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Berlato alla carica: "tra tessere e malaffare da quindici anni ci rimettono solo i veneti"

Di Martina Lucchin Domenica 3 Novembre 2013 alle 21:20 | 0 commenti

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Da VicenzaPiù n. 259 in distribuzione e sfogliabile comodamente dagli abbonati online - Smetti di rompere le uova nel paniere degli affari pubblici in Veneto e il tuo nome sparirà dal caso delle tessere fasulle del Pdl. Le espressioni forse non sono state esattamente così colorite ma il succo della proposta giunta alle orecchie di Sergio Berlato, e da lui «registrata dalla voce di un rappresentante delle istituzioni locali» sarebbe questo.

A riferire dell’offerta, non propriamente … legale, è lo stesso europarlamentare e coordinatore provinciale del Pdl vicentino durante la conferenza stampa al bar Garibaldi di sabato 19 ottobre che abbiamo pubblicato integralmente su VicenzaPiù.com grazie ai colleghi di VicenzaPiùTv.  La proposta fatta a Berlato, accusa l’eurodeputato che è pronto di fare nomi alla Guardia di Finanza,  sarebbe un vero e proprio scambio di favori che vede da un lato l’oblio della denuncia, presso le procure e pubblica, del coordinatore sul diffuso malaffare negli appalti pubblici veneti e dall’altro la magica scomparsa dell’accusa rivolta allo stesso Berlato per falso e illecito trattamento dei dati personali nell’indagine della procura di Vicenza sulle “tessere false” del  Pdl provinciale.

Ma ricapitoliamo con ordine le due vicende. Ad inizio luglio, con una conferenza stampa che vedeva presenti  tra gli altri anche l’ex sindaco di Vicenza Enrico Hüllweck, Berlato afferma di aver messo nelle mani della procura di Vicenza e Venezia i documenti, con tanto di nomi e cognomi, che attestano le irregolarità nella gestione degli appalti pubblici regionali di somma urgenza. Questi infatti venivano affidati negli anni sempre ad un manipolo ristretto di consorzi e aziende sotto la gestione di ambienti politici di destra (vedi i quindici anni di Galan alla guida della regione) e di sinistra. Come ricorda sabato Berlato , durante la campagna elettorale per le elezioni europee del 2009 ben 140 imprenditori gli riferiscono di essere «costretti a cercare lavoro ovunque tranne che in Veneto dove il sistema è bloccato.. perché  Il 50 per cento delle opere pubbliche viene assegnato a chi dimostra certe amicizie politiche. Imprenditori tradizionalmente e storicamente legati al centro destra hanno quindi deciso di votare per la Lega per scardinare il sistema».  L’accusa, temporalmente almeno, segue la grande risonanza mediatica (Berlato accusa esplicitamente il Giornale di Vicenza di aver fatto cassa da cassa di risonanza interessata, ndr) data dal dicembre 2011 alla “scoperta” da parte della procura di Vicenza e alla contestuale pubblicazione quotidiana dei nomi di svariati tesserati al Pdl che, in fase precongressuale, sarebbero stati presi in gran parte dall’elenco di un’associazione di cacciatori veneti, creando tessere non regolari. Il dibattito politico interno si animava proprio in vista del congresso del 12 febbraio e Berlato, che pure sosteneva l’insussistenza dell’accusa anche col ragionamento che dovendo i tesserati votare di persona e non per delega nessuna possibilità in più gli avrebbero dato tessere “inventate”,  viene tirato in ballo dai vertici regionali del partito, in primis dall’asse Galan-Sartori. Secondo l’europarlamentare con il preciso intento di delegittimare la sua candidatura a sicura guida provinciale del partito e far saltare il congresso, vista l’incapacità di batterlo con un alternativa politica credibile. Il congresso invece si faceva e Berlato, unico candidato anche per accordi imposti a Roma tra le fazioni in campo, diventava ed è tuttora coordinatore provinciale.

