Referendum turco al fotofinish con dubbi sui conteggi dei voti e una certezza: la vittoria col 51% di Erdogan è il funerale di una democrazia
Domenica 16 Aprile 2017 alle 22:34 | 0 commenti
Alcuni anni fa avrei iniziato l'articolo scrivendo: "La Turchia si trova in una delle posizioni geopolitiche più importanti del mondo, è sia per posizione geografica, sia dal punto di vista sociologico e culturale un ponte fra l'Occidente e l'Oriente". Da questa sera, con la vittoria discussa col 51%, già contestato, di sì al referendum pro Recep Tayyip Erdogan, rimane solo la posizione geografica mentre sociologia e cultura spariranno, giacché entrambe per sopravvivere hanno bisogno di libertà . Il dibattito che nel 2007 ha portato la Turchia ad elezioni anticipate è stato la culla dell'immeritato successo di Erdogan. Per la verità sia i politici, sia il popolo si erano accorti da tempo che il cinquantanovesimo governo della Repubblica Turca, espressione del AKP e guidato da Erdogan, avrebbe eletto l'undicesimo Presidente della Repubblica nell'ultimo anno del suo mandato.
Avvicinandosi la scadenza del mandato del decimo presidente, tra gennaio e febbraio, i tre nomi considerati più pappabili erano quelli di Erdogan, Arin e Gul, i tre fondatori del partito e detti anche la troika del AKP. La conseguenza fu un'esplosione di dissensi dalla parte laica del popolo turco, che non voleva sentir ragioni di vedere un capo di stato legato a un'ideologia religiosa, capace di violare i principi di uno stato democratico di diritto. La parte laica non ha saputo farsi valere e, del resto, con un prepotente come Erdogan non è facile.
Fino ad ieri l'articolo 102 della Costituzione sulla elezione del presidente della Repubblica Turca recitava: "L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi del Parlamento". Nel quarto turno è sufficiente la maggioranza assoluta fra i due più votati del terzo turno e l'elezione deve avvenire entro 30 giorni. Fino alla crisi del 2007 il Presidente non aveva, in effetti, grandi poteri, mentre con il successivo articolo 104 il Capo dello Stato assumeva competenze legislative, esecutive e giurisdizionali che gli davano il ruolo di garante del funzionamento dello Stato e della Governo del popolo.
Non credo che Erdogan possa essere soddisfatto dell'afflusso limitato alle urne dall'estero, dove, se i turchi avessero avuto più voglia e coraggio avrebbero dato un segnale forse diverso mentre in Germania su quattro milioni di turchi hanno votato solo in 146.808 e in Italia i turchi che hanno espresso la loro volontà sono stati ben... 1.703.
C'è qualcosa che proprio non mi convince sull'83% dei votanti, ma non sono né una politologa, né una mente matematica, due valenze che non hanno mai preso appieno la mia vita. Ma nemmeno una vittoria così ristretta, che divide il paese in due, può essere considerata un successo personale del nuovo imperatore.
Da stasera, però, si gira pagina e si celebra il funerale della Democrazia, non so se a colpi di democrazia o di brogli elettorali econ quali conseguenze senza magari escludere moti popolari, preoccupanti in un momneto in cui i focolai di guerra sono già troppi.
Di certo Erdogan non è un esempio di trasparenza. Corruzione e ignoranza sono poteri forti e sempre difficili da debellare, ci sono mani che plaudono a Erdogan e migliaia di persone in carcere, ree solo di non aver le sue stesse opinioni. Viva questa " democrazia" supportata dall'integralismo religioso.
L'ipotesi più concreta è di un mandato presidenziale a Erdogan per circa 17 anni (da incubo), a meno che Dio non... veda e provveda.
Io non rivedrò più il Bosforo, non andrò più a correre sul lungomare anche se, per la verità , è dai tempi della flottiglia che non mi faccio vedere da sola sul lungomare, nel mio interesse.. Non rivedrò più i miei amici ma mi rimane il romantico ricordo di una Turchia libera.
Potrò comunque chiudere gli occhi e sognare, rinnovare l'incanto, la sorpresa, la magia delle notti tumultuose degli anni 80, 90... rivedrò Bodrum, i caffè, i ristoranti in quel vecchio modo di intendere la vita che ora si contrappone a una drammatica realtà che si chiama libertà rubata.
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