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Terroni e Polentoni voteranno assieme per l'autonomia del Veneto

Di Roberto Ciambetti Martedi 17 Ottobre 2017 alle 16:45 | 1 commenti

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Stando agli studiosi è negli anni Cinquanta del Novecento che si consolida nel linguaggio popolare l'epiteto ‘terrone' originariamente con connotato scherzoso più che negativo contrapposto al ‘polentone' come ci ricorda l'Accademia della Crusca citando il grande linguista Bruno Migliorini ("Parole e storia" 1975) per il quale "le polemiche fra Nord e Sud, risorte come risorgono in famiglia nei tempi difficili, hanno divulgato due epiteti che già i soldati popolarmente adoperavano: quello di terroni e di polentoni. I meridionali chiamavano polentoni quelli del Nord, dove è frequente l'uso della polenta, mentre questi ultimi chiamavano i meridionali terroni, cioè abitanti delle ‘terre ballerine', soggette ai terremoti".

Più propriamente i "polentoni" erano i veneti, apostrofati anche dai lombardi e dunque non solo dai meridionali con i quali i polentoni veneti condividevano la ricerca di un posto di lavoro nelle grandi industrie del Nord Ovest.

Sempre il Migliorini rammenta come "a Trento si coniò persino Terronia per indicare l'Italia meridionale, principale fornitrice di burocrati e poliziotti": anche in Veneto la voce dello stato aveva un chiaro accento meridionale.
In verità termine "terrone" ha una storia complessa visto che la ritroviamo nello spagnolo, portoghese e francese. Il Battaglia ne attesta la presenza come cognome, Terronus, attorno al 1344 persino a Caffà, città della Crimea.

Curiosità: una singolare evoluzione, da terrone, il contadino legato alla terra, a terrone proprietario terriero, emerge in Francia nel Seicento dove ritroviamo nella nobiltà al servizio del Re tal Charles Albert du Terron, signore di Terron, di Bourbonne e di Torcenay. Da poveri a nobili
Da poveri se nobili almeno benestanti anche in Veneto: molti "terroni" decisero di restare nella nostra Regione e non solo tra quanti erano giunti qui come dipendenti dello Stato ma soprattutto tra giovani che a partire dalla seconda metà degli Anni Settanta furono attratti dalle possibilità di lavoro offerte da quel Veneto dove i "polentoni" erano riusciti a trascinare fuori dalla povertà la loro terra. Molti di questi ragazzi del Sud erano arrivati qui per studiare nelle Università di Padova e Venezia e qui sono voluti restare.
Non esistono studi analoghi a quelli che invece troviamo nel bacino piemontese ma molti indicatori dimostrano in Veneto una forte integrazione soprattutto delle seconde generazioni: la stragrande maggioranza dei meridionali giunti qui per cercare miglior sorte ha deciso di rimanere in Veneto, ha messo su famiglia contribuendo tutti insieme allo sviluppo del benessere economico della nostra regione. Molti di questi cittadini di origine meridionale hanno continuato a inviare ai famigliari rimasti nelle loro terre d'origine rimesse e risparmi, non hanno per nulla tagliato il cordone ombelicale con le regioni natìe, spesso tornano nei loro antichi paesi per le vacanze, ma hanno scelto ugualmente di vivere in Veneto, in quel Veneto dove si sono integrati al pari di quasi mezzo milione di immigrati provenienti dall'estero.
Chi oggi accusa il Nord d'aver depredato il Mezzogiorno, chi come Emiliano o Mastella giunge anche a minacciare ‘calci nel culo' ai Veneti, forse dovrebbe riflettere prima di dar sfoggio di deprecabile e stantia demagogia: buona parte dei cittadini di origini meridionali radicati in Veneto il 22 ottobre andranno a votare per l'autonomia ben sapendo che non è un voto dei polentoni contro i terroni ma una scelta tra un nuovo modello di governo e lo status quo, uno status quo che non serve ad affrontare le sfide della modernità come non è stato in grado di risolvere i problemi del Mezzogiorno.

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Commenti

Inviato Martedi 17 Ottobre 2017 alle 19:01

Già: ma non erano quelli di "vota el leon che magna el terron" e "forza Etna"
Giusto per capire, precisare e ricordare.
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