a fornire nuove garanzie, rimangono silenziose se non addirittura collaborative di fronte a una situazione a dir poco... omertosa? Non sarebbe il caso di imporre, prima, l'opzione trasparenza totale e poi aiutare la proprietà, attuale o futura, purchè chiara e nota a tutti, perchè i tifosi riprendano a sognare ancora in biancorosso e non in bianco e, soprattutto, nero?».

Basta, signori, col Vicenza dei silenzi che fa tristemente il pari con una Vicenza da sepolcri imbiancati!   

 

°LA SOCIETÀ. L'ultima trattativa svela le tante contraddizioni del club
Vicenza, in scena una commedia piena di equivoci
I contatti sviluppati con il rappresentante di Rosati lasciano una scia di interrogativi oltre le polemiche

Di Massimo Manduzio, da Il Giornale di Vicenza

Dalle parti di via Schio le estati sono sempre "calde" e quella di quest'anno non fa davvero eccezione
Di tanti pastrocchi che hanno costellato il tormentone di via Schio dopo l'annuncio della messa in vendita del Vicenza, di cui ormai s'è persa perfino l'origine tanta acqua è invano passata sotto i ponti, l'ultimo ha almeno il merito di aver scoperchiato la pentola. E parliamo naturalmente della trattativa condotta dall'avvocato Roberto Atzeni per conto dell'"innominato" Antonio Rosati, negata e poi emersa dal ginepraio di contraddizioni e silenzi che dipingono un quadro assai poco rassicurante della gestione societaria in via Schio. Dopo gli sbotti, le dichiarazioni, le repliche e i comunicati, vediamo di mettere un po' d'ordine, magari ragionando, in una vicenda che comunque la si guardi appare nel suo complesso assai poco edificante e, al contrario, sconsolante.

LA MICCIA. L'accende l'avvocato Gian Luigi Polato, vicepresidente del Vicenza Calcio e quindi consigliere d'amministrazione. Alla presentazione del nuovo direttore generale Andrea Gazzoli se ne esce con uno sfogo in cui, premettendo che la sua funzione è quella del rappresentante legale della società, dice che è stufo di sentirsi chiedere di "cordate e cordatine varie" e comunque che non ha sentito nulla a proposito di quella composta anche da imprenditori vicentini. Domanda: o l'avvocato Polato ritiene, per il suo ruolo in Cda, di "dover" sapere di eventuali cordate e quindi, non sapendone nulla, nega, oppure se ritiene che potrebbe anche non sapere dell'esistenza di una trattativa perché la delega a vendere il Vicenza, come lui stesso dice, è affidata ad altri, perché ne parla e non rinvia la risposta a chi di dovere?

IL FUOCO. Lo attizza l'avvocato Atzeni di Schio, che irrompe sulla scena biancorossa. Letto quanto dichiarato dal collega Polato e sentendosi apparentare a Mehmeti e Mbock per via di quel riferimento, sempre del vicepresidente biancorosso, allo spritz sotto la Basilica di un anno fa dei due mancati acquirenti, non ci sta a farsi confondere con personaggi che evidentemente assai poco stima e rivendica non solo l'esistenza ma anche la serietà della trattativa. Non fa nomi, né del suo cliente né delle persone con cui ha trattato o sta trattando, ma parla di interlocutori della proprietà del Vicenza e dimostra di poter provare ampiamente ciò che sostiene. Fa anche capire l'avvocato Atzeni che quel che gli preme anzitutto è che il Vicenza metta una pezza alle esternazioni del collega Polato, dicendo che sì una trattativa seria c'era o c'è, per il buon nome suo e del suo cliente. Domanda: come fa, secondo dirigenti e proprietari di via Schio, l'avvocato Atzeni ad essere in possesso di una documentazione dettagliatissima di tutti i conti del bilancio del Vicenza se non gliel'ha fornita qualcuno che è stato autorizzato a farlo in vista di una trattativa, visto che quei documenti non si danno certo al primo che passa per strada?

