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Bassano, Giuseppe Battiston mette in scena Pasolini al Teatro Remondini

Di Redazione VicenzaPiù Martedi 26 Aprile 2016 alle 10:44 | 0 commenti

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Comune di Bassano del Grappa
Si conclude con questo appuntamento la stagione teatrale della Città di Bassano del Grappa, Il teatro ti rapisce, promossa dall’Assessorato alla promozione del Territorio e della Cultura, in collaborazione col Teatro Stabile del Veneto, al Teatro Remondini. Protagonista, Martedì 26 aprile alle ore 21.00 – Giuseppe Battiston, con un omaggio a Pasolini, dal titolo Non c’è acqua più fresca. Giuseppe Battiston porta in teatro le splendide poesie in friulano di Pierpaolo Pasolini, per commemorare i 40 anni dalla morte del grande scrittore, in un sorta di viaggio, anche autobiografico, ideato e interpretato da lui. “La prima volta che lessi le poesie in friulano di Pasolini - spiega Battiston - ero un ragazzo, uno studente, le trovai difficili, le lasciai lì... Poi negli anni, ritornandoci, compresi perché, da ragazzo, inconsapevole, immaturo, forse, non mi era stato possibile comprendere quei versi, che invece parlavano a me dei miei luoghi, i luoghi della mia infanzia”.

Sono parole che evocano una terra di primule e temporali, di feste e sagre paesane, di vento, di corse in bicicletta a perdifiato, dell’avvicendarsi delle stagioni nel lavoro dei contadini. Di colori, suoni e profumi. Di quello che fu la guerra e di ciò che avvenne dopo e dopo ancora... Alle poesie Battiston abbina ricordi legati alla sua storia personale, perché la poesia, una tra le più alte forme d’arte, non è scissa dalla vita, ma è lì che nasce e risiede.
Pasolini iniziò la propria esperienza poetica nei primi anni Quaranta, scrivendo versi nel dialetto friulano di Casarsa. Trascorsa l’infanzia a Casarsa, il paese originario della madre, si trasferì a Cremona dopo aver iniziato il ginnasio a Conegliano; subito dopo andò a vivere a Scandiano, vicino a Reggio Emilia; dal 1936 terminò il liceo a Bologna, e in questa città si iscrisse poi all’Università. Con la guerra e i bombardamenti delle città italiane, nell’inverno 1942-43, Susanna Pasolini decise di sfollare con i due figli, Pier Paolo e Guido, a Casarsa, suo paese di origine in Friuli. Di questa “patria friulana” Pier Paolo Pasolini dirà, scrivendo a un amico: “Ogni immagine di questa terra, ogni volto umano, ogni battere di campane, mi viene gettato contro il cuore ferendomi con un dolore quasi fisico. Non ho un momento di calma, perché vivo sempre gettato nel futuro: se bevo un bicchiere di vino, e rido forte con gli amici, mi vedo bere, e mi sento gridare, con disperazione immensa e accorata, con un rimpianto prematuro di quanto faccio e godo, una coscienza continuamente viva e dolorosa del tempo”.
Forse non tutte le parole saranno comprensibili, ma Pasolini sosteneva che quando il dialetto viene utilizzato per esprimere sentimenti alti, si fa lingua, e con i suoi suoni ci entra nell’ anima e ci porta altrove.

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