Quotidiano | Categorie: Storia, Fatti

72 anni fa Antonio Giuriolo moriva in combattimento

Di Piero Casentini Lunedi 12 Dicembre 2016 alle 17:21 | 0 commenti

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Il 12 dicembre 1944 Antonio Giuriolo moriva in combattimento sull’Appennino tosco-emiliano, nei dintorni di Lizzano in Belvedere. Aveva 32 anni, comandava la brigata partigiana Matteotti di Montagna, impiegata in linea affianco degli Alleati contro i nazifascisti. Il suo corpo rimase insepolto e coperto dalla neve fino a primavera, quando la guerra finì e i resti mortali furono traslati nel Vicentino dopo essere stati amorevolmente composti dai suoi partigiani. Figura di primo piano dell’antifascismo italiano, Giuriolo a Vicenza è ricordato con l’intitolazione di un viale, di una scuola ed una targa affissa sopra l’ingresso della Biblioteca civica Bertoliana. La vicenda della lapide, nella ricostruzione fatta da Luigi Meneghello nel libro Fiori italiani, offre un interessante spaccato della mentalità vicentina.

La guerra era appena finita e i piccoli maestri volevano che il loro capitano venisse ricordato pubblicamente nel luogo da lui più frequentato. Fu Franco, cioè Licisco Magagnato, a dettarne le parole: “In tempi servili / qui cercava rifugio / nella storia e nella poesia / qui nell’attesa / insegnava la dignità del cittadino / Antonio Giuriolo / cresciuto e caduto per la religione / della libertà”. La terz’ultima e penultima parola, “religione / della”, furono sverniciate per ordine del sindaco, benché fossero comunque leggibili dato che sono incise nel marmo. La censura della formula crociana “religione della libertà”, fu imposta dal potere laico forse per non disturbare la Curia, adducendo il motivo che di religione ce ne sarebbe una sola. Magagnato, stando a quanto scritto da Meneghello, protestò animatamente, sostenendo che la libertà sarebbe la mamma delle religioni, ma il sindaco, dopo aver convenuto col giovane storico dell’arte, gli fece capire che quella crociana era una formula giusta, ma inopportuna. Più tardi fu riverniciata, con un’abbondanza di colore che ha finito per rendere tutt’altro che uniforme la scritta, nel frettoloso tentativo, forse, di pareggiare i conti con la coscienza laica della città. In provincia un’altra lapide ricorda “il capitano con gli occhi di bambino” e risponde, idealmente, a quella cittadina. Sta a 1460 metri d'altezza, sull’Alpe di Campogrosso, dove Giuriolo fu trovato ferito e malconcio dopo il tremendo rastrellamento del 5 giugno 1944, quando si divise irrimediabilmente dai suoi studenti: “Su questi monti portava la sua malinconia / e l’aspirazione ad un mondo di liberi / Toni Giuriolo / quando lo prendeva l’angoscia della città / Fra i suoi monti visse partigiano / perseguitato dai nemici e dagli eventi / sull’Appennino lontano / cadde combattendo / il 12-12-1944”. L’angoscia della città, come biasimarlo.


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