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Una classe dirigente da licenziare, subito

Di Citizen Writers Venerdi 15 Novembre 2013 alle 11:49 | 0 commenti

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Riceviamo da Giorgio Langella e pubblichiamo - “La ripresa è a portata di mano”. Lo afferma il presidente del consiglio Letta intervenendo al consiglio nazionale del Coni. Parla di fiducia (“elemento fondamentale per far ripartire l'economia”), dice di “segnali macroeconomici che non si vedono né si toccano” che confermerebbero una ripresa in un prossimo futuro.

I segnali che, invece, si vedono e si toccano sono ben altri. Parliamo di crisi. Di una crisi che aumenta. È quella che toccano con mano i lavoratori, i pensionati, i giovani ogni giorno. Segnali suffragati da dati certi e non da “sensazioni”.

Guardiamo cosa è successo in Veneto e nella provincia di Vicenza nei primi nove mesi di quest'anno. A settembre le aziende venete che hanno dichiarato crisi sono state 1.423 (furono 1.009 nello stesso periodo del 2012) coinvolgendo 31.397 lavoratori (l'anno scorso furono 24.050). Nella provincia di Vicenza le aziende in crisi sono 226 (161 l'anno scorso) e coinvolgono 4.193 lavoratori (3.281 nei primi nove mesi del 2012). Le ore di cassa integrazione autorizzate sono in notevole aumento. Il totale del Veneto è di 84.433.513 ore (20.837.008 ordinaria, 31.410.443 straordinaria, 32.186.062 in deroga) rispetto alle 70.185.474 del 2012 (21.355.240 ordinaria, 24.008575 straordinaria, 24.821.659 in deroga). A Vicenza sono state autorizzate 3.167.499 ore di cassa integrazione ordinaria (2.943.946 nel 2012), 4.453.220 ore di straordinaria (3.891.062 nel 2012), 7.759.362 ore di cassa integrazione in deroga (5.229.385 nel 2012), per un totale di 15.380.081 ore rispetto a 12.064.393 ore dello stesso periodo del 2012. In Veneto le aziende con trattamento di cassa integrazione straordinaria sono 448 (105 a Vicenza). Di queste moltissime sono in scadenza ravvicinata. Ben 390 in Veneto e 80 a Vicenza, entro febbraio 2014. I lavoratori licenziati con inserimento nelle liste di mobilità (licenziamenti collettivi) sono, in Veneto, 9.165 (erano 5.637 nel 2012) e, nella provincia di Vicenza, 1.702 (l'anno scorso erano 1.057).

Dati questi che, uniti a quelli di una disoccupazione mai così alta, smentiscono le parole di Enrico Letta e che dovrebbero far riflettere. La situazione  evidenziata dai numeri sopra riportati non la si risolve né modificando la Costituzione, né mantenendo in vita un governo formato da personaggi mediocri. E non è con la stabilità a qualsiasi costo (e con qualunque compromesso) invocata dal presidente Napolitano che si possono risolvere le cose. Bisogna cambiare direzione. Lo Stato deve diventare protagonista. Non si può né credere né sperare che la soluzione dell'emergenza occupazionale possa essere trovata da qualche privato o sia dovuta all'intervento della “divina provvidenza”. E non si può, neppure, continuare a fare finta che nessuno sia responsabile della situazione attuale. Lo sono i governi incapaci di fare un piano per il lavoro degno di questo nome. Lo sono quelle forze politiche che siedono in parlamento che si appassionano solo a discutere se un condannato debba o meno decadere da senatore o chi sarà il prossimo segretario di partito e che non sanno (per incapacità) o non vogliono (per negligenza) progettare il futuro economico e industriale del nostro paese.  Ma lo sono, anche, quegli imprenditori che hanno esportato i capitali all'estero per non pagare il dovuto, quelli che hanno delocalizzato, quelli che corrompono, quelli che sfruttano il lavoro altrui, quelli che chiedono quella maggiore flessibilità che significa possibilità di licenziare più facilmente e pagare meno un lavoro che diventa sempre più precario.

È una classe dirigente che deve essere licenziata, in tronco. La giusta causa è ben evidenziata da come hanno ridotto il paese.

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