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Scontri corteo, i No Dal Molin respingono le accuse: "chi difende la città non è violento"

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 1 Dicembre 2013 alle 20:09 | 0 commenti

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NoDalMolin - Sabato 30 novembre centinaia di persone hanno manifestato per Vicenza libera dall'intolleranza. Un corteo pacifico e determinato nel difendere la storia della città, medaglia d'oro alla Resistenza. Per questo, da piazza Matteotti il corteo si è mosso verso piazzale Fraccon, con la volontà di portare in quel luogo - che ricorda il sacrificio di chi si è battuto per la libertà di tutti - due grandi foto.

Di fronte all'incredibile divieto della Questura a un gesto così simbolico, centinaia di persone hanno voluto tentare comunque di passare. Chi oggi parla di violenti lo fa riempendosi la bocca di slogan. Parlare di una città libera, aperta, tollerante, significa anche adoperarsi per impedire che chi vuole portare razzismo e xenofobia possa avere agibilità politica. Ma c'è chi, dalle pagine dei giornali, preferisce criminalizzare chi si mette in gioco per difendere la propria città e offrire legittimità a chi vuole immergerla nell'odio.

Per una volta - senza volerlo e senza accorgersene - il titolista del Il Giornale di Vicenza c’ha azzeccato; "Il centro ostaggio di 100 violenti" è, infatti, la prima pagina domenicale del principale quotidiano berico.

Erano 100, infatti, i neofascisti giunti da tutto il nordest che hanno sfilato dal Tribunale, attraversando provocatoriamente piazze e strade intitolate a partigiani morti per la nostra libertà. Erano in 100 coloro che si rifanno ad Alba Dorata, la sigla neofascista greca responsabile di omicidi e attacchi alle abitazioni dei migranti; erano in 100 coloro che - nelle città venete in cui sono più organizzati - si macchiano di minacce e aggressioni.

Perché, e ci dispiace, non è di storia che stiamo discutendo. E fa una certa impressione vedere taluni difendere e sponsorizzare il diritto a manifestare di Forza Nuova, quasi si trattasse di una qualunque delle opinioni nel mercato della politica. 
Ma, domandiamo, è un opinione definire Mathausen la propria futura cucina di casa? O un campo di concentramento il prossimo villaggio vacanza per migranti?

Qui c’è qualcuno a cui è sfuggita la trave nell’occhio; o, che, forse, preferisce non vederla. Chi ieri avrebbe voluto tenere in ostaggio la città, la sua storia e la sua quotidianità democratica, non porta con se soltanto il retaggio di un ventennio di persecuzioni, guerra e privazioni. Ha nel proprio odioso bagaglio anche violenze quotidiane, che Vicenza ha vissuto in passato e che altre città - Verona, per esempio - sperimentano tutt’ora.

Ed è contro questo clima che centinaia di persone ieri hanno sfilato, attraversando il centro cittadino e rendendolo vivo, e tentando anche di forzare i divieti della Questurache - e nemmeno questa è una novità - permette all’odio xenofobo di sfilare liberamente ma impedisce a due gigantogafie dei campi di concentramento con la scritta "mai più" di arrivare a Piazzale Fraccon per essere depositate sotto al monumento che ricorda chi, in quei campi, ci è morto. Per mano fascista.

La democrazia è confronto di opinioni, diversità, linguaggi. Ed è per questo che è incompatibile con chi i linguaggi, le diversità, le opinioni, le vorrebbe chiudere ancora una volta in un campo di concentramento o aggredire a suon di bastonate.

E, di fronte a questa realtà, non è eroe chi si assume la responsabilità di scendere in piazza e, magari, prendersi pure una manganellata. Che la libertà propria e degli altri val pure qualche piccola forzatura, qualche rischio, qualche ora sottratta al normale sabato pomeriggio.

No, è patetico chi vorrebbe una città distratta e inconsapevole, attenta solo alle vetrine e alle luci colorate, chiusa nelle proprie case a guardare il prossimo talk show. Perché se la storia - anche la nostra - ci ha insegnato qualcosa, è che proprio nei momenti di distrazione collettiva trovano spazio le peggiori sventure umane. E noi, che alla nostra città teniamo perché è la nostra casa comune, di veder odio, intolleranza e xenofobia trovar spazio anche solo nello sgabuzzino, non ne abbiamo nessuna voglia.

#vicenzaLibera dall’intolleranza sono le parole che ci hanno portato in piazza: parole che puntano l’indice contro quella trave nell’occhio che alcuni non vedono. O, forse, fingono di non vedere.

S’informano i signori commentatori che non hanno mancato di diffondere i propri comunicati contro i violenti manifestanti che volevano deporre due foto in Piazzale Fraccon che caschetti da cantiere e gigantografie usate come scudi non hanno mai fatto male a nessuno. Casomai, nella loro lunga storia, hanno evitato qualche doloroso infortunio, funzione per la quale l’ingegnosa creatività umana inventò questi preziosi strumenti di autotutela.

foto da www.nodalmolin.it

 

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