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25 aprile, l'appassionante storia di Resistenza della vicentina Armida Gobbi

Di Edoardo Andrein Giovedi 24 Aprile 2014 alle 21:22 | 0 commenti

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Sono tante le storie sul 25 aprile, tra film, libri, spettacoli teatrali e racconti delle persone che l’hanno vissuto in prima persona: versioni diverse, a seconda della propria appartenenza politica, fonti di contrasto e diverbi anche a distanza di decenni. In ogni caso, però, i racconti dei testimoni dell'epoca, oggi divenuti anziani, coinvolgono, appassionano e non possono che generare un senso di gratitudine nelle nuove generazioni per la fortuna nel vivere in un'Europa di pace. Di seguito pubblichiamo il racconto Armida Gobbi, la quale oggi 25 aprile 2014 sarà all'Arena di Verona per un'iniziativa a favore della pace, e qui ricorda emozionata il suo 25 aprile del 1945 da “staffetta partigiana”.

Mi chiamo Armida Gobbi, ma molti mi conoscono come la mamma di don Maurizio, il parroco di Vigardolo. Sono nata a Pojana Maggiore, nel basso vicentino, nel 1929. La mia era una famiglia contadina che lavorava i campi di sua proprietà, coltivando mais e soprattutto tabacco, al punto che Pojana Maggiore divenne, poi, sede di una Manifattura dei Tabacchi Italiani. Della guerra ricordo soprattutto la paura dei bombardamenti, di cui rimase vittima anche una mia conoscente, di soli vent’anni. Il tramite con la resistenza fu mio fratello Dino, che l’otto settembre del 1943 svolgeva il servizio militare a Pescara e come tanti altri, dopo la fuga del Re e lo scioglimento dell’esercito, scappò a casa per non essere catturato dai tedeschi e mandato in Germania. Fu una lunga marcia, fatta tutta a piedi!

Quando, dopo la costituzione della Repubblica Sociale, cominciarono a richiamare tutti i giovani per formare reparti che combattessero la guerra al fianco dei tedeschi, mio fratello, d’accordo con i suoi amici, decise di non presentarsi e di nascondersi. Era una scelta pericolosa perché si rischiava la fucilazione. Avevamo scavato un tunnel sotto il vigneto, dove a volte il fratello Dino dormiva, oppure girava per le case (le boarie) dei contadini disposti ad ospitarlo per qualche giorno. I fascisti vennero più volte a cercare lui e i suoi amici e lo stesso Podestà di Pojana Maggiore chiese sue notizie. Gli fu risposto che era in zona lago di Garda a lavorare. Per rendere più credibile la storia facemmo scrivere da conoscenti che abitavano vicini al Garda che Dino era presso di loro. Intanto ad opera di Giordano Merlin si era costituito anche a Pojana Maggiore un nucleo di partigiani, con poche armi ma molto entusiasmo. La resistenza in pianura era molto difficile per la mancanza di boschi e per il controllo capillare del territorio ad opera di tedeschi e fascisti. Qualche squadra della brigata garibaldina “Garemi” era scesa nel basso vicentino per sostenere i partigiani locali. Grazie al loro aiuto si formarono diverse pattuglie di partigiani (diventate poi parte della brigata “Martiri di Grancona”) il cui capo era Merlin e di cui mio fratello divenne il Commissario politico. Io che ero una ragazzina facevo da staffetta per tenere i collegamenti. Giravo in bicicletta portando i messaggi scritti che infilavo sotto la blusa. Varie volte venni fermata ma andò sempre tutto bene.

A seguito delle azioni partigiane (sabotaggi a ponti e strade, disarmo di tedeschi e fascisti, scontri a fuoco) i tedeschi fecero rastrellamenti e rappresaglie. Il 15 ottobre del ’44 fucilarono a Pojana Maggiore sei giovani partigiani e il contadino che li aveva ospitati.

I giorni della liberazione furono drammatici. I tedeschi avevano immagazzinato a Pojana Maggiore e dintorni un enorme deposito di bombe, granate e munizioni, sistemandoli nella fattorie ma anche lungo le strade del paese. Anche nella nostra fattoria vi erano cumuli di bombe sotto il porticato. La paura era che i tedeschi ritirandosi facessero saltare tutto per aria, distruggendo l’intero paese. Grazie all’azione dei partigiani solo un piccolo deposito fu fatto saltare dai tedeschi, tutti gli altri furono resi inoffensivi.

Il 26 aprile un gruppo di partigiani capitanati da Merlin e da Dino occupò il Municipio, disarmò i fascisti e arrestò il podestà. Sembrava finita, ma il giorno dopo una colonna di SS arrivò in paese e lo occupò. Trovarono in Municipio le armi sequestrate e arrestarono sei persone (tra cui il parroco ed il medico del paese) minacciando di fucilarli. Grazie all’intervento di una donna del paese di origine tedesca e all’assicurazione che non sarebbero stati attaccati dai partigiani, alla fine rilasciarono gli ostaggi e se ne fuggirono verso nord. L’ultimo scontro avvenne il mattino del 28 aprile e vi perse la vita il partigiano Felice Faedo. Nel pomeriggio gli americani arrivarono a  Pojana Maggiore e la trovarono già liberata, con il tricolore che sventolava sul Municipio.

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