Quotidiano | Categorie: Storia

84 anni fa nasceva l'IRI per mettere ordine nel sistema bancario e rilanciare l'industria

Di Piero Casentini Lunedi 23 Gennaio 2017 alle 12:58 | 0 commenti

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Il 23 gennaio 1933 veniva fondato, su progetto di Alberto Beneduce, l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI). Fortemente voluto dal governo fascista, l'IRI nacque in un periodo storico gravato dalla deflazione, innescata dalla rivalutazione della Lira iniziata nel 1927, e dall'onda lunga della crisi di Wall Street del 1929. A monte pesava l'economia di guerra, controllata dallo Stato, che per oltre quattro anni aveva spinto sulla produzione bellica impiegando molta manodopera. La caduta produttiva seguita alla fine del conflitto, soprattutto nei settori della meccanica e della siderurgia, aveva trascinato in basso anche molti istituti di credito che avevano sostenuto le imprese, con finanziamenti e partecipazioni, talvolta così ingenti da portare queste ultime sotto il controllo dei banchieri.

Si trattava di istituti di credito misti che fungevano da banca commerciale, d'investimento e con forti partecipazioni societarie in settori strategici. All'inizio degli anni '30 tre delle maggiori banche italiane, la Commerciale, quella di Roma e il Credito Italiano, rischiavano di fare la fine della Banca Italiana di Sconto, crollata nel 1921 dopo essere stata la prima finanziatrice dell'Ansaldo durante la Prima guerra mondiale. Beneduce, amministratore pubblico già impegnato con Giovanni Giolitti e Francesco Saverio Nitti nei primi anni del secolo, mise a punto un progetto su due direttrici principali: la prima, volta a riorganizzare il sistema bancario, divise le banche commerciali da quelle d'investimento, rafforzando al contempo il ruolo di vigilanza di Banca d'Italia; la seconda, volta a sganciare banche e industria dall'abbraccio depressivo che le avvolgeva, portò ad una riallocazione delle partecipazioni di controllo nelle imprese detenute dagli istituti di credito i quali, in cambio di liquidità, cedettero i pacchetti all'IRI stesso. Con la fondazione di IMI, Istituto Mobiliare Italiano, furono emesse le obbligazioni che garantirono il finanziamento industriale, mentre IRI sanò il debito con Banca d'Italia, attraverso la quale erano traghettate le partecipazioni delle banche, con l'emissione di obbligazioni garantite dallo Stato. IRI divenne così una holding controllata dal Ministero del Tesoro che governava l'intera produzione di acciaio, la quasi totalità dei cantieri e dell'industria elettrica, la gran parte dell'industria pesante e bellica, restando secondo azionista delle tre banche più importanti del sistema finanziario italiano. Fu anche grazie all'IRI se l'Italia diventò, dall'epoca del Boom fino agli anni '90, una delle prime potenze industriali del mondo, quando all'indomani della Seconda guerra mondiale la prima attività del paese era ancora nel settore primario. Mentre il progetto di integrazione europea prendeva piede, l'IRI dovette privatizzare molte aziende controllate, fino alla chiusura definitiva del 2002.


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