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Acquedotto romano: in Lobbia e dintorni

Di Citizen Writers Venerdi 23 Maggio 2014 alle 23:51 | 0 commenti

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Riceviamo da Giovanni Bertacche e pubblichiamo

Acquedotto romano: in Lobbia e dintorni. Per questa roba vecchia...! Così ci siamo sentiti apostrofare all'arrivo in Lobbia da un anziano abitante del posto. Anche le oche, siamo in Campidoglio?, hanno alzato la loro stridula voce per segnalare l'arrivo degli invasori. Perché, secondo i locali, scomodare la loro tranquillità per così poca cosa! In fondo si tratta di quattro ruderi piuttosto malandati che, se fosse per loro, li avrebbero già cancellati (qui le foto).

Un'accoglienza così, l'anziano infastidito, gli animali (di così significativa reminiscenza) agitati, non per noi, certo, una dozzina di sfaccendati non per vizio però, ma per il clima sfavorevole che circonda quei reperti. In fondo loro, gli abitanti, soffrono delle limitazioni alle attività per la presenza di quei "quattro sassi smarsi". Nessun riguardo dunque per brandelli tanto venerati da qualche fanatico, ma a che servono? che a loro non dicono proprio niente. E allora un deposito all'aperto di vecchi pneumatici, le tettoie agricole in materiale plastico, l'incorporazione di un arco nella vecchia stalla o un ricovero attrezzi di recente fattura proprio sul bordo strada, in allineamento con gli archi rimasti o l'ampliamento ancora in corso di un fabbricato, quali danni possono arrecare? Noi abbiamo bisogno di spazi e di libertà di movimento, ci dicono. Paradossalmente, attenzione, perché esigere rispetto per quei reperti, e proprio dai locali, che si sentono oppressi nelle loro proprietà per una presenza così ingombrante, quando manca tutt'intorno non dico l'attenzione ma anche la memoria di quell'esistenza. Fate una prova: interpellate le persone che incontrate se sanno dell'esistenza di un acquedotto romano, dei suoi resti e della sua presenza in quel di Lobbia, e senza andare oltre, dove originava, il suo percorso, il terminale e avrete una spiacevole sorpresa. La delusione è stata grande pure per noi quando subito dopo visitando le sorgenti al Latasòn della Motta di Costabissara dove partiva l'acquedotto romano che riforniva Vicenza, ci siamo sentiti rispondere che lì non c'erano opere di presa; che l'acquedotto passava di là, ma senza ulteriori precisazioni. Vicenza romana potrebbe vantare, con il teatro Berga purtroppo assorbito dal tessuto urbano ed alcuni siti all'interno della città, i resti di un acquedotto che altri ci invidiano. Un prezioso reperto, sconosciuto ai più, perfino a chi potrebbe sfruttarlo anche come valore aggiunto e non solo culturalmente; dimenticato invece, anzi strapazzato per incuria a cominciare da chi, Soprintendenze, Comune, enti culturali, Scuole e agenzie turistiche, dovrebbe tenerlo in gran cura. L'insofferenza degli abitanti della via dell'Acquedotto Romano in Lobbia e la disarmante disinformazione dei gestori dell'area del Latasòn, non sono che la conseguenza della pessima gestione di questo bene da parte degli organismi preposti. Che come sempre maramaldeggiano col povero fesso per un chiodo fuori posto, ma non si avvedono e non si curano delle distruzioni in atto, che loro stessi favoriscono con le loro negligenze. A Vicenza non c'è solo il Palladio; c'è anche un grande lascito della romanità ancora da scoprire e da valorizzare; ne trarrebbe vantaggio pure il nostro architetto che all'architettura di quella civiltà deve il suo genio e la sua fama. Un connubio, romanizzazione e Palladio, che farebbe l'eccellenza della nostra città. Che si aspetta?

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