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"Sangue" della Rai con Sanzani, Ciambetti: riaperte in Veneto ferite degli Anni di Piombo

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 17 Agosto 2013 alle 11:20 | 0 commenti

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Riceviamo da Roberto Ciambetti e pubblichiamo.

Con i soldi  Rai si mette in scena Senzani ambigua icona tragica della peggiore Italia

 1981: Margherete von Trotta vince il Leone d’Oro al festival del Cinema di Venezia con il suo “Gli Anni di Piombo”.  Quel film darà il nome ad una stagione  drammatica della storia italiana con pagine dolorose scritte anche nel nostro Veneto, dove a  Padova nel 1974 le BR commisero il loro primo  duplice  omicidio, quel  Veneto dove furono 11 le vittime del terrorismo, il Veneto del rapimento Dozier,  dell’Autonomia e  di tanti scontri, attentati e violenze.

Oggi un altro film riapre antiche sanguinanti ferite:  “Sangue” di Pippo Delbono, in cui trova spazio un campione dell’ambiguità violenta e criminale come il sedicente brigatista  Giovanni Senzani. Si  può pensare che la scelta del regista sia stata una furbata di quelle escogitate per trovare un’attenzione che altrimenti forse  non avrebbe avuto, il che sarebbe immorale.   Lungi da me ogni ipotesi di censura, ma esistono limiti invalicabili.

Senzani  fu un personaggio ambiguo e dargli in maniera acritica la parola in un film è stato un atto gravissimo, non una provocazione d’artista  Condannato all’ergastolo  per l’assassinio truce  di Roberto Peci la cui unica colpa fu l’essere fratello del primo brigatista che collaborò con la Giustizia, Senzani non s’è mai pentito, né ha manifestato  alcuna forma di autocritica.   Sospettato di un percorso criminale che lo portò anche a rapporti con la camorra non si può escludere per lui  un ruolo di infiltrato al soldo dei servizi segreti.  Insomma, che lo si guardi come capo  delle Br, di ideologo e politico del terrore, criminologo di professione  e assassino per passione o di squallido agente infiltrato protetto dal Sismi e in affari con la camorra, resta il fatto che questo signore, con questo curriculum, ottenne la semilibertà dopo 17 anni di carcere e dopo altri cinque anni venne definitivamente lasciato libero per finire a recitare sé stesso in un film.

In “Sangue” c’è una coincidenza singolare tra la vita di Senzani e il racconto cinematografico di Delbono:  la sequenza dell’agonia,  morte e sigillatura della bara della madre del regista è girata con una freddezza inquietante; anche Senzani filmò in maniera cruda  fin nei minimi particolari l’esecuzione di Roberto Peci, quasi a celebrare, in  un narcisismo edonistico malato, il culto della morte e il delirio di onnipotenza di chi può disporre della vita altrui. Oggi il tutto rivive  con soldi pubblici, che si traducono in  insulti verso chi del terrorismo ebbe a soffrire amaramente. 

Senzani con fondi Rai conosce l’ennesima mutazione nel suo camaleontismo che lo vide essere un sedicente brigatista, informatore e provocatore per conto del Sismi, analista, come disse amaramente il pm di Firenze Tindari Baglioni, per magistrati, Br e camorristi, con tanto di tangenti versate in un conto svizzero,  insomma una icona tragica della peggiore Italia, il Paese dei misteri,  di quel Paese immemore e ingrato  dove i veri delinquenti troppe volte la fanno franca,  un Paese dove gli onesti se finiscono  impigliati nelle maglie della giustizia rischiano di uscirne stritolati, un Paese dove le vittime vengono schernite e inutilmente attendono giustizia e verità.

Senzani è l’emblema di una Italia dei due pesi e delle due misure: diceva Giolitti che le leggi si applicano ai nemici, si interpretano per gli amici, ma da noi si è andati ben oltre, visto che agli “amici “si fanno anche interpretare parti in un film pagato con i soldi nostri. Si scopra almeno il nome del dirigente o funzionario Rai che ha dato il benestare per questa operazione vergognosa.


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