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I vicentini padroni degli ospedali: "vinci solo se passi per Gemmo, Sartori e gli uomini di Palladio"

Di Redazione VicenzaPiù Mercoledi 18 Giugno 2014 alle 22:30 | 0 commenti

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da VeneziePost di Alessio Antonini - Giancarlo Galan l’ha voluta come sua vice a palazzo Balbi (1990-1995), l’ha fatta nominare presidente del consiglio regionale (1995-2000) e poi l’ha spedita a presidiare il Veneto da Bruxelles dove ha appena concluso il terzo mandato da europarlamentare (1999-2014). Per i magistrati lagunari che stanno passando al setaccio la rete politica regionale che ruotava attorno ai finanziamenti del Mose, però, la carriera politica di Amalia Sartori, più nota come Lia, non sarebbe priva di macchie.

Nelle trascrizioni degli interrogatori dell’ex presidente di Mantovani Piergiorgio Baita, il grande accusatore che in cambio di un patteggiamento a un anno e dieci mesi ha descritto i meccanismi che guidavano i cosiddetti padroni del Veneto, Sartori appare come il dominus della Sanità regionale capace di controllare ogni singolo mattone di ogni singolo ospedale. Secondo Baita, l’esercito dell’europarlamentare vicentina era composto dai direttori sanitari delle Usl che - tutti direttamente nominati da lei - a loro volta controllavano gli appalti di loro competenza eseguendo gli ordini che arrivavano dalla città del Palladio. Non solo. «Per entrare nelle operazioni sanitarie o si passa attraverso la Gemmo o non si entra - spiega Baita ai magistrati -. Questo lo posso certificare perché con la Gemmo abbiamo avuto l’aggiudicazione degli ospedali di Mestre e di Thiene, quando non avevamo la Gemmo abbiamo perso anche i project di cui eravamo proponenti unici: la pranoterapia di Mestre, l’ospedale di Este e Monselice, l’ospedale di Treviso e quello di Verona». Gli accordi con Gemmo sarebbero stati di volta in volta diversi proprio per non destare sospetti. Ma a un certo punto, il sistema controllato da Sartori e dai direttori sanitari vicini a Galan era talmente rodato e spudorato che non c’era nemmeno più bisogno di essere prudenti. «Per il project dell’ospedale dell’Angelo (Mestre) l’accordo era di affidare alla Gemmo la gestione esclusiva di alcuni servizi informatici a condizioni talmente fuori mercato che lo stesso direttore (Antonio) Padoan era in imbarazzo a tenere a freno i funzionari che riscontravano un’anomalia tra il costo del servizio e il normale prezzo di mercato», continua Baita. Le pressioni esercitate dall’europarlamentare vicentina erano però tali che anche di fronte alle proteste di Mantovani e di Astaldi per i servizi fuori mercato esercitati da Gemmo all’ospedale dell’Angelo non ci sono stati ripensamenti. «Quando ho parlato con Antonio Padoan dell’incarico affidato alla Gemmo, lui mi ha detto di non rompere le scatole - aggiunge Baita -. E nel caso della pranoterapia di Mestre, quando ci siamo incontrati direttamente con Lia Sartori e Padoan in un motel di Vicenza, è stata lei a dirmi che dovevo togliermi di mezzo perché il lavoro doveva prenderlo la Gemmo». «Si tratta di illazioni, ipotesi e racconti privi di riscontri da parte di soggetti che hanno definito le proprie posizioni mediante patteggiamento e che oltretutto riguardano fatti risalenti nel tempo - rispondono dalla Gemmo -. Non possiamo accettare di dover quotidianamente ribattere a un intollerabile stillicidio di informazioni parziali, false e infondate che producono ingenti danni di difficile rimedio e confidiamo nelle verifiche della magistratura». Gemmo comunque non è l’unico soggetto tirato in ballo da Baita. Secondo l’ingegnere, il sistema vicentino che ruotava attorno a Lia Sartori non poteva prescindere dalla presenza di Palladio Finanziaria di Roberto Meneguzzo (arrestato per il ruolo in una presunta tangente a Marco Milianese, collaboratore dell’ex ministro Giulio Tremonti) alla quale «è stata affidata l’intermediazione finanziaria con Unicredit per fare l’ospedale di Schio». A completare l’opera, questa volta secondo le dichiarazioni dell’ex segretaria di Galan, Claudia Minutillo, c’era lo studio Altieri di Thiene (fondato dall’ex compagno di Sartori). «Lo studio Altieri è ovunque», taglia corto Minutillo. E almeno fino a una certa data Minutillo potrebbe aver ragione. Le cose infatti sarebbero cambiate soltanto con l’arrivo a palazzo Balbi del nuovo governatore Luca Zaia. La presenza della Lega infatti avrebbe indebolito il sistema Sartori tanto che il patron del Consorzio Venezia Nuova giovanni Mazzacurati - che fino a quel momento non si sarebbe permesso di scavalcare Galan - decide di scavalcare la filiera politica per mettere le mani sul nuovo project financing da 1,7 miliardi di euro rappresentato dall’ospedale di Padova. L’obiettivo del «re del Mose» è trovare soldi freschi per perpetrare i meccanismi della rete lagunare oltre il 2015, anno in cui saranno terminati i finanziamenti delle dighe mobili e inizieranno le erogazioni per la struttura sanitaria patavina. E per essere più efficace Mazzacurati fa assumere da una società consorziata (il Coveco) l’ex direttore generale della sanità veneta Giancarlo Ruscitti con un ruolo da consulente (da 200 mila euro direttamente rimbalzati dal Consorzio). E là si apre una crepa: sempre secondo le deposizioni di Baita, Mazzacurati e Pio Savioli (Coveco) iniziano a creare una loro cordata (con Ruscitti) per contrastare il gruppo che faceva riferimento a Meneguzzo e non restare così fuori dalla spartizione della torta. Gli equilibri però ormai sono completamente diversi da quelli della giunta Galan e il controllo politico della sanità è passato nelle mani del sindaco di Verona Flavio Tosi attraverso il suo assessore in Regione Luca Coletto. Secondo lo stesso Ruscitti (intercettato durante l’indagine dagli uomini della Finanza) Tosi avrebbe posto una serie di veti sulle aziende che devono lavorare al nuovo ospedale. Prima avrebbe detto no a Mantovani, no a Gemmo e no a Carron, indicando invece Sacaim, Sodexo, Mazzi e Astaldi, e poi avrebbe fatto un passo indietro, tanto che Zaia e il neosindaco di Padova Massimo Bitonci hanno potuto fermare (temporaneamente) il progetto.

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