La fuga verso la sopravvivenza
Domenica 7 Aprile 2013 alle 15:09 | 0 commenti
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Di Marina Grulovic per la rubrica autogestita "StranIeri, italiani oggi"
E' iniziata lentamente, inaspettatamente, come le nuvole nere che porta il vento e che poi si fermano sopra la terra pronte a scoppiare in una scrosciante pioggia. La crisi economica: quanto brutto suona questa parola, basta sentirla e ti vengono i brividi (bella foto Letture dal Mondo- Letteratura Bengalese e della Costa d'Avorio, progetto del Comune di Vicenza con l'Unione Immigrati).
 Sei consapevole, quando inizia, poi si allarga come una macchia d'olio e si fa fatica ad asciugarla. Colpisce le anime e i corpi, i nostri sogni e i nostri desideri, e il cammino verso il futuro diventa instabile. Si cerca sempre di affrontarla con il coraggio ma spesso la realtà ci fa inciampare e allora ci si ferma e si osserva.
L'anno scorso, nel periodo di primavera, viene da me (faccio al mediatrice culturale) un amico serbo, muratore, in Italia da tanto tempo, con i figli nati qua, ottimi voti a scuola, ormai cresciuti e abituati a condividere il bene e il male con i suoi coetanei era disperato. Il suo datore di lavoro gli doveva parecchi stipendi, il lavoro non c'era più e i debiti aumentavano. L'affitto, le bollette: «Dobbiamo andare via, i figli sono disperati. Ma non abbiamo altra soluzione», la sua disperata confessione.
Vicino a casa mia abitava una famiglia ghanese, il marito lavorava in fabbrica e manteneva la moglie e il figlio piccolo. Una famiglia tranquilla, ben inserita, i vicini di casa dove abitavano li stimavano tanto. Non li vedo da molto tempo, poi, scopro che sono andati via: la fabbrica era stata chiusa.
Un'altra mia amica è madre di due splendidi ragazzi, un esempio di buona educazione e cultura, il più grande si è laureato presso l'Università di Padova in medicina, ma è senza lavoro, senza possibilità di trovarlo. Le valigie sono già pronte, lascia la sua famiglia, la sua città , gli amici per tentare all'estero!
E quanti sono già andati via, quanti si preparano a fuggire da questo maledetto cancro chiamato crisi, infine. Non sono loro ad averla voluta, non sono loro ad averla provocata. Sono sempre quelli che vogliono vivere e lavorare onestamente, senza cadere nella tentazione della delinquenza e della criminalità , a dover fuggire verso la sopravvivenza. A volte mi avvolge un velo di profonda tristezza. Cerco di immedesimarmi in chi conosco e in chi per me è un nuovo incontro e sento sempre quanto deve essere doloroso costruire quella torre che si chiama vita e che poi arriva la bufera e te la spezza! E purtroppo, la "fuga degli innocenti" continua, come un fiume che, quando si avvicina alla sua foce, è sempre più veloce. Alcuni tornano nel paese d'origine, alcuni vanno in un altro paese straniero. Ed alcuni, quelli che hanno trovato tutte le porte chiuse, in cielo verso il Signore. Â
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