"Dal fragor del Chiampo al cheto Astichello", il saggio di Giacomo Zanella alla XIII edizione del "suo" premio. La voce del Sileno anno 3
Sabato 12 Maggio 2018 alle 09:45 | 0 commenti
In occasione della cerimonia di premiazione della XIII edizione del Premio Nazionale “Giacomo Zanella†viene presentato il saggio: Dal fragor del Chiampo al cheto Astichello, Vicenza, Editrice Veneta, che raccoglie le composizioni che il poeta vicentino dedicò al fiume e quelle che in suo onore altri poeti gli hanno dedicato. Si può dire: Tu, Astichello, a fronte del Rio delle Amazzoni, del Nilo, del Fiume Azzurro, del Mississippi, del Gange, del Brahmaputra, del Niger, del Don, del Reno, del Danubio, del Volga e perfino del Po, dell’Adige e del tanto cantato Tevere, non sei il più piccolo tra i fiumi, perché da te sgorgò quella poesia che di sé informò e informa anche oggi il genuino poetare. Il piccolo corso che da Dueville giunge a Vicenza è il simbolo stesso della nuova poesia – quella delle piccole cose - che nasce alla fine dell’Ottocento e si versa nel seguente e nei futuri.
Al fiume s’intonano tutti i sonetti dell’Astichello che non è, affermava G. Cappelletti nel 1958, “indubbiamente, un’opera compiuta, ma il compimento dell’opera del Poeta, perfezione formale ed altezza concettuale vi si danno la mano. Non occorre che il poeta introduca argomenti religiosi o morali perché si senta circolare nei suoi versi un senso religioso profondo e universale, nel significato più letterale del termine «religio», di collegamento cioè dello spirito con la bellezza e la verità delle cose.â€Â
Infatti, fin dal primo incontro, quando Giacomo Zanella acquistò su invito dei cugini Caldonazzo che possedevano dei terreni in Cavazzale, frazione di Monticello Conte Otto, un piccolo appezzamento di terra per costruire una villetta e trascorrervi periodi di riposo, nacque l’amore del poeta per l’Astichello come è subito evidente fin dal primo sonetto: “Una villetta fabbricai…â€,che fu scritto nel 1879 durante i lavori di costruzione, come attesta quello dell’allieva Lucrezia Marzolo de Fabii, che riportiamo in seguito. Al cheto fiume intitolò il compimento della sua poesia, quella silloge che ancora incanta; al fiume sono dedicati tutti i sonetti. In questo saggio riportiamo quelli che fanno preciso il riferimento all’Astichello.  All’acqua che scorre lenta o tumultuosa il poeta dedicò diverse altre composizioni e non manca nella poesia zanelliana il riferimento a molti nomi di fiumi di tutto il mondo; ciò perché il fiume, grande o piccolo che sia, tumultuoso o quieto, è emblema della vita; nel suo corso la nostra storia s’immerge, come dice il poeta per se stesso nel sonetto XXXVI:
“Nel fiume del passato ad ora ad ora
Getto anch’io l’amo; e tacito sedendo
Tra vecchi libri dalla prima auroraâ€
Al tardo vespro la mia preda attendo;
Ma l’onda passa; e della mia dimora
Altro che d’alga guiderdon non prendo.â€
L’Astichello ebbe la sua prima edizione con 12 sonetti nel 1880, pubblicata in occasione delle nozze Povoleri-Gaianigo,[1] Vicenza, Tip. Paroni 1880; questa  aveva, come poi le successive, a motto “...l’Astighel che l’onde sue d’argento, / Poi che l’ameno Circoli trascorse/ Col suo delicatissimo palagio,/ Fonde nel Bacchiglion presso l’Arcella†(G. Trissino, La Italia liberata dai Gotthi, X) [2] e contiene 12 sonetti, che saranno riproposti con diverso ordine e la variazione del primo verso del sonetto X,[3] nell’edizione successiva.  La seconda edizione dell’Astichello con il titolo Astichello e altre poesie fu pubblicata a Milano dal Libraio-Editore U. Hoepli nel 1884 e contiene 50 sonetti. In questa edizione accanto ai sonetti vi sono altre composizioni e traduzioni dell’Autore.
