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Vicenza: città "interessante"... per la prostituzione

Di Martina Lucchin Sabato 6 Luglio 2013 alle 18:01 | 0 commenti

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La prostituzione di strada rappresenta un fenomeno complesso e controverso non solo per quanti direttamente praticano, per scelta o costrizione questa attività, ma anche per tutti i diversi attori sociali che ne sono coinvolti più o meno direttamente. Quella che caratterizza il territorio vicentino negli ultimi anni è una prostituzione prevalentemente migrante, spesso sottoposta allo sfruttamento di organizzazioni criminali, caratterizzata da numeri alti e in aumento.

A riferirlo è Barbara Maculan, presidente dell'associazione di volontariato Mimosa, nata nel 1996 a Padova e operante nel territorio vicentino dal 2005 attraverso un sistema di monitoraggio e supporto alle vittime che coinvolge gli enti locali e regionali, le forze dell'ordine, la magistratura e gli operatori sociali. L'azione messa in campo dai volontari della Onlus si realizza attraverso un'unità mobile che per due sere alla settimana offre aiuti ad un doppio livello: a chi si prostituisce attraverso l'inserimento nei servizi territoriali e proponendosi come punto di riferimento per i clienti. "Da quando abbiamo iniziato con le unità di strada nel 2005 intercettavamo dalle 150 alle 170 unità in un anno. Adesso arriviamo anche a 280 persone, numeri che superano quelli registrati nella città di Padova che rispetto a Vicenza conta circa 100 mila abitanti in più", riferisce Barbara Maculan. Vicenza inoltre è una città di prima destinazione, dove le persone nuove vengono avviate alla prostituzione e poi spostate. A rendere la città del Palladio una "meta interessante" per le organizzazioni dedite allo sfruttamento è un particolare tipo di domanda delle prestazioni sessuali. "In relazione a quanto ci dicono le persone che si prostituiscono, ciò che caratterizza Vicenza e che attrae è la presenza della base americana da cui deriva un numero cospicuo di clienti", afferma la presidente dell'associazione Mimosa. Altro fattore che influenza l'andamento del fenomeno è la crisi economica in atto, che riporta a prostituirsi chi ne era uscito ma si trova ora senza lavoro e che induce ad offrire prestazioni non protette per essere più concorrenti con il rischio di infezioni e malattie sessualmente trasmissibili.

In queste condizioni, quanto mai complesse, Barbara Maculan valuta positivamente l'azione intrapresa dall'amministrazione nel quinquennio passato, che ha trovato conferma anche nel mandato attuale di Achille Variati con la proroga dell'ordinanza varata nel 2011. "Si è scelto coraggiosamente di governare il fenomeno, toglierlo dalle zone ad alto impatto, cioè ad alta densità abitativa, per allentare la tensione sociale e rispondere ai cittadini. Questo non in un'ottica repressiva perché oltre alle forze dell'ordine, che intraprendono un'azione deterrente e di controllo nelle zone in cui è stata vietata la prostituzione, è stato coinvolto anche il sociale. Certo tutto è perfezionabile - continua il presidente - ma dobbiamo dare atto al coraggio di un'amministrazione che non ha fatto finta di niente e ha chiamato a raccolta i vari attori che concorrono nella gestione del fenomeno, cosa che non era mai successa". L'associazione Mimosa, che da quando è in vigore l'ordinanza si occupa del reinserimento sociale delle persone dedite alla prostituzione, ha rilevato che a Vicenza in questi anni sono aumentate le persone che sono riuscite a sfuggire dallo sfruttamento e che al contempo si è allentata la tensione sociale.

L'ordinanza detta delle "zone rosse" è diversamente giudicata e alcune forze politiche di minoranza a Vicenza si sono esposte in maniera contraria. Si ritiene, infatti, che il provvedimento abbia un carattere puramente repressivo e che vada a colpire esclusivamente le vittime del sistema prostituivo con sanzioni che difficilmente vengono pagate. Alle critiche si aggiungono anche proposte a favore di un ritorno al sistema delle case chiuse, regolate e gestite però direttamente dal Comune. Barbara Maculan è molto cauta su questa ipotesi e sottolinea che il discorso si sposterebbe sul campo del legislatore con il conseguente passaggio dal modello abolizionista, attualmente in vigore, ad uno di regolamentazione della prostituzione. "È necessario definire in modo preciso come andrebbero regolate queste case perché in caso contrario si agevolerebbero le organizzazioni dedite allo sfruttamento. Voglio ricordare poi che la legge Merlin - legge del febbraio 1958 n. 75 per "Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui" - per quanto ormai superata è ancora in grado di tutelare le donne, mentre tutte le proposte di modifica fatte finora mi sono sembrate molto pericolose".

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