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Referendum digitale per l'indipendenza del Veneto: sistema sicuro o bufala?

Di Edoardo Andrein Martedi 18 Marzo 2014 alle 12:09 | 0 commenti

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Proseguono (si potrà votare fino al 21 marzo) le procedure di votazione per il referendum digitale per l'indipendenza del Veneto indetto da Plebiscito.eu che nel frattempo continua a genererare curiosità sui media internazionali con un articolo questa volta uscito anche sul prestigioso quotidiano inglese Times. Ma mentre gli organizzatori annunciano di aver superato quota 700 mila votanti, si addensano delle nubi sul sistema di sicurezza della piattaforma digitale per il voto.

Oggi in prima pagina sul Corriere del Veneto viene riportato un articolo nel quale il giornalista Alessandro Zuin dichiara di aver votato due volte. In attesa dell’arrivo di enti certificatori internazionali, che secondo quanto fanno sapere gli organizzatori saranno rivelati venerdì, Gianluca Busato, presidente del comitato per il sì e promotore del progetto, prova a spiegare come il sistema sia ipersicuro con una lettera che pubblichiamo di seguito.

 

Il Times di Londra, forse il più prestigioso giornale del mondo, oggi parla di Plebiscito.eu. Perché ciò sta avvenendo, al di là della situazione politica veneta che fa di per sè notizia? Il motivo è presto detto: i media internazionali hanno ben compreso che in Veneto è in atto una evoluzione digitale di livello superiore rispetto all’ecosistema attuale della politica veneta addomesticata dallo stato italiano. Cercherò con questo articolo di spiegarne alcuni aspetti finora mai rivelati.

Il Referendum di indipendenza del Veneto indetto ed organizzato da Plebiscito.eu, con il sostegno e l’indizione anche di molte amministrazioni comunali venete, si basa come noto su una concezione giuridica innovativa che si inserisce nel solco della legittimità internazionale e che prevede il diritto degli uomini associati in comunità a decidere del loro destino secondo il principio di autodeterminazione dei Popoli, anche auto-organizzandosi tramite la società civile qualora i propri rappresentanti politici e le proprie istituzioni non vogliano o non possano garantire loro gli strumenti politici per farlo.

Di pari passo viene la concezione altrettanto innovativa dello strumento tecnico ed operativo che ha permesso e sta permettendo ai cittadini veneti di esercitare il loro diritto sancito anche dalla Risoluzione 44 del 28 novembre 2012 della Regione Veneto.

Mi riferisco in questa sede non tanto e non solo ai canali di comunicazione telematici (web e telefono) messi a disposizione per il voto, ma in particolare al modello di funzionamento e alle procedure di iscrizione, votazione e verifica, controllo e computazione dei dati anagrafici degli elettori e dei voti espressi.

Non mi soffermo su aspetti programmatici che non mi competono, bensì agli aspetti funzionali e concettuali.

Come infatti permettere ad un tempo di garantire la facilità di accesso alla registrazione degli utenti e la certezza dell’identità dell’elettore, senza aprire le porte agli intrusi, ai buontemponi, o anche solo agli errori?

Una procedura lineare e puramente “funzionale” avrebbe aperto le porte ad effetti collaterali non graditi, quali aumento delle difficoltà di registrazione da digital divide, lentezza della verifica della votazione, non eliminazione del problema in caso di sottrazione di documenti di identità etc.

L’intuizione mi è venuta quando ho pensato a un sistema evoluto di anticontraffazione che anni fa avevo intuito, concepito e poi aiutato ad evolvere, aiutandolo a diventare il business di una nuova azienda digitale del settore.

Non ha infatti senso pensare ad un sistema chiuso e verticale ipersicuro, perché esso sarebbe intrisecamente violabile semplicemente con tecniche più o meno sopraffine che agissero sui punti di debolezza del sistema, approntando semplicemente maggiori risorse di violazione, o tecniche più sofisticate.