Nel 1887 Giacomo Zanella aggiunse, pubblicandoli in “Nuova Antologia†serie III, vol. XI, fasc. XIX, del 1887, altri 24 sonetti. Così l’Astichello raggiunse il numero di 74 sonetti, ma, ricordiamo, l’intento del poeta era quello di proporne 100.Â
Nell’edizione del 1988, a cura dell’Accademia Olimpica di Vicenza, quella del centenario, i sonetti sono 94 cui si aggiungono, in Appendice, altri due non numerati, ma indicati rispettivamente con le lettere A e B. I curatori  spiegano: “il numero dei 91 pezzi di cui constava sino ad oggi la silloge canonica si completa grazie a un’edizione postuma†Si tratta dell’edizione del 1910[4] nella quale “vi sono pubblicati per la prima volta insieme 17 sonetti, « quattordici dei quali» (si afferma a p. LXXXI un’Avvertenza degli Editori) «ci furono cortesemente favoriti dall’insigne bibliografo ab. Sebastiano Rumor che li ebbe dallo Zanella pochi giorni prima di morire.
Vi sono diverse altre edizioni dell’Astichello, quasi sempre insieme alle Poesie; l’ultima che comprende solo la silloge è a cura dello scrivente, pubblicata nel 2013 (Vicenza, Editrice Veneta) con disegni di G. Rosset, di cui qui si riprende l’Introduzione con aggiornamenti.
L’opera ebbe da subito grande successo ed interesse negli estimatori
I sonetti pubblicati da G. Zanella nell’ Astichello sono intimamente legati a luogo (Cavazzale, frazione del Comune di Monticello Conte Otto), dove egli volle costruire il suo buon ritiro, innamorandosi del luogo, un vero coup de foudre.  A simbolo stesso della sua nuova dimora volle che campeggiasse sul timpano il motto, tratto dall’Eneide di Virgilio: Datus hora quieti. S’indicava  nelle parole lo spirito stesso del poeta che qui voleva ritemprare e ristorare il corpo e l’anima e dare vita a nuova poesia.[5]
A Cavazzale G. Zanella condusse una vita che esprimeva il meglio del suo carattere,[6] la mai dimenticata “erma valle†che gli diede i natali, e quel cardellino che entrò come lui nella vita, quando fu accompagnato a nove anni a Vicenza per gli studi.[7] La sua vocazione sacerdotale, la sua vasta cultura che seppe indirizzare a nuovi orizzonti poetici, il desiderio di studiare e approfondire vasti campi del sapere e della poesia anche straniera lo accompagnarono in questa dimora.[8] La casa era aperta agli amici, tutti erano bene accolti, ci ricorda S. Rumor, dal poeta che provava intensa gioia al vederli.[9] Ebbe familiarità con il farmacista Carlo Zuccato di Polegge con il quale il poeta giocava volentieri a carte;[10] ma tutti erano benvenuti e in particolare i “poveretti†che questuavano di casa in casa, lo trovavano sempre disponibile ad un aiuto, come facevano i semplici della zona.[11] Si inserì bene nella vita di quei luoghi portando sollievo ai sofferenti e dedicandosi ad opere di misericordia,[12] celebrando ogni giorno il Sacrificio eucaristico e coadiuvando i parroci di Polegge, don Giovanni Bertapelle che lo commemorò ai solenni funerali celebrati a Cavazzale il 18 maggio 1888, e di Cavazzale, don Antonio Molon. Non s’isolò e non fu certo mai nella sua vita un misantropo; quando la depressione lo coglieva, cercò sempre di non “essere di pesoâ€. Il suo carattere era  aperto, in particolare con i giovani anche nei momenti lieti[13], era “un  magoâ€, dice S. Rumor, e a loro aveva dedicato tutta la sua vita come docente e direttore di  Ginnasi liceali a Venezia, Vicenza e Padova e che aveva invitato costantemente all’amor di patria.
