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C'è o no un problema acqua inquinata a Vicenza?

Di Citizen Writers Lunedi 24 Marzo 2014 alle 15:06 | 0 commenti

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Riceviamo da Luc Thibault, Delegato RSU/USB GRETA Alto Vicentino - Nel nostro pianeta di acqua c’è n’è tanta, ma il 97,5% è salata, tolti i ghiacciai e tolti le nevi, resta uno 0,5% per dar da bere a noi, agli animali e all’agricoltura. E ogni volta che vai ad inquinare una falda sottrai a questo 0,5%, e siccome la popolazione nel mondo è in aumento, è evidente che presto o tardi, presenterà il conto. Ma forse il conto lo paghiamo già visto l'aumento di tumori?!

Una campagna di misurazioni dei pozzi eseguita a livello nazionale dall’IRSA (Istituto di Ricerca sulle Acque), braccio operativo del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ha rilevato che le acque potabili di circa trenta comuni del Veneto sono contaminate da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS). I comuni interessati si trovano principalmente nella zona ovest della provincia di Vicenza e in particolare nelle valli dell’Agno e del Chiampo e nel bacino del fiume Fratta che confluisce nel canale Garzone, ma anche in alcune zone confinanti delle province di Padova e Verona. Secondo quanto riportato dai media, in alcuni casi la concentrazione di alcune tra queste sostanze supererebbe i 1.000/1.500 ng/l (nanogrammi per litro), arrivando a sfiorare soglia 2.000 ng/l in un pozzo poi chiuso di una zona industriale di Vicenza. Tali composti del fluoro vengono utilizzati per impermeabilizzare tessuti, carta, contenitori per alimenti. La presenza di tali composti nell’acqua potabile non è oggetto di specifici limiti da parte né della normativa italiana, né di quella comunitaria. Come fa e sulla base di cosa Angelo Guzzo, presidente di Acque Vicentine, assicura che “l'acqua è assolutamente a norma"?

Queste sostanze vengono definite “microinquinanti emergenti”, frutto di un’industria chimica recente e per questo non monitorate dalle indagini di laboratorio di routine. Gli ingredienti ci sono tutti. Ma non ci sono norme né valori tabellari che fissino i limiti per i derivati della lavorazione del fluoro.  E allora ....tutto sotto controlo! Ma siamo veramente sicuri

Ma non è questo l’unico aspetto poco chiaro di una vicenda quasi surreale. C’è, tanto per cominciare, il classico balletto di competenze. Chi fa cosa e come? A chi tocca decidere, monitorare, agire, prendere provvedimenti? Medici, veterinari, Arpav, Ulss, Consorzi? E in base a quali parametri? L'Arpav conferma la presenza di sostanze  industriali derivanti dalla lavorazione del fluoro. Ma in Italia non esistono limiti per tali elementi. La Procura di Vicenza ha aperto un fascicolo. Ma è difficile ipotizzare un reato se non c'è la norma. Eppure è quello che sta accadendo. I rubinetti del Vicentino sono interessati, con «concentrazioni variabili», dalla  prese in considerazione dalla legge italiana, eppure, a sorpresa, le ha riscontrate il Cnr dopo un monitoraggio che è stato confermato da analisi a tappeto dell'Arpav che hanno mappato e quantificato la contaminazione.

L'inquinamento interessa il Padovano e il Veronese oltre al Vicentino. Per quanto riguarda la città sarebbe solo uno il pozzo contaminato (ma subito isolato). Poi Montebello, Gambugliano, Zermeghedo. Interessati anche Sarego (pozzo chiuso) e Brendola. E giù fino ad Almisano, Lonigo, Da lì parte l'acqua che viene distribuita a Lonigo, Noventa, Sossano, Agugliaro, Alonte, Asigliano, Campiglia, una piccola parte di Orgiano e Pojana. Le concentrazioni vanno da zero fino ai 4 mila nanogrammi per litro riscontrati in un pozzo (anche questo già chiuso) di Almisano.

Ma allora l'acqua si può bere tranquillamente? Queste concentrazioni devono far paura? Stiamo bevendo acqua contaminata con conseguenze per la salute? Le norme italiane non lo dicono. Cioè queste sostanze derivate dal fluoro «non sono tabellate». Significa che per dichiarare l'acqua potabile (e nella verifica degli scarichi industriali) questi polimeri non vengo neppure ricercati. Non esistono quindi leggi che indichino dei limiti oltre i quali si possano riscontrare problemi alla salute.

Ma chissà come mai, in Italia è difficile far pagare i danni a chi inquina. La legge organica di tutela delle acque è arrivata, perché lo ha chiesto l'Europa, solo nel 1999. Chi inquina e distrugge l'ambiente, distrugge le attività agricole e di allevamento vicino alle sponde del fiume, compie un'opera di terrorismo ambientale.  Causa un danno che non si ferma alle generazioni passate e presenti: è un danno che si ripercuote su chi verrà dopo di noi. Non solo dal punto di vista sociale, per le malattie contratte da chi si è alimentato con le carni di animali contaminati. Non solo un danno economico, perché alla fine è difficile in Italia far pagare questi danni alle imprese. È soprattutto un furto a chi verrà dopo di noi, cui non abbiamo saputo consegnare un ambiente (i fiumi, le montagne, i prati) come li abbiamo trovati noi. Noi nella zona felice di Schio chiediamo due cose:

 A) la quantità elevate di tetracloroetilene nella falda acquifera sottostante l'ex Lanerossi chi ne è colpevole?

B) “Eppure tutti sapevano. Lo sapevano i sindacati confederali locali più attenti a curare l’indotto che l’interesse generale ed i politici dai vari colori, lo sapevano i lavoratori della fabbrica ai quali il bisogno da sempre ha consigliato il silenzio, lo sapevano le istituzioni puntualmente rese edotte su ciò che avveniva in questa fabbrica “apportatrice di benessere”. Eppure di soldi pubblici questa fabbrica ne ha macinati tanti, al punto da far dire ad un funzionario dell’Ispettorato: “Se avessero dato a tutti i cittadini praiesi i soldi spesi per l’azienda ne avrebbero fatto un paese di milionari”.

Sapevano tutti?

Il sindacato per sua natura difende le condizione di lavoro del lavoratore ma anche la tutela della sua salute, quello che abbiamo fatto a Taranto contro tutti, contro tutti quelli pagati della famiglia Riva, contro tutti quelli chi ci accusano di mettere a rischio il lavoro, mettendo come ricatto il lavoro prima della salute.


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