IL PRESIDENTE. Il presidente del Vicenza Calcio Tiziano Cunico, nonché unico delegato alla vendita del club oltre che tra i soci della proprietà, a botta calda dice di non conoscere e di non aver mai incontrato l'avvocato Atzeni e si domanda perché mai chi è interessato ad acquistare la società non si rivolga a chi ha titolo per trattare, cioè a lui e all'advisor Gallovich, del quale comunica il rinnovo dell'incarico che scadeva il 30 giugno. Quando poi viene a conoscenza dei particolari dell'intera vicenda, il presidente Cunico precisa, senza nascondere l'arrabbiatura, che chiederà spiegazioni a chi della proprietà è stato menzionato dall'avvocato Atzeni e sottolinea: «E spero che possano essere spiegazioni davvero esaurienti». Domanda: più che chiedersi perché i potenziali acquirenti si rivolgano ad altri, non dovrebbe il presidente Cunico domandarsi perché questi "altri" non gli hanno detto nulla? Infatti dice "A questo punto vorrei sapere anch'io". Ma non dovrebbe anche chiedersi se questi "altri" non lo stanno scavalcando nel ruolo, di fatto svuotandolo di significato?

IL COMUNICATO. È quello che Sergio Cassingena, in qualità di presidente di Finalfa, la società che controlla la maggioranza azionaria del Vicenza Calcio, firma quattro giorni dopo il deflagrare della vicenda, rompendo un lungo silenzio. Dice Sergio Cassingena di non aver mai incontrato l'avvocato Atzeni, ribadisce chi sono i soggetti "abilitati" a vendere la società e tuttavia aggiunge anche che "eventuali altri contatti, seppur dettati da buona fede e dal principio della costruzione di una trattativa concreta, possono solamente essere definiti sondaggi utili per la conoscenza dello stato dell'arte" in funzione di una proposta formale e di un accordo che solo chi ha la delega è autorizzato a raggiungere e firmare. Domanda: ma se gli "eventuali contatti ecc. ecc." si spingono così in là da ipotizzare una possibile soluzione tra le parti, ciò non significa in realtà trattare al posto di chi sarebbe delegato a farlo e nulla ne sa?

