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L'autonomia paga anche in termini culturali: una lezione per i "mussi" veneti

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 4 Agosto 2013 alle 18:53 | 0 commenti

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Roberto Ciambetti, assessore al bilancio regione Veneto - Chi va in vacanza nell’Altopiano dei Sette Comuni  e ha visitato sia l’Archeopercorso del Bostel sia il museo di Rotzo non dovrebbe mancare la bella mostra “Venetkens – Viaggio nella terra dei veneti antichi” a Padova. A quella mostra, che prende il nome dall’ etnonimo della stele di Isola Vicentina,  hanno contribuito con il Museo di Rotzo anche studiosi  di prestigio legati al Bostel, da Armando De Guio, archeologo di chiara fama ad Alberto Broglio, paleontologo insigne.

Il Bostel e il suo piccolo ma entusiasmante museo hanno non pochi problemi oggi: non è facile gestire in periferia una realtà  che racconta una storia che non trova spazio nei libri di scuola, l’epopea dei veneti antichi storia affascinante come appunto il visitatore del Bostel o della mostra patavina possono confermare. Venetkens, capaci di dialogare con gli Etruschi e con i popoli caucasici, tra i protagonisti della guerra di Troia guidati, stando ad Omero,  dal “cuore forte di Pilemene dalla terra degli Eneti dove nasce la razza delle mule selvagge”.

Storia straordinaria e vien da riflettere pensando alle cure – e mai come in questo caso l’aggettivo amorevoli è più che calzante -  con cui il direttore Carlo Bressan cerca di salvare il Bostel in cui, tra i primi in Italia, si combinò ricerca con didattica e diffusione culturale autentica.

Proiettiamo le  difficoltà del Bostel  con la recente inaugurazione del Museo delle scienze di Trento firmato da Renzo Piano, costato 70 milioni di € e per la quale si stima un costo di gestione annuo tra gli 8 o i 10 milioni di €.   Si tratta di investimenti ambiziosi anche per una Provincia autonoma che alla voce Cultura impegna 45 milioni di €,  diminuiti di 8 milioni e mezzo rispetto al 2012.  I tagli colpiranno anche il Mart di Rovereto il quale  potrà spendere sempre meno,  passando da 13.419.431 euro a 11.885.218€ nel 2014.

Per capire il dato trentino basti pensare che per la Cultura il bilancio  veneto arriva a 17,4 milioni, cioè circa il 38,6 per cento di quanto non preveda la Provincia autonoma di Trento: lo scarto è evidente nei valori assoluti, ma ancor più nel rapporto con la popolazione, visto che nella Provincia di Trento risiedono 531 mila abitanti mentre il Veneto ne conta attorno ai 4 milioni e 900 mila.  Ancor più alta la sproporzione se consideriamo il dato trentino con il Decreto valore Cultura varato venerdì scorso dal governo Letta che prevede per il completamento del progetto Nuovi Uffizi 8 milioni di euro o  per la realizzazione della sede del Museo della Shoah di Ferrara 4 milioni di euro.

Gli investimenti e le scelte culturali di Trento sono possibili grazie all’autonomia di cui gode quella terra e bisogna anche aggiungere che la provincia autonoma cura e segue bene, talvolta molto bene,  anche settori e investimenti altrove gestiti spesso male, talvolta molto male, dallo stato.

Certo, non mancano voci critiche tra i trentini che temono il sovradimensionamento di musei come il Muse di Trento o il Mart di Rovereto: meglio queste discussioni, e il conseguente  controllo dell’opinione pubblica sulla gestione di questi spazi,  che le polemiche sull’area archeologica di Pompei  o sul museo di Reggio Calabria chiuso con i  Bronzi di Riace distesi nella sede del Consiglio regionale della Calabria.  

Guardiamo a Trento non con invidia ma per riflettere sul valore aggiunto dell’autonomia, sulle sue possibilità,  e sulla necessità di investire in cultura anche in anni di crisi e non per fare della cultura un volano dell’economia turistica ma perché la cultura vale in sé: il Bostel  vale per quello che narra, non per i turisti che richiama.

Diciamolo da eredi degli antichi Veneti, della terra delle “mule selvagge” dove, forse non a caso, è discesa una stirpe di “mussi”, instancabili lavoratori che devono credere di più nella loro cultura.


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