In questa quiete Giacomo Zanella aprì nuovamente se stesso a nuovi orizzonti di poesia, riferendosi sempre alla sua vasta cultura classica,[14] e compose sonetti che hanno, rispetto alle precedenti composizioni poetiche, “maggiore spontaneità in una più signorile disinvoltura†sempre considerando che la  “bella forma è un vaso del Cellini che, ancorché vuoto, è sempre preziosoâ€[15] cui fa eco A. Giuriato che afferma:†Zanella intesseva ghirlandelle e filigrane di sonetti lungo il palcido Astichello.â€[16]
Le parole di A. Fogazzaro illuminano:â€Nell’Astichello, l’ultima e la più perfetta[17] opera dello Zanella, non è vestigio degli entusiasmi antichi; egli ha fastidio della scuola che gli par diventata razionalista; il fischio del vapore,  fumante mostro, l’offende, gli pare ironia, e solo gli parla di genti congiunte nella sete dell’oro; niente, agli  occhi suoi, vale la pace d’un asilo campestre, lontano dalle vie dei dotti e dei potenti, dai campi di battaglia, della scienza, della politica ed anche della letteratura, ove i poeti d’Italia, alate creature, cercano darsi morte a vicenda. E ancora tanta quiete gli è poco, egli esclama in versi d’insuperabile fattura,
“Essere vorrei l’allodola che ascende
 Ilare i cieli e si travolge e gira
 Sotto le  nubi, che cantando fende.â€Â [18]
“L’«Astichello» è l’ultima opera e, forse, la più perfetta che si escita dalla penna di Giacomo Zanella. – Di una tersissima semplicità , ottima nello stile, pura nella lingua, aromata di sobrie onomatopeie.Â
Nuvole vagabonde, colline solatie, monti nevosi, valli fragranti, villaggi alpestri; ecco il quadro. Sussurro d’acqua, tremolio di foglie, trilli d’uccelli, rombo di campana: ecco le voci. Figure di contadini, di mandriani, di ragazze e di bimbi; gente semplice e buona che sciama dalla chiesa o si indugia chiacchierando sul sagrato: ecco i personaggi. Pensieri alti e buoni, riflessioni di un filosofo credente, ma che ha fede nel progresso umano: ecco l’umor vitale che circola negli endecasillabi di questo libriccino – quest’edizione comprendeva, come la prima, solo 50 sonetti -, tutti mirabili per arte di cesello, musica di parole e novità di pensieri come ben attestano i lavori di G. Gadda che analizza derivazioni e dipendenze della poesia dello Zanella vicentino dagli antichi con chiarezza conclude che “se pure una metà , o anche tre quarti dell’opera poetica del vicentino fosse roba presa da altri o imitati, il resto sarebbe ancor sufficiente ad assegnarli un posto tra i lirici più grandi del secolo nostro.â€[19].
Nel breve giro di questi cinquanta sonetti è dunque palese la singolare virtù poetica dello Zanella nella unità spirituale della persona e della valorizzazione dell’umile gente dei campi, difendendola dai “tronfi Sofisti†(cfr. Sonetto XXII) di cui ogni epoca è piena e soprattutto in coloro che agitano le coscienze per un immediato vantaggio e negano la prospettiva al di là del presente.
Tra le diverse poesie, piace presentare il sonetto zanelliano tratto dalla silloge Astichello
                          XII
Calda è la notte. A guisa di scintille,
Che sprizzano dal ferro arroventato
Sotto i colpi del maglio, a mille a mille
Volteggiano le lucciole nel prato.
Fluttua nell’acque nitide e tranquille
Dell’Astichel la luna: in ogni lato
Posan l’aure e le fronde, e dalle ville
Odi appena venir qualche latrato.
Di tetto in tetto con infausto grido
Svolazza la civetta insidïando
De’ non piumati rondinini al nido;
Ma, come sopraffatto a tanta pace
Della terra e del ciel, di quando in quando
Manda un gorgheggio l’usignuolo e tace.
Accanto le composizioni poetiche di Bernardo Morsolin, Elisa de Muri Grandesso, Giuseppe Manni, Valentino Antonini, Antonio Bottero, Lucrezia Marzolo de Fabii, Guido Mazzoni, Sebastiano Rumor, Francesco Vivona, e dei più recenti Andrea Muraro, Stefano Bolcato e Italo F. Baldo. Tra tutti ricordiamo quella dello sconosciuto che si firmò: E.P. e diede questo bel ritratto poetico di G. Zanella.