I SONDAGGI. Sentir definire "sondaggi utili ecc. ecc." la sua trattativa fa rompere gli argini all'avvocato Atzeni, il quale rivela ai giornalisti che Sergio Cassingena era a conoscenza della trattativa perché di ciò lo ha informato Danilo Preto, incontrato nella sede della River insieme ad Antonio Segalla. Dice altresì l'avvocato Atzeni di aver ricevuto da quest'ultimo (che è presidente del collegio sindacale del Vicenza Calcio e in quanto tale pure lui membro del Cda) la dettagliata documentazione sui conti del bilancio e di aver sviluppato, anche via email e in una serie di successivi contatti, una trattativa con Preto, entrando in concreto in tutti i punti del possibile accordo: il monte debitorio, la rateizzazione dei versamenti all'erario, il monte stipendi di giocatori e dipendenti, il centro di Isola, la sponsorizzazione Sisa e via discorrendo. Domanda: il dottor Segalla è autorizzato a valutare da solo se e a chi fornire una documentazione così delicata? Domanda 2: perché Danilo Preto (anche lui, come l'avvocato Polato, tra gli ex presidenti del Vicenza) non avendo più alcun ruolo né nel Vicenza né in Finalfa e neppure in River, avvicinato dall'avvocato Atzeni non gli dice che non ha titolo per trattare, ma anzi entra nel merito dei vari argomenti? Domanda 3: Sergio Cassingena non ha mai incontrato di persona l'avvocato Atzeni e in ciò il suo comunicato-Finalfa dice il vero, ma sapere la sostanza delle cose, circostanza che non smentisce perché non può farlo, non lo rendeva comunque partecipe della trattativa in atto? L'"INNOMINATO". È Antonio Rosati, che in tutta la vicenda figura come una sorta di convitato di pietra: tutti sanno che è lui il cliente dell'avvocato Atzeni ma nessuno lo nomina. Chi è Rosati? Un imprenditore che è stato per diversi anni proprietario e presidente del Varese, prima di lasciare il club lombardo e andare a fare il vicepresidente esecutivo al Genoa di Preziosi per un breve periodo, prima di essere citato tra i possibili acquirenti del Livorno e prima di provare ad aggiudicarsi all'asta il Bari. Giusto per dovere di cronaca: l'attuale presidente del Varese, l'ex socio che ha rilevato le quote del club da Rosati quando quest'ultimo ha preso la via del Genoa, in una pubblica conferenza stampa ha rivelato pochi giorni fa di aver ereditato, a sua insaputa, un debito di 9 milioni e 500 mila euro dalla gestione di Rosati e riferendosi all'ex socio ha detto: «Avevo un rapporto fiduciario con lui, il rapporto di amicizia s'è rotto». Sempre per la cronaca, s'è rotto in fretta, nel dicembre dell'anno scorso, anche il rapporto con Preziosi al Genoa, da dove Rosati è uscito senza che si sia ben capito il ruolo che aveva svolto. E da ultimo, sempre per la cronaca, all'asta per l'aggiudicazione del Bari, fallito in tribunale, Rosati s'è fermato ad un'offerta da 2 milioni di euro per il club pugliese, che è stato invece rilevato dal gruppo di Paparesta. ROSATI. Il cosidetto "innominato", sia detto col sorriso, in realtà a Vicenza s'era già palesato con nome e cognome nel novembre scorso, quando l'amico Massimo Masolo, ex presidente in via Schio, l'aveva introdotto in società, sempre per dare una mano, pure lui, a venderla. Non se ne fece nulla però: dopo più di un contatto, tutto finì sul binario morto del silenzio. Fino a quando, pochi giorni fa, il nome di Rosati non è rispuntato, fra l'altro dopo che, nel marzo di quest'anno e sempre per la cronaca, il nome di Rosati era finito nei faldoni di un'indagine della magistratura milanese sulle attività della 'ndrangheta in Lombardia e l'ex presidente del Varese figurava, secondo gli inquirenti, coinvolto in complessi rapporti finanziari con una persona arrestata nell'ambito della stessa inchiesta. Rosati dichiarò però all'autorità inquirente di non aver mai avuto a che fare ad alcun titolo con persone legate alla criminalità organizzata. Domanda: perché Rosati, per il tramite dell'avvocato Atzeni, questa volta si rivolge ad "altri" (cioè a Preto) e non a Cunico e soprattutto a Gallovich come aveva fatto in novembre, pur sapendo che sempre lui era l'advisor e che, almeno stando alle dichiarazioni formali, di lì bisogna (?) passare per acquistare il Vicenza? Domanda 2: ora che, dopo aver pensato di poter forse concludere l'operazione impostando l'accordo con Preto (e con Cassingena informato dei fatti), il Vicenza è tornato sui suoi passi ricordando chi è delegato a vendere, Rosati, per il tramite dell'avvocato Atzeni, andrà da Gallovich, mettendo così all'angolo interlocutori rivelatisi inaffidabili ai suoi occhi? Insisterà a voler comprare mettendo a disposizione le risorse o chiuderà la porta sbattendola per il comportamento del club di via Schio? Difficile a questo punto del tormentone tirare le somme. Di certo i fatti dicono che gestire una società in questo modo, da parte di proprietari e dirigenti del Vicenza, con la mano destra che non sa cosa fa la sinistra, con rapporti interni chiari solo nella forma ma non certo nella sostanza, con personalismi inutili e dannosi e troppi silenzi, non condurrà mai a nulla di buono per il Vicenza. Senza peraltro tacere che trovare un acquirente è tutt'altro che semplice, a meno di non sperare in una soluzione come a Pavia, dove il club è stato ceduto dalla famiglia Zanchi all'Agenzia per l'Italia, società controllata dal fondo di investimenti cinese Pingj Shangai. Vedessi mai...


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