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Ellero VS Zanettin: «Le proteste del Pdl? Fondate sul nulla»

Di Marco Milioni Lunedi 5 Agosto 2013 alle 16:40 | 0 commenti

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Non sono passate che poche ore dalla manifestazione di ieri sera in via del Plebiscito a Roma ed i toni del Pdl si sono fatti subito più soft. Quasi come se il senatore azzurro Silvio Berlusconi (in foto) in persona sia intervenuto in tal senso. «Al momento è l'unica cosa che gli conviene» fa sapere il professor Renato Ellero che da docente di diritto penale però spiega che prima e dopo l'evento di ieri «si sono dette troppe castronerie in merito all'intera vicenda».

Più in generale e per per semplificare si può tranquillamente dire che durante il sit-in romano, almeno stando ad Ellero, si siano elevate proteste «costruite su basi giuridicamente risibili».

Professore a che cosa si riferisce?
«Ribadisco per l'ennesima volta che colui il quale sostiene che l'ex premier Berlusconi sia stato condannato nell'ambito di un processo in cui si sono fronteggiate due opinioni, entrambi legittime o una legittima e l'altra no dice una scemenza. E non è che andando in piazza una scemenza diventi verità. Berlusconi è stato condannato sulla base di fatti e di condotte accertati a lui riconducibili».

Da un paio di giorni però si dibatte sulla cosiddetta sanzione accessoria. In molti nel Pdl ritengono che la necessità della interdizione dai pubblici uffici sia ancora tutta da dimostrare. Lei che dice?
«Siamo alla idiozia giuridica. E poi molti, troppi politici, sono noti per sostenere una cosa e pochi giorni appresso il suo contrario. Ad ogni modo lei fa bene a usare l'espressione cosiddetta. In primis perché caso mai si parla di pena accessoria. Ma poi nel caso di specie la interdizione è semplicemente una disposizione conseguente alla condanna a tutela della onorabilità di un organo dello Stato. Ovvero una disposizione circa lo status del parlamentare che per essere tale non deve avere a carico condanne definitive di quel tipo. Ma non siamo di fronte ad una pena o sanzione; si tratta solo della conseguenza automatica susseguente alla condanna».

Sì ma anche alcuni docenti universitari, come fa Paolo Armaroli sul Corsera di oggi, un professore che insegna diritto pubblico a Genova, sostengono che la cosiddetta sanzione accessoria non vada applicata perché i fatti sono antecedenti e che in ambito penale vige sempre il principio gergalmente chiamato della non retroattività della punizione o della sanzione. Concorda?
«No, ma rido. E meno male che Armaroli insegna all'università. Quest'ultimo, che è un collaboratore de Il Giornale se non erro, e questo spiega tante cose, anzitutto dovrebbe sapere che la cosiddetta sanzione accessoria relativa alla interdizione non è una norma di essenza penale, ma è più afferente al diritto parlamentare. Ovvero si tratta di una disposizione che il parlamento ha introdotto a tutela di sé medesimo. Ribadisco però che l'espressione sanzione accessoria è assai impropria. Diciamo che così la può percepire il condannato. E sempre parlando per metafore si può dire che è come se fosse una norma di decoro urbano applicata alla onorabilità del parlamento; la quale norma in soldoni dice che se un giudice ti condanna oggi con sentenza definitiva superiore a tot anni tu per tot anni, e da oggi, non puoi ricoprire incarichi pubblici e se li ricopri decadi. Punto. Se un tizio si costruisce un muro di cinta a protezione di casa sua e se Caio a folle velocità a quel muro ci va a sbattere, non si può dire che il muro sia la sanzione per lo schianto o per la guida forsennata o che è stato concepito contro quel guidatore o contro più conducenti. E ancora, la questione della retroattività è un'altra parrocchia. Qui si tira in campo, in maniera errata evidentemente, una interpretazione dell'articolo 25 della Costituzione il quale stabilisce, tra le altre, che nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Invece l'interdizione è un aspetto normativo-procedurale che attiene ai due rami del parlamento; un po' come il codice di comportamento di uno che accetta di entrare in un club. Se fai delle cose che il regolamento descrive come disdicevoli sei fuori. Berlusconi è stato condannato perché la frode fiscale era reato all'epoca dei fatti e lo è tuttora. Poi se qualcuno pensa di abrogare il reato di frode fiscale per rendere psicologicamente meno pesante la condizione di Berlusconi mi sta bene. Allora aboliamo di botto tutto il codice penale e passiamo alla giustizia fai da te. Ma la casta avrebbe di che tremare a quel punto. Purtroppo per i signori della casta la legge va bene per gli altri, ma quando li tocca allora è giustizialismo. Ecco, questo è uno dei motivi per cui in passato mi sono definito un giustizialista».

A Roma però i supporter di Berlusconi hanno parlato di accanimento giudiziario. Lei ha letto sui giornali questi commenti?
«Guardi io non perdo tempo con le sciocchezze. Sfido chiunque, carte alla mano, a discutere davanti ad una piazza o in tv. Vediamo chi si presenta. E non parliamo poi della manifestazione. Sui media si parla di presupposti mancanti. Qui a Vicenza i No Base si sono, mi si scusi il termine poco dotto, cuccati un processo per il sit-in in prefettura. Due pesi due misure?».

A che presupposti fa riferimento?
«Chiariamo due cosucce. In Italia le manifestazioni non si autorizzano. Va solo data una formale comunicazione in questura, la quale solo in via eccezionale e per comprovati motivi può vietare la stessa. Chi parla di manifestazioni da autorizzare o non conosce la legge o ragiona da fascista. Diversa invece è la questione dell'utilizzo dei pubblici spazi. In questo caso occorrono naturalmente dei permessi che rilascia l'amministrazione comunale. In comune a Roma, almeno così si legge sui media, di richieste non ce n'è stata nemmeno l'ombra. Quindi la stessa amministrazione correttamente ha fatto sapere che eleverà qualche multa. Non è che la legge cambi a seconda di chi organizza i cortei. E poi sarei comunque curioso di sapere dalla questura capitolina se la comunicazione sia o meno stata inviata. Perché proprio alla questura di Roma dopo il caso kazako ci sarebbe da aprire un po' di cassetti».
Il senatore berico Pierantonio Zanettin, del Pdl, ha dichiarato alla stampa locale che quando ha ascoltato quella sentenza di condanna a carico del capo del suo partito, il suo senso di giustizia si è ribellato. Conosceva questa presa di posizione?
«No, purtroppo lo apprendo da lei. Che cosa vuole che dica? Poiché evidentemente Zanettin ha un senso della giustizia nullo ne viene che la sua è una ribellione sul nulla».


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