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Sovraffollamento carceri, le foto di Brancoli Pantera mostrano le "alternative"

Di Martina Lucchin Lunedi 23 Settembre 2013 alle 19:15 | 0 commenti

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Del sovraffollamento delle carceri italiane se ne discute ampiamente da molti anni, senza per adesso aver raggiunto risultati significativi. Si pone molto l'accento sulle strategie per ridurre il numero di persone che fanno ingresso alle strutture penitenziarie (qui le recenti proposte del M5S vicentino). Ma che dire dell'uscita dal carcere? Delle soluzioni per facilitare l'uscita di cella, qualora ci siano le condizioni giuridiche per farlo, e per rendere il rientro in società efficace e definitivo se ne parla molto meno e spesso in maniera confusa - con soluzioni provvisorie e poco efficaci come l'indulto.

Eppure creare dei collegamenti tra le strutture penitenziarie e la società civile per il reintegro dei detenuti e fare in modo che chi esce dal carcere non cada nella recidiva, che riporta al problema principe del sovraffollamento, sarebbe un ulteriore soluzione da considerare. Il Progetto Jonathan è una realtà vicentina che da ventiquattro anni si occupa, sotto l'ala della congregazione San Gaetano, proprio di questo, offrendo ai detenuti che godono delle pene alternative al carcere - chi può scontare gli ultimi tre anni per esempio in regime di affidamento, semi libertà o detenzione domiciliare - un luogo dove recuperare i legami sociali, affettivi e lavorativi (qui il precedente servizio).

Un mondo, quello delle pene alternative, di cui però si conosce ancora poco e in cui spesso ci si imbatte in maniera casuale. Come è successo a Filippo Brancoli Pantera, fotografo lucchese autore di una delle dieci migliori foto al mondo del decennio 2000-2010, che all'inizio di quest'anno ha conosciuto il Progetto Jonathan e avviato una forma di "documentazione sociale" attraverso la macchina fotografica. Brancoli Pantera ha infatti curato la mostra "Ri-scatti, volti, passi e luoghi delle pene alternative": venti foto che ritraggono gli ospiti del Jonathan durante le loro attività quotidiane, esposte in aprile a Lucca, durante il Festival Internazionale del Volontariato, e in maggio a Povolaro di Dueville (in provincia di Vicenza) nel corso del Festival Eticamente.

"L'obiettivo è dare visibilità ad un tipo di mondo che è intorno a noi e che non è assolutamente conosciuto - spiega il fotografo che prevede di portare la mostra, insieme ai compagni vicentini del Progetto Jonathan, anche a Milano e Roma - Ma nelle prossime mostre le foto non avranno didascalie perché non voglio che si sappia quando si guarda la foto chi è il detenuto e chi è il volontario". Lo scopo del fotografo lucchese è di spiazzare lo spettatore ed annullare i pregiudizi attraverso delle "foto neutre". "Quando hai a che fare con detenuti in pene alternative infatti inizia sempre una sorta di identikit. Ti chiedi cosa avrà fatto e perché. Io la prima volta al Jonathan ho sbagliato in maniera clamorosa: quello che era un volontario pensavo che invece fosse un detenuto. Cercherò di far capire allo spettatore che sono persone normali. Tant'è che non si riconoscono". Un modo, questo, per far conoscere che un'alternativa ad una cella di due metri per tre esiste.

Nella foto Filippo Brancoli Pantera


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