Se da un lato si doveva quindi agire sicuramente sulla sicurezza del sistema, con tecniche classiche, da un punto di vista fisico, logico e di dati, bisognava nel contempo pensare a qualcosa di diverso. Qualcosa che incuriosisse i malevoli e che li istigasse ad entrare per provare a far danni, contemporaneamente permettendo al sistema stesso di avere l’informazione del tentativo in atto, eliminando in silenzio il problema e dipingendo con “vernice fosforescente” l’agente disturbatore, senza che agisse invisibile nel buio, per capire dove si muovesse e quali danni stesse facendo. In tal modo ad ogni tentativo di danno il sistema avrebbe acquisito maggiore intelligenza e livello di sicurezza intrinseca.

Per mutuare altri termini, il sistema “autoapprendente” in tal modo poteva diventare sempre più autoconsapevole e in grado di fortificarsi man mano che gli agenti disturbatori avessero agito, trasformandosi inconsapevolmente nei migliori alleati per permettere l’evoluzione continua ed intelligente del sistema di sicurezza.

Quale però doveva essere la “vernice fosforescente” che permetteva all’agente di essere individuato a sua insaputa?

Beh, semplice: i cittadini stessi che si fossero registrati nei giorni precedenti la votazione, con un processo lento, graduale e controllato alla fonte.

Grazie quindi a questa fase di “inizializzazione” del sistema, abbiamo implementato un sistema autoapprendente. Con circa 500.000 persone che si sono iscritte e verificate anzitempo abbiamo pertanto inserito un insieme di agenti attivi antifrode che in caso qualcuno faccia il furbo accendono alert e semafori che ci fanno intervenire. Essi costituiscono una sorta di “schermo protettivo”, o di sistema rivelatore, che si mette in moto autonomamente ed automaticamente, in quanto ad agire sono le persone stesse che “vivono” il sistema in modo randomico e non prevedibile dagli agenti disturbatori, votando e partecipandovi in modo attivo.

Da un lato infatti, come già comunicato, il controllo dei dati di voto è assicurato quindi da procedure batch notturne di incrocio e verifica dati con il database delle anagrafiche elettorali. La query di verifica non viene fatta in tempo reale, in quanto gli indici di ricerca non consentirebbero dei tempi di risposta accettabili per la votazione. Grazie a tali procedure di controllo, i voti che emergono non apportati da persone iscritte all’anagrafe elettorale veneta vengono ripuliti e scomputati dal conteggio finale.

Dall’altro quindi, laddove ad esempio ci fosse sottrazione di documenti di voto che appartengono ad elettori registrati in anagrafe, lo “schermo protettivo” rivela i fenomeni staticamente rilevanti che potrebbero svuotare di significato il risultato del referendum.

Se per assurdo infatti i fenomeni di abuso che sfuggissero all’azione dello “schermo protettivo” riguardassero 10 voti, essi non sarebbero percentualmente significativi e tali da inficiare il voto di milioni di persone.

Il problema interverrebbe se qualcuno votasse per migliaia o decine di migliaia di elettori. Ma se la quantità si alza in modo così significativo, essa andrebbe a scontrarsi con i 500.000 preregistrati (pari ad oltre il 13% di elettori veneti) che fungono da “schermo protettivo” non penetrabile in alcun modo a livello di evidenza statistica. E più passano le ore e i giorni, più il sistema si autofortifica assumendo informazioni anagrafiche che lo rendono più intelligente, grazie alle caratteristiche di autoapprendimento.

Dovremmo pertanto ringraziare gli “agenti disturbatori” con la “vernice fosforescente sulla schiena” (come il giornalista del Corriere del Veneto Alessandro Zuin che oggi riporta il suo tentativo di voto duplicato) che inconsapevolmente ci forniscono informazioni preziose per rendere il sistema continuamente sempre più sicuro.

Tale sistema evoluto si aggancia pertanto con le esigenze di legittimità del voto in corso, poiché ciò che conta a livello di diritto internazionale non è che ci sia un voto o dieci di attribuzione discussa, ma che ci sia l’acclarata volontà dei cittadini veneti in merito alla propria indipendenza.

Ciò che un sistema evoluto e autoapprendente come quello approntato assicura senza possibilità di aggiramento, grazie alle proprie caratteristiche intrinseche che gli conferiscono un grado di ipersicurezza di livello evolutivo superiore a quelli finora concepiti nel mondo politico.

 


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