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The Orphan Brigade, il primo tour italiano della band fa tappa al Bar Borsa

Di Redazione VicenzaPiù Martedi 5 Aprile 2016 alle 10:36 | 0 commenti

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Bar Borsa – House of Groove
Bar Borsa è in fremente attesa del concerto che il 14 aprile prossimo porterà sul suo palcoscenico una delle band rivelazione americane dell'anno, “The Orphan Brigade”, nel suo primo tour italiano. Progetto, questo, che ha ottenuto il plauso della prestigiosa rivista musicale “Buscadero”, la quale ha attribuito alla band 4 stelle e dedicato un ampio servizio nel numero di marzo, e annoverato quale disco del mese per Rootshighway.

Una parentesi oltre il jazz: House of Groove, appassionata di generi di ricerca, accoglie con entusiasmo un progetto che proviene da oltreoceano e mescola al suo interno reminescenze di musiche tradizionali provenienti da culture talmente diverse (dai lamenti cantati degli schiavi africani alle ballad folk irlandesi) che finirono per unirsi, sotto il cielo d'America. La voce fumosa dell'irlandese Ben Glover non ci metterà molto a portarci indietro nel tempo, fino agli ultimi sanguinosi decenni dell'Ottocento, quando le piantagioni di cotone che dividevano gli Stati Confederati del sud dagli Stati Uniti d'America si trasformarono nei campi di battaglia di una guerra civile che imperversò per  quattro lunghi anni.
Il motivo per cui un gruppo di giovani musicisti e songwriter, un irlandese (Ben Glover) e due americani (Neilson Hubbard e Joshua Britt) decidono di scrivere un intero album ambientando testi e sonorità negli anni del conflitto secessionista ci è sconosciuto. Certo è che sono stati in grado di creare un disco decisamente sentito, e che riesce a coinvolgere fin dalle primissime battute.
“The Orphan Brigade: a soundtrack to a ghost story” raccoglie spunti a piene mani dalla Storia don la S maiuscola, a partire dal nome del progetto. La “brigata di orfani” che dà il nome alla band farebbe riferimento ad un gruppo di combattenti del Kentucky, che in quel frangente storico fu particolarmente attivo durante la Guerra di Secessione. E proprio in Kentucky, a Franklin, “The Orphan Brigade” decidono di incidere un nuovo album e filmare un documentario all'interno dell’Octagon Hall, un edificio dell’epoca della guerra civile, immerso in uno dei luoghi più suggestivi (o forse inquietanti) d'America, che fu scenario di eventi tragici, attorno alla quale sopravvivono ancora racconti e rumori colmi di mistero.
Gli artisti, che per giorni hanno vissuto tra quelle mura, dicono di aver cominciato a credere alle leggende che parlavano di fantasmi, e loro stessi hanno cominciato a vederli, e forse a coinvolgerli nella registrazione del disco. Una presenza costante, e che in un modo o nell'altro ha saputo dare al progetto una connotazione tra il mistico e il drammatico.
L’ispirazione per questa potente combinazione di musica roots e Storia sudista, proviene dalle vicende stesse della Octagon Hall, dalla lettura di scritti, poesie e testimonianze dei soldati secessionisti e unionisti che proprio in quei luoghi hanno combattuto e perso la vita per i propri ideali. I tre songwriter hanno così vestito i panni di padri, madri, mariti, amanti e migranti, cantando dei loro sogni, delle tribolazioni e delle loro speranze.
Il disco alterna sapientemente brani potenti, dal ritmo coinvolgente (come la gioiosa Sweetheart, dove il battito delle mani accompagna le voci che si aggiungono un po' per volta, in un crescente inno, o la meravigliosa “Trouble My Heart”, che parla dei tormenti per la donna amata) a ballad struggenti che ricordano, nelle sonorità malinconiche, le figure evanescenti intrise di pioggia di “The Ghost of Tom Joad” di Springsteen, o, come in “Cursed be the Wanderer” le distese verdi d'Irlanda: nel brano, il battito che accompagna i violini che hanno attraversato l'oceano per portare nel Nuovo Mondo i reels irlandesi ricorda il rumore dei tacchi svelti contro le assi di legno delle sale da ballo. L'America, a volte lo dimentichiamo, è il luogo dove milioni di immigrati europei hanno cercato una nuova vita, fuggendo da situazioni di miseria e privazione. Molti di loro erano irlandesi, come il protagonista di “Paddy's Lamentation” sfuggito alla fame e alla carestia che imperversavano nella sua terra, solo per ritrovarsi invischiato in una guerra che con lui non aveva nulla a che vedere. Una guerra in cui gli “infilano una pistola” tra le mani per farlo combattere per Lincoln, su al Nord. Il tormento di Paddy viene trasmesso dalla voce esausta di Ben Glover - anch'esso irlandese come il protagonista del brano -  e dall’accompagnamento di sola chitarra. Le voci graffianti dell’irlandese Ben Glover e degli americani Neilson Hubbard e Joshua Britt (che imbraccia il mandolino in più di un brano) sembrano fatte apposta per proiettarci nelle atmosfere tormentate di questa epoca lontana. “The Orphan Brigade: a soundtrack to a ghost story” è una storia di morte, di amore e di guerra, di cose perdute e ritrovate, di valori importanti come l'amor patrio e l'amicizia: canzoni scritte alla luce di una candela in una casa abitata dagli spiriti che da quella terra non se ne vogliono o non se ne possono andare.
Ma non è necessario conoscere le singole storie dei brani per sentirsene rapiti. Alla fine le storie d'amore e di morte si somigliano tutte, o meglio riescono ad avere quella nota malinconica in grado di far vivere un sentimento universale come profondamente personale, e viceversa. Per una musica, travolgente, che semplicemente è.


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