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"PrimaMano", dipinti su legno e tela di MauMasc: vernissage sabato 11 ottobre

Di Emma Giovedi 2 Ottobre 2014 alle 19:41 | 0 commenti

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Vernissage sabato 11 ottobre alle 18,30 di MauMasc, al secolo Maurizio Mascarin, che smessa la penna ha  preso il pennello da Essequadro, laboratorio galleria in Contrà SS. Apostoli 8 - Vicenza.

Ha staccato la spina del suo computer, per anni suo compagno di lavoro, per dialogare con il colore, il gesso, il pigmento, il vinavil. Un cambio di linguaggio - e di gesto, di azione -che viene dal richiamo, vitale, di contatto, di fisicità, di vigore. Si confronta con una "conoscenza successiva", MauMasc (qui la Photo gallery).

Proprio come impone, e accade, nella vita. Un viaggio artistico, il suo, a zig zag, apparentemente discontinuo, frammentato, dislessico: dalle superfici piene, spatolate, esagerate di strati di colore- visione di un Meridione che contamina l'eccesso, il gioco, la leggerezza - accarezza la sobrietà degli spazi vuoti, in cui entrano ( o scappano) sagome di rettangoli. "Geometrie tutt'altro che spigolose, frutto di una mano che va alla ricerca di ordine, punti fermi, di uno spazio interiore. Qui c'è l'azzardo: la cosa dipinta che cerca di nascondersi, per non spiegarsi; la cosa, il colore grattato, che diventa lotta e finzione. Quei rettangoli che scendono in una ipotetica verticale, o in una diagonalità, come travi di un tunnel, vivono il tempo, sono i gesti che trovano eco nel movimento. Non ci sono spigoli pungenti, ma forme levigate che sembra si rincorrano in direzioni diverse, non scontate" ,osserva un professionista attento al mondo come Antonio Bicego.

PrimaMano. Le 14 superfici ( su tele e legno) esposte da Essequadro sono il lavoro di questi ultimi mesi, in cui MauMasc, sul modello del der Wanderer (il viandante), ha viaggiato per il Salento, l'Estremadura portoghese, le Alpi Altoatesine. "Luoghi che MauMasc ha declinato nella sostanza del segno che esce dal colore stratificato, rubato da sotto, proiettato alla luce", fa notare il fotografo e creativo di "Ottomatite" Dario Rigoni.

Mi piace pensare, dice MauMasc, che"facendo finta di non fare nulla, si crea; facendo finta di non essere, si è creatori".
Vernissage. Incontro con l'artista: Pensieri frammentati con Antonio Bicego. Conversazione Informale
L'officina di MauMasc//maumasc.blogspot.it

 

Ecco ora una conversazione tra MauMasc e Dario Rigoni.

MauMasc, perché?

Semplicemente è il taglio di nome e cognome, l’abbreviato che usavo al giornale. Suona bene, è sintetico.

Dagli articoli di giornale alle superfici dipinte. Dove sta la continuità?

Scrivere e dipingere sono linguaggi. Nel colore esprimo il mio informale, l’istintività, qualcosa di ancestrale e infantile. Serve a me, ma c’è sempre l’auspicio che possa servire a qualcun altro in termini di emozione, di dialogo. Nello scrivere c’è troppa testa, troppo pensiero. Almeno per me. Il bianco di una pagina da riempire non è la stessa cosa di una superficie di legno da riempire. Dalla tela, dal cartoncino, dallo spazio di una tavola di compensato esce il corpo, la fisicità, esce la Mano.

La Mano è la finestra della mente, dice Kant

Il movimento della mano parte sempre da un movimento del cuore. La mano va da sola, è un motore autonomo dal cervello. Come spiega in maniera lucida Domenico De Rosa, la Mano è un organo irrequieto, nervoso. Assecondarla è uno stato di grazia, di sapienza. Nella scrittura c’è il finito, nella superficie  dipinta il finito, la versione definitiva, non sembra esserci mai. E’ intenzione spontanea, fresca. E’ vita. Conservo gli schizzi di amici pittori, sono molto di più della loro carta d’identità. C’è il gesto, la seduzione. Il segno è un assolo che carica un’azione, un’emozione.

Sei un autodidatta, non hai fatto scuole o corsi di pittura.

Da bambino  usavo, come tutti a quei tempi, le matite Giotto;  cinquant’anni dopo ho incontrato l’acrilico, il vinavil, il gesso. E’ stato come ritornare a scrivere con l’Olivetti,  di prima mano, di getto…E’ il bello della diretta.

Tracciare segni, buttare colore: salta all’occhio il fatto che i tuoi quadri non hanno una collocazione di stile ben precisa. Seguono, piuttosto, il tuo umore, il tuo meteo

Dicevo che in un quadro ci metto la mia mano, non so se arrivo a metterci  anche la partecipazione visiva. Vale il gesto, forte o delicato, di quell’istante. Concettualizzare l’astratto, l’informale, il materico , concettualizzare un clichè, un genere di pittura, serve a poco. La Mano va, spatola e pennella colore, l’occhio vede. Usiamo due sguardi diversi, è vero: l’uno si focalizza sul colore, l’altro li trasforma in una sorta di ascolto, di ascolto della memoria. Ma In tutto questo c’è la Mano, l’inquietudine della Mano. Ho scoperto un’intensa relazione con la mia Mano : sa essere incerta e decisa, sensibile e distratta, serena e nervosa, dolce e prepotente. E’ il mio pentagramma, credo. Lei pulsa, trasmette, esegue, tocca. Non agisce per puro istinto, ma per l’istinto dislessico che c’è in ognuno di noi. La nostra Mano gestualizza e trama i nostri sogni, le nostre angosce. Dà forma, spessore, persino suono, alle superfici dipinte.

Che stai leggendo MauMasc?

Il  mondo contemplato da una panchina di Beppe  Sebaste. Ne fa una raffinatissima declinazione sulla vita. Siamo sempre lì, insomma: (ri)cerchiamo  tutti una sana gestione del caos, perché siamo tutti indistintamente fragili.

Che fare, allora?

Riprendiamoci per… Mano.

 

 

Leggi tutti gli articoli su: MauMasc, Maurizio Mascarin

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