Quotidiano | Categorie: Fatti

Un senzatetto nordafricano a Vicenza e tanti giovani della comunità di papa Giovanni XXIII

Di Redazione VicenzaPiù Lunedi 20 Novembre 2017 alle 11:41 | 0 commenti

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Non passa giorno che non ci siano note e dichiarazioni contro, a volte a ragione spesso no, i poveri o gli immigrati, che poi spesso si riunsicono nell'unica categoria degli immigrati poveri. E queste note suscitanto così tanto, troppo, interesse (di pancia, da guerra tra poveri?) che su FB sono tra i post più visualizzati e, speso pieni solo di insulti. Ma stavolta vi racconto noi un piccolo, grande episodio in controtendenza. Ci sono in città, spesso discretamente celati alla vista diurna, ma identificabili nei loro rifugi fissi notturni di fortuna, vari clochard o homeless o senzatetto, termine più gentile di quello comune di barboni. Sono persone che per e da lungo tempo non hanno un luogo fisso di residenza, per necessità o scelta, ma, soprattutto sono persone.

Di una di queste persone, se faccio una certa strada tornando tardi dalla nostra redazione, vedo sempre il giaciglio occupato da un corpo senza volto che la sera lo prepara e ci si infila per dormire e la mattina presto, prima che io esca, lo sistema e lo lascia in ordine con tutte le sue, poche, cose.

L'ho visto qualche volta questo giaciglio messo a soqquadro dal giustiziere di turno senza senso umano della giustizia ma il giorno dopo materasso, coperte e le quattro cose necessarie per ripararsi, soprattutto, dagli sguardi altrui tornavano al loro posto, in ordine lì da dove anche le forze dell'ordine, che conoscono bene l'ospite, innocuo, passano senza mai rimuoverle.

Ebbene una di queste sere (lascio imprecisato il giorno così come darò generiche descrizioni dell'uomo, sì, è un uomo, per evitare un'eccessiva possibilità di identificazione del senzatetto che potrebbe attirare l'attenzione insana di qualche guardiano del popolo forte con i deboli...), ebbene una di queste sere, arrivato in auto dove "alloggia", non scendo per aspettare una persona con cui mi devo incontrare.

Passa qualche secondo, dopo che ho fatto uno squillo a chi attendo, e vedo un gruppo di ragazzi con alcune ragazze avvicinarsi al senzatetto, in silenzio.

Mi afferra il timore che vogliano schernirlo o, peggio, aggredirlo, mi preparo mentalmente a scegliere tra un intervento diretto, complesso vista la mia età e la loro numerosità, e/o una chiamata al 113, vistosa e rumorosa per indurre alla fuga i presumibili deboli con i forti, quando vedo, alleluja, uno dei giovani stringere la mano al nostro homeless che nel frattempo era uscito fuori dal suo guscio "protettivo".

Osservo per un po', rasserenato, la scena, la fotografo da lontano (è la foto qui utilizzata, tagliata quel che basta per non rendere riconoscibile il posto) e  decido di avvicinarmi per manifestare ai giovani la mia gioia, dopo il timore svanito che fossero di quelli duri e puri contro i poveri e gli immigrati, a prescindere.

Gioia perchè loro fanno parte, lo scopro parlandoci, della locale Comunità di Papa Giovanni XXIII e dedicano una parte del loro tempo libero la sera a dare sostegno, psicologico e pratico (con qualche vettovaglia e altre cose), a chi ne ha bisogno come il nostro nordafricano (sì è di uno dei paesi del sud del mediterraneo, non diciamo quale, ma, come vedete, quel che è sud per noi è nord pr altri e viceversa).

Lui, senza i suoi denti, mi accoglie sorridente, mi mostra per la prima, indimenticabile, volta il suo viso e mi fa sapere come, ed è vero quello che dice, l'ho verificato, sia utile agli abitanti della zona che lo sanno e lo accolgono...

Mi hanno riempito quella sera il cuore e i volti di quei giovani, che daranno a questo paese il futuro che preferisco, e di quel senza tetto, che null'altro avendo, mi ha regalato la sua storia.

Intima, personale e ricca di umanità.


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