              Giacomo ZanellaÂ
Te non rivede più sostar pensoso
Sulle fiorite sponde l’Astichello,
Lungi fissando un vertice nevoso,
O seguendo in suo vol libero augello.
Più non ti vide sotto un pioppo annoso
La tua villetta, favorito ostello,
Cercare all’ombra un placido riposo,
Contemplando silente il fiumicello.
L’onde dell’Astichel s’inseguono meste,
E le rose di maggio al sol sboccianti
Per te soavi Al ciel mandano incensi.
Ma, tu beato in regione celeste,
Certo t’accogli e a più sublimi canti
Colla fervida mente ancor ripensi.
Il saggio si chiude con: Omaggio a Giacomo Zanella. Come nel saggio edito nella medesima occasione nel 2017 “vestir di grazioso italo mantoâ€, anche questo offre alcune traduzioni in Inglese americano, Neogreco, Polacco, Spagnolo della celebre poesia Sopra una conchiglia fossile nel mio studio, che tanta fama diede al poeta Giacomo Zanella.
   Â
Coordinatore de "La voce del Sileno"Â Italo Francesco Baldo
Si chiede a tutti coloro che leggono questo articolo di trasmetterlo ad amici e conoscenti.
I contributi vanno inviati al coordinatore all'indirizzo di posta elettronica:Â [email protected]
[1] Si tratta del matrimonio del nipote Francesco, il figlio di Anna Zanella e Angelo Povoleri con Beatrice Gajanigo, l’8 febbraio 1880,
[2] La citazione tratta dal Trissino, canto X de La Italia liberata da Gotti ha in questa edizione la grafia dell’edizione settecentesca (Londra, s.d., 1779, T. II, p.19), ossia “Astighel†che differisce dall’edizione originaria (Venezia, T. Janiculo da Bressa, 1548, p.10, cioè “Astyghelâ€. Nelle edizioni successive a partire da quella del 1884 la grafia è quella attuale, ovvero “Astichelâ€.
[3]  Tra la prima edizione, 1880 e quella del 1884 i sonetti presentano qualche variazione.  Nel sonetto IV,  il verso 11°: “D’una Naiade il dorso non mi svela†viene mutato   in: “D’una Naiade il dorso non rivela,â€; nel VI, il verso  8°: “Dell’opra filïal fanno tesoro.†cambia in: “Dell’obolo figlial fanno tesoroâ€;  nell’ VIII, il verso 10°: “Nato di terra e nella terra immerso†diviene: “Nato di fango e che di fango odora†e il verso 13: “Sognar nella divina arte del versoâ€Â  muta in: “Sognar nell’arte, che il pensier colora,â€, infine  nel IX,  il 1° verso “Del fiume sulla ripa umida algente†nella redazione ultima è: “Sul declive del fiume orlo fiorenteâ€.
[4] Poesie con Prefazione di A. Graf. Nuova edizione con i sonetti dell’Astichello diciassette dei quali inediti, Firenze, Le Monnier, 1910, 2 voll.Â
[5] Riproduco qui con variazioni parte della mia Introduzione all’ultima edizione dell’Astichello.
[6] Cfr. La giornata di un poeta come descritta da A. Fogazzaro in Parole per l′inaugurazione del monumento a Giacomo Zanella. Discorso pronunciato il 9 Settembre 1893, inaugurandosi a Vicenza la statua di Giacomo Zanella, in ID, Discorsi, Sesto S. Giovanni, (MI), Madella, VI, pp. 110-111.
[7] Cfr. S. Rumor, Della vita e degli scritti di G. Zanella, Venezia, Vicentini, 1889; F. LAMPERTICO, Giacomo Zanella: ricordi, Vicenza, G. Galla, 1895, E. Greenwood, Vita di Giacomo Zanella, Vicenza, Neri Pozza, 1990, pp. 21-41 e A Fedele Lampertico, in Poesie, a cura di  G.Auzzas e M. Pastore Stocchi, Vicenza, Neri Pozza Ed., 1988, p.53 e 54.
