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Referendum indipendenza veneta, raggiungere oltre il 50% non è cosa da poco

Di Redazione VicenzaPiù Giovedi 11 Luglio 2013 alle 18:52 | 0 commenti

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Plebiscito2013.eu - Raggiungere oltre il 50% di voti favorevoli ad una consultazione popolare non è cosa da poco. Per raggiungere questo livello di consensi ci vuole un’adesione trasversale che accomuni sotto un obiettivo comune un’ampia percentuale dello spettro politico. L’obiettivo comune per noi veneti c’è, e non si chiama “indipendenza” ma si chiama “democrazia”.

Mai come ora i veneti devono fare squadra per evitare di essere spolpati da un sistema privo di vera democrazia. L’Italia è geograficamente e culturalmente un gioiello senza pari, ma lo stato italiano è il simbolo delle caste, del colonialismo fiscale, della burocrazia soffocante e della giustizia pachidermica.

Qualsiasi riforma politica che passi per Roma non ha alcuna chance di successo, ed ai nostri rappresentanti istituzionali non rimane che uno strumento politico a loro disposizione: interpellare la cittadinanza veneta, secondo lo strumento del referendum consultivo a loro disposizione, su un tema internazionalmente tutelato, il principio di autodeterminazione di un popolo. Non potendo riformare il Club Italia, del quale siamo azionisti di minoranza, come popolo possiamo optare di non farne parte. Manterremo i legami storici e culturali, ma dal punto di vista amministrativo preferiamo autogestirci.

La scelta che i nostri rappresentanti istituzionali in Regione Veneto devono fare non è tra Veneto Repubblica Indipendente o Veneto Colonia Italiana. La scelta che devono fare è se dare voce ai propri cittadini tramite una consultazione popolare. Devono scegliere se il popolo viene prima dello stato (come recita l’articolo 1 comma 2 della Costituzione italiana) o viceversa. Devono scegliere la democrazia, e questo è l’obiettivo ampio e trasversale che accomuna la diversità di testimonial che sostengono plebiscito2013.eu

Perché “plebiscito”? Di referendum ne sono stati fatti tanti, e purtroppo il senso di questo termine è stato sminuito a causa del disprezzo che il governo italiano ha avuto per l’esito di diversi referendum del passato. Per molte persone referendum è diventato sinonimo di perdita di tempo. Di plebiscitoinvece finora ne è stato fatto solo che uno, quello del 1866 che ha sancito l’annessione del Veneto al Regno d’Italia. Su wikipedia leggiamo che “il termine ha conservato il significato di voto popolare, distanziandosi fondamentalmente dal referendum in quanto il plebiscito viene definito come scelta popolare di tipo politico“. Per questa ragione, volere il Veneto come Repubblica sovrana e indipendente è senzaltro una scelta politica che si addice ad un plebiscito piuttosto che a un referendum. “Plebiscito” può avere anche una connotazione negativa, che implica l’acclamazione della plebe di un qualcosa di già deciso e scontato. Di questo passo, la fine dello stato italiano sarà qualcosa di scontato a prescindere dalla volontà del Popolo Veneto.

Perché 2013? Ritengo che definire con una data il nome di un comitato referendario trasversale sia essenziale per sottolineare la durata di questa iniziativa, per evitare speculazioni su altre motivazioni di natura elettorale. L’obiettivo è una consultazione popolare entro il 2013, e non di creare una nuova realtà elettorale. Perché 2013 e non 2014? Questo tipo di consultazione popolare deve avere un’adesione trasversale, e accomunarla con appuntamenti elettorali (primavera 2014) rischia di rendere questo plebiscito una scelta ideologica, e questo non deve assolutamente essere. Inoltre, far combaciare questo plebiscito con appuntamenti elettorali significa dare la possibilità di armare il fronte del NO di fondi pubblici per fare una campagna mediatica contraria.

Perché .eu? Il Veneto tornerà ad essere uno stato europeo, alla pari di altre realtà delle stesse dimensioni demografiche (Danimarca, Finlandia, Austria, Norvegia, Svizzera, e Irlanda). Storicamente i veneti sono sempre stati un popolo aperto agli scambi commerciali e culturali, non solo durante il millennio della Serenissima, ma anche ben prima con i veneti antichi che collegavano il commercio fluviale dal Nord Europa al commercio marittimo verso l’Oriente. Oggi i veneti si dimostrano tuttora un popolo di esportatori, ma non possiamo competere nel mondo con le mani legate dietro la schiena. Slegando i lacci burocratici e fiscali dello stato italiano potremo tornare a fiorire in un mercato comune come quello europeo.

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