Una promessa concreta: meno Roma per Titti
Venerdi 15 Marzo 2013 alle 15:59 | 0 commenti
La dura presa di posizione che Attilio Schneck ha assunto non più tardi di ieri farà senz'altro discutere. La decisione dell'ex presidente della provincia, oggi commissario straordinario dell'ente, di inoltrare una ingiunzione di pagamento nei confronti dello Stato per una serie di mancati trasferimenti, si presta di fatto a due letture. La prima è amministartiva, la seconda è politica.
Per quanto concerne il primo ambito se il commissario, assieme alla struttura amministrativa di palazzo Nievo, ritiene che la condotta dello Stato abbia cagionato un danno alla provincia (si parla di 54 milioni di euro), Schneck non solo ha il diritto, ma ha il dovere di reagire perché la legge gli impone di tutelare l'ente che amministra. Si tratta, tra le tante, di una conseguenza ovvia del contesto che deriva dallo stato di diritto in forza del quale la cosa pubblica è in primis soggetta alla legge.
Ben diversa però è la lettura sul piano politico. Stando alla nota diramata ieri da palazzo Nievo si capisce che la provincia chieda il conto per mancati trasferimenti che risalgono al 2007 per andare ristroso negli anni. Ora la domanda che nasce spontanea è, come mai sino ad oggi nessuno a palazzo Nievo si è mai mosso in tal senso? Dal 2008 ai giorni nostri sono passati cinque anni. Se poi si osservano con maggiore attenzione le date ci si accorge che un bel pezzo della responsabilità governativa per quei fondi non trasferiti sta in capo agli esecutivi di centrodestra marcati Silvio Berlusconi, Pdl e soprattutto Lega. Il partito di Attilio (Titti per i compagni di partito) Schneck. Ancora dalla nota di palazzo Nievo si legge che l'ingiunzione sarà indirizzata al Ministero degli Interni e a quello dell'economia. Bene. Ma chi ha occupato quelle caselle, per esempio, durante il governo Berlusconi IV? Agli interni figurava tal Roberto Maroni, oggi nuovo capo della Lega e governatore della Lombardia. Alle finanze poi c'era quel Giulio Tremonti considerato un leghista travestito nel Pdl. I mancati trasferimenti agli enti locali sono per essenza un danno a quel concetto di autonomia tanto sbandierato dal Carroccio. Epperò se si guarda ancora al Berlusconi IV si scopre che ministro alle riforme del Federalismo era un certo Umberto Bossi, ex lider maximo del Carroccio, poi caduto in disgrazia per le spesucce del figlio "Trota". E ancora, ministro per la semplificazione normativa era un altro big della Lega, ovvero Roberto Calderoli, il bruciatore di leggi inutili, del quale poi si è scoperta poi la sontuosa dimora romana finita al centro delle polemiche mediatiche. Tanto per tanto, poco per poco, Schneck se la sarebbe dovuta prendere quindi in primis con i suoi fratelli verdi e coi cugini azzurri. Ma ben si è guardato dal farlo. Di più, il fatto che queste cose non gliele rinfacci il centrosinistra la dice lunga sulla natura intrinsecamente «inciucista» delle fumisterie politiche della cosiddetta II Repubblica. Il tutto costituisce l'ennesimo segnale del fatto che ormai c'è una intera classe dirigente, non solo politica, che si è rimasta avviluppata irrimediabilmente nelle trame che essa stessa ha ordito. Dacché ne deriva che senza un epocale passo indietro da parte di un intero ceto dirigente, big dell'economia in primis, il Paese collasserà sotto il peso di una piramide di potere non più sostenibile da una base esangue. Una base in parte frustrata e martoriata, in parte complice delle malefatte dei signorotti dei piani alti. In ultimo, visto che la politica un giorno sì e l'altro pure soffia, anzi sputacchia, nel trombone della trasparenza, sarebbe saggio aspettarsi che a breve palazzo Nievo pubblichi l'intera istruttoria tecnica che intende seguire per raggiungere il suo scopo.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.