[8] Basti ricordare la versione de La salita al Carmelo di San Giovanni della Croce che pubblicò nella prima edizione (1884) dell’Astichello.
[9] Quanto era importante la buona accoglienza, lo attestano anche i versi che il poeta scrisse il 10 ottobre 1865 sul retro della porta della camera da letto che era di Antonio Fogazzaro, nella villa di Oria:†fra tanto variar d’ombre e di luce che sui monti e sul lago il sole induce, una cosa non varia: il lieto volto onde sempre qui vien l’ospite accolto.†Parole musicate dal vicentino Gaetano Cornaro (1852-1908) in occasione di una sua visita alla villa nel 1880.Â
[10] Al quale dedicò un sonetto, il XCIII p.587 in Poesie, op.cit. in occasione del risanamento del suo cavallo Brigliadoro.
[11] Cfr. G. Bertapelle, Solenni funerali dell'abate Jacopo Zanella, celebrati in Cavazzale il 19 Maggio1888: Parole, Vicenza, Tip. S. Giuseppe, 1888 e il Sonetto XLI.
[13] Di lui A. Fogazzaro, i figli di Fedele Lampertico e i giovani Valmarana ricordavano sempre la maestria nell’organizzare nella Villa “La Favorita†di Montegaldella (VI) scenette e farse teatrali, un mago lo ricorda S. Rumor, cfr. Lettera ad Antonio Fogazzaro da  Montegaldella del 9 ottobre 1867:†A nome della Compagnia Comica, di cui sono direttore, invito voi, la Rita e possibilmente tutto il colto pubblico di Oria, a voler onorare di vostra presenza alcune rappresentazioni, che saranno nella seconda metà del mese a Montegaldella.†in I.F.Baldo, Lettere di un'amicizia, Vicenza, Editrice Veneta, 2011, p.64; cfr.  A. Lampertico -Mangilli, Giacomo Zanella e i fanciulli: reminiscenze, Vicenza, Tip. S. Giuseppe, 1893 e A. Fogazzaro, Giacomo Zanella, in ID, Discorsi vicentini, a cura di F. Finotti, Vicenza, Accademia Olimpica, 1992, p.115.
[14] Cfr. A. Prearo, Classicismo ed originalità nella Poesia di Giacomo Zanella, Vicenza, G. Galla, s.d., part. p.98 ss.; F. Giordano, Giacomo Zanella ed il mondo classico, Premessa di M. Gigante, Napoli, s. n., 1988 e A. Dello VICARIO, Giacomo Zanella: un virgiliano di fine Ottocento, “L’Orientale. Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Comparatiâ€Â Annali - Sezione Romanza» 1999 - Vol. XLI., fasc.2., p. 457 ss.Â
[17] Giudizio condiviso anche da F. Fattorello, L’Astichello di Giacomo Zanella, Bologna, L. Cappelli, 1924, p.3 e po.,4:†i sonetti “non riproducono soltanto ricordi il più delle volte melanconici e qua e là soffusi d’un sorriso leggero che si scorge fin il fondo di una grande bontà , ma altresì perché son in essi raccolti i frutti migliori che il poeta trasse dalla sua costante attività di uomo e di artistaâ€Â  che è “ingenua e fresca purezza della sua mente†così L’Astichello è “la più perfetta opera dio G. Zanella nel senso rigoroso dell’arte.â€
[18] A. Fogazzaro, Giacomo Zanella, op. cit., p.111. Simili parole pronunciò all’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Giuseppe Leva nell’Adunanza del 6 agosto 1889: Commemorazione di Giacomo Zanella, Adunanza ordinaria del giorno 4 agosto 1889.
[19] G. GADDA, Note a I canti di Giacomo Zanella, “Alessandro Manzoniâ€, ivi n.20 31 ottobre 1897, p. 468; cfr. anche le parti n.6 31-marzo 1897, ivi n.9 15 maggio 1897, e ivi n.2 del 20 gennaio 1899 e G. Gadda, Virtù d'ideali...: [postille alle poesie di Giacomo Zanella], Milano, Tip. Fratelli Lanzani, 1908, dove a p. 29 afferma che la poesia zanelliana può “risultare salutare farmaco a l’animaâ€.
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