Referendum per l'indipendenza del Veneto: la lettera aperta di Franca Equizi
Giovedi 13 Marzo 2014 alle 23:23 | 0 commenti
 
				
		
		Riceviamo da Franca Equizi, Sos Giustizia e Legalità, e pubblichiamo la seguente lettera aperta
Con l'avvicinarsi della fine di marzo, momento in cui si voterà per il cosiddetto referendum per l'indipendenza del Veneto, è cominciata sui media locali una giostra di dichiarazioni che appaiono un po' gonfiate alla portata della iniziativa in campo. Ben inteso le istanze autonomiste, federaliste o indipendentiste sono una cosa seria.		
Ma debbono avere due premesse. Uno, vanno suffragate da una vasta platea  popolare. Due, devono essere sostanziate da un rigoroso apparato  giuridico.
Chi come me è entrata nella Lega, uscendone ben prima  degli scandali che la hanno ridotta a protesi regionale della galassia  berlusconiana, è molto rattristata nel vedere le istanze di autonomia  ridotte di fatto ad un mero "ci teniamo i soldi". Stanti i fattori che  hanno scatenato la crisi non ci sono riferimenti degni di attenzione a  questioni dirimenti: la deriva ecologica, la sovranità rispetto alle  servitù militari, una critica radicale alla globalizzazione, gli scempi  ambientali passati, presenti e futuri, che una intera classe dirigente  veneta (politici, imprenditori, banchieri, grandi burocrati) ha causato e  tenacemente difeso: sia nel silenzio dei corridoi del potere, sia nel  chiasso del nulla mediatico che da decenni ha preso il posto del  ragionamento.
Ora quindi, date per sacrosante le ragioni di chi  protesta, viene da domandarsi come mai da ampi settori della stessa  protesta si sia dato credito per anni a quella classe dirigente che ha  portato il Veneto al fosso. Con il soqquadro politico che si profila  all'orizzonte è facile intuire che proprio un pezzo di quella classe  dirigente, gattopardescamente, strizzi l'occhio a quella o questa  istanza. A questa o quella formazione politica. Un esempio? La A4  Brescia Padova è da anni un feudo leghista a sua volta ossequioso della  galassia bancaria che la controlla. Eppure a fronte di disservizi e  aumenti dei pedaggi nessuno mai dei protestatari si è sognato di  denunciare queste liason tra istituzioni, banche e politica. Come mai?  Ancora, quando si suicida un imprenditore avete mai sentito fare dai  rappresentanti di categoria il nome della banca o della finanziaria che  lo avrebbe vessato? Sembra ancora una volta che i veri manovratori siano  tenuti al riparo della contesa. Mentre la questione autonomista viene  lasciata alla stregua della bega da bar o usata come strumento di  marketing politico. Ma con quello che si profila all'orizzonte la casta,  che parli il linguaggio del centrosinistra, quello del centrodestra o  quello della rivolta, ha bisogno di ben altro che di una banale  operazione di facciata.
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