Halloween? No, grazie. Mejo la suca baruca
Mercoledi 30 Ottobre 2013 alle 21:10 | 0 commenti
 
				
		Riceviamo da Roberto Ciambetti, assessore regionale del Veneto e pubblichiamo - Non diversamente da altre feste profondamente radicate nelle culture antiche e intimamente connesse ai cicli vitali della natura anche Halloween ha subito una sorta di plagio, una trasformazione, quasi un depotenziamento se non censura della sua carica e forza, che l’ha mutata profondamente facendola diventare una sorta di carnevalata divertente per bambini o spunto per un neopaganesimo privo di stimoli e idee.
Ciò  che lascia perplessi di questa festa non è infatti l’antico rituale  legato probabilmente ai culti celtici pre-cristiani, così profondamente  radicati da spingere la Chiesa a spostare già nel IX secolo la festività  dei Santi da maggio al 1 novembre e a far seguire a questa anche il  giorno dedicato ai Defunti, quanto  la gazzarra di una mascherata  autunnale che sembra un inno alla religione consumista esportata e  imposta dagli Usa.
Halloween è, in questo senso, uno dei riflessi di  quel processo di omogeneizzazione di gusti e pensieri, stili di vita e  abitudini che sembra segnare la globalizzazione o, meglio,  la  macdonaldizzazione del mondo, con maggiore o minore intensità a  seconda dei luoghi. In Italia la macdonaldizzazione, e la trasformazione  antropologica del cittadino in mero consumatore, non è di certo fatto  degli ultimi decenni. 
E a proposito di questo consumismo, già  Pasolini aveva colto nel segno notando come l’impianto centralistico  dello stato fosse funzionale ad un progetto di sviluppo estraneo alla  nostra storia e tradizione; il centralismo statale, secondo Pasolini,  “ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente  differenziato e ricco di culture originali. Ha imposto cioè... i suoi  modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la  quale non si accontenta più di un ‘uomo che consuma’, ma pretende che  non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un  edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e  ciecamente estraneo alle scienze umaneâ€. 
Rifiutare la carnevalata di  Halloween? Yes, we can e lo possiamo fare mantenendo lo spirito della  festa di Ognissanti e dunque l’anima originale della tradizione  celtica.  
Rovesciamo il tavolo del gioco, riappropriarci della  festa  senza dover rendere nulla alle stravaganze statunitensi.  E non  sarebbe la prima volta che noi veneti ci appropriamo di qualcosa che  arriva dall’altra parte dell’Oceano per creare qualcosa di originale, di  nostro: la Mosa, ad esempio, crema di zucca cotta nel latte e addensata  con farina di mais, è  fatta partendo da prodotti del Nuovo Mondo che  la nostra tradizione ha saputo rileggere e reinterpretare.
Possiamo  ripartire, coniugando l’alta cultura con quella popolare, da “Zucca  barucca, barucca calda†con cui Canocchia cerca di attirare gli  avventori nel  primo atto delle  “Baruffe chiozzotte “ di Carlo Goldoni  in cui sarà proprio la fetta di zucca barucca calda  offerta da  Toffolo,  Marmottina,  a Lucietta, promessa sposa a  Titta-Nane, innescare incomprensioni e litigi.
La Suca barucca è  prodotto per eccellenza di Ciosa, Chioggia, come della Saccisica, Piove  di Sacco, dove si celebra la Suca col mocolò impissà. 
Insomma,  motivi per festeggiare Ognissanti e l’inizio della fase finale del  contratto agricolo che da noi scadeva a san Martino, ce ne sono e non  sono pochi senza dover pagare lo scotto all’omogeneizzazione culturale e  alla macdonaldizzazione.
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