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Rilevazione non invasiva di contagi emotivi nei social: IEEE, San Diego e un vicentino. Anzi due Coviello

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Venerdi 19 Giugno 2015 alle 09:52 | 0 commenti

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San Diego, Ca. Per un vecchio ingegnere come me, che non verrò ricordato per quel che ho fatto nell'informatica, pochissimo, forse, nel mondo, comunque un bel po' in più, di sicuro, nell'Italia della fine dello scorso millennio, ma che mi ricordo, eccome, di un tipo come Steve Jobs, il cui messaggio ho assorbito lavorando negli anni 80 nella costellazione della Apple Computer e che ho incontrato nella Silicon Valley nel 1985, è una grande emozione tornare in California, esattamente a San Diego.

Grazie a due figli gemelli, Emanuele e Lorenzo, citati in rigoroso ordine alfabetico (per evitare ancora oggi le loro iniziali domande "chi preferisci?"), nati e vissuti per 8 anni a Roma, cresciuti a Vicenza dal 1992, formatisi poi all'Università di Padova dal 2003 e che a San Diego, chiamati dalla UCSD nel 2007, stanno esportando l'Italia migliore, quella dei cervelli che non trovano "terreno di coltura" in un Paese che, famoso nei secoli per la sua antica cultura, rischia di implodere per la pervicacia con cui nulla fa per conservare la vecchia e crearne di nuova.

Emanuele, dopo una serie di pubblicazioni (non su... VicenzaPiù, della cui società editrice col fratello è, comunque, socio di maggioranza, ma sulle maggiori riviste scientifiche internazionali), ha conseguito  il PhD in Electrical and Electronic Engineering, il massimo grado del percorso universitario Usa, lo scorso anno e in anticipo sui tempi per impegnarsi subito col suo advisor in una start up, Keevio, che si occupa di Machine learning, con applicazioni speciali anche nelle classificazioni di file video e audio.

Lorenzo dal 14 giugno ha "bissato" il titolo (ora orgogliosamente di... famiglia) dedicando più tempo alle pubblicazioni e alla ricerca nel settore Data science, con particolare riferimento ai social network, visto che il suo obiettivo di partenza è quello di continuare la scalata in ambito accademico-scientifico, che gli verrà ora resa possibile dal suo "ingaggio" nel Media Lab del MIT, il prestigioso Massachussets Institute of Technology.

Girare per San Diego con loro due è, quindi, un'emozione incredibile per me, come padre e come ingegnere che ha vissuto gli albori dell'era di rivoluzione tecnologica e sociale "iniziata" con Apple e Microsoft e che prosegue, oltre che con loro, con Google, Facebook e tante altre aziende che sono nate e prosperano (non tutte...) proprio qui, in California.

Qui di fronte c'è, poi, la Cina di Badoo e di altre meno note mega companies che hanno iniziato producendo da "terziste" i dispositivi "Designed in California" (un orgogliosa definizione di Jobs) e ora invadono il mondo con prodotti "made in China" grazie anche alla quantità e qualità dei loro giovani accolti proprio qui, nelle Università della California, che come quelle statunitensi in genere aprono le loro porte a tutti.

L'unica condizione che pongono è che siano "cervelli", convinte come sono che per alcune risorse che torneranno a casa, molte quelle cinesi, per contribuire al successo dei Paesi di origine altre, di più, rimarranno qui (tra cui sempre molti cinesi, non si sa se da ospiti o da moderni conquistatori) a mantenere grande il sogno americano e, magari, ad identificarsi con la sua cultura, piena di contraddizioni, ma ricca sempre di fermenti.

Nel 1977 (perdonatemi questi altri ricordi), congedatomi dalla Marina Militare, che con la sua chiamata aveva interrotto un'iniziale, sognata e costruita esperienza da ricercatore volontario all'Università di Roma, ero a Londra per conto della multinazionale per cui avevo iniziato a lavorare orgoglioso di poter assistere a una conferenza di David K. Barton, un luminare di cui avevo fino ad allora solo letto i prestigiosi articoli sui sistemi radar sulle pubblicazioni dello IEEE, acronimo di Institute of Electrical and Electronic Engineers, spesso pronunciato I triple E, la più grande, in tutti i sensi, associazione internazionale di professionisti con l'obiettivo della promozione delle scienze tecnologiche.

Capivo, col mio stentato inglese di allora, più o meno tutta la parte scientifica, molto meno quella di contorno con cui i conferenzieri si lanciano in divagazioni apparentemente di intrattenimento e di affabulazione dei presenti, di fatto ideali per tenerne desta l'attenzione anche nei passaggi più complessi e tecnici.

Ieri, giovedì, 38 anni dopo, il mio inglese migliore mi ha aiutato a cogliere le sfumature dei break non tecnici con cui il conferenziere presso la Interdigital richiamava l'attenzione dei presenti all'evento organizzato dalla sezione IEEE di San Diego.

Ma, tanti anni dopo la mia allora fresca laurea, questo stesso inglese non mi è bastato per capire a fondo l'esposizione del conferenziere che riferiva della "Non invasive detection of emotional contagion in online social networks", una ricerca pubblicata tra l'altro sulla pubblicazione più prestigiosa dello IEEE. 

Non mi è bastato anche perchè provavo a non far rilevare ai presenti, contagiandoli in maniera invasiva, la mia emozione per il conferenziere.

Mio figlio Lorenzo.

Quello che col fratello gemello Emanuele continua a sostenere che "beh, papà, non è che poi siamo così particolarmente bravi...".  

Come ingegneri altri stanno giudicando e altri ancora valuteranno.

Ne sono sicuro io, invece, come ragazzi che irrobustiscono i loro iniziali successi con la normalità festosa degli affetti per le loro giovani mogli, dei sentimenti di amicizia per tanti coetanei, vicentini e "globali" e delle coccole per Bimino e Peanut, il gatto furbo di Lorenzo e della sua Silvia, vicentina di Schio, e il cane sonnecchiante di Emanuele e Liz, la moglie americana con gli occhi e il cuore coreani.


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