Le due questioni  non dovrebbero avere alcun legame, ma così non sarebbe, secondo l’eurodeputato.  Il 16 ottobre la Procura di Vicenza, sotto la guida del procuratore Paolo Pecori, avverte Berlato della chiusura delle indagini preliminari relative alle tessere fasulle il che equivale ad un avviso di garanzia. Su Berlato e Maria Cristina Caretta, presidente dell’Associazione cacciatori veneti, pendono, quindi, le ipotesi di reato di concorso in falsità materiale in scritture private e illecito trattamento di dati sensibili. Nella sostanza il coordinatore Pdl della provincia di Vicenza potrebbe avere avuto un qualche vantaggio dalle tessere fasulle, questa la tesi del pm, che secondo Berlato avrebbe, però, aperto l’inchiesta senza querele e solo in base a un iniziale esposto di persona riconducibile a collaboratori de Il Giornale di Vicenza. Ora l’esponente del Pdl  ha venti giorni di tempo per portare le sue controdeduzioni. Ed è in questo momento che le due vicende si intrecciano. «Una persona delle istituzioni e per conto di terzi», ha rivelato Berlato, «mi ha prospettato di barattare il ritiro delle accuse legate all’indagine sulle tessere con un mio ripensamento nella battaglia sugli appalti in Veneto». Cosa ritenuta «assolutamente inaccettabile» e che Berlato ha rifiutato, ricevendo “in cambio”, è il suo pubblico sospetto, l’avviso di garanzia che avrebbe lo scopo di alzare un polverone su una vicenda di grande impatto, come gli appalti denunciati come pilotati, grazie ai “fumi legali” su un fatto interno al partito e senza conseguenze elettorali pratiche. La stampa viene quindi convocata da Berlato per diversi motivi. Per ribadire «piena fiducia nella magistratura» senza alcun dubbio sulla sua estraneità ai reati imputategli. Ma anche per chiedere che si proceda con forza nello sviluppare un’indagine «per la cittadinanza più interessante: capire come possano essere stati utilizzati soldi pubblici per arricchimenti personali… Un fenomeno che ha dissanguato i veneti negli ultimi 15 anni». Se infatti alcune delle denunce di Berlato consegnate alla procura di Venezia trovano eco nel caso Baita-Mantovani, venuto recentemente alle cronache, la procura di Vicenza invece «ha aperto un fascicolo, ma non è ancora emerso a cosa hanno portato le indagini». Insomma Berlato sembra dire a chi di dovere di volgere lo sguardo anche verso i pesci più grossi, per quanto possano essere dentro anche al suo stesso partito. Non si sbilancia troppo invece sul responsabile della proposta di baratto, limitandosi a dire che «non si tratta di un politico». «A volte mi capita di lasciare il registratore acceso sbadatamente», continua però l’europarlamentare che offre alla Guardia di Finanza, qualora ne sia interessata, un pieno appoggio contro i responsabili dell’indecente proposta di “baratto”: «sono a disposizione degli inquirenti e pronto a fare nomi e cognomi».

Sergio Berlato afferma inoltre di non aver nessun ripensamento sulla battaglia contro il malaffare in Veneto da lui avviata. Nonostante esistano per lui rischi a livello politico e personale: «la minaccia più “simpatica che ho ricevuto è stata quella di non ricandidarmi, ma non baratto un seggio con l’onestà». Berlato sostiene che ci sia un tentativo di delegittimazione nei suoi confronti per rendere meno plausibili le accuse sugli appalti pubblici e per ostacolare la sua rielezione nel 2014 al parlamento europeo. Non a caso infatti la questione dei tesseramenti è tornata in auge proprio adesso, dopo venti mesi dai fatti, ma per rendere «alquanto improbabile la mia ricandidatura». Nessun timore inoltre per il possibile «processo mediatico» ad personam che i giornali, e Berlato più volte fa il nome del GdV, potrebbero dedicargli, ma solo l’augurio che si tenga alta l’attenzione anche sulla questione degli appalti. Una scelta di campo quindi che il dirigente pidiellino, che secondo un collega non locale girerebbe armato per timore di atti gravi nei suoi confronti, mantiene anima e corpo con il sostegno, a suo dire, del coordinamento provinciale, ma soprattutto dei cittadini. «Il mio destino non dipende da Galan o Sartori», sottolinea infatti il coordinatore vicentino che dice anche di dover rispondere solo alla sua coscienza e ai suoi elettori: «considerato che per il momento il sistema non è ancora stato scardinato, la battaglia non si ferma!».

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