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Olindo Guerrini: i filosofi "alla moda": La Voce del Sileno, anno 2

Di Italo Francesco Baldo Martedi 3 Ottobre 2017 alle 09:23 | 0 commenti

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I filosofi, affermava I. Kant nel Progetto per una pace perpetua debbono parlare anche ai sovrani (di politica) "per essere illuminati suoi loro affari; perché questa classe, che per sua natura è immune da spirito fazioso e incapace di cospirare, non può venire sospettata di d fare della propaganda. (Milano, Rizzoli, 1968, p.55). Un'annotazione felice e molto importante, perché il pensiero filosofico non parteggia, né si pone "al servizio" di qualche potente. I filosofi possono subire l'autorità politica, fu il caso dello stesso Kant cui fu vietato di ristampare l'opera La religione entro i limiti della sola ragione e di occuparsi di temi religiosi.

La filosofia è espressione dell'autentica libertà di pensiero e la diversità che incontriamo nei vari pensatori è dovuta all'anelito a ricercare le più autentiche risposte alle domande/dubbi dell'uomo sulla sua origine, esistenza e finalità, accompagnati questi da questioni intorno all'origine, lo stato e la finalità dell'universo. L'origine della ricerca filosofica , come è ben noto, è nell'ambito della civiltà greca, non mancano certo riflessioni in altri popoli e culture, ma quello che si suole chiamare appunto "filosofia" ha origine nel mondo greco, particolarmente a Mileto, ricordano quasi tutti gli storici e con Talete, che però greco non era, se ascoltiamo la tradizione di Diogene Laerzio che lo dichiara "fenicio" nelle sue Vite e opere dei filosofi, ma l'ambito culturale era quello delle colonie greche, l'isola di Mileto, vicina alle coste dell'odierna Turchia, era, come città, stata fondata dai Carii, ma poi rifondata dagli Ioni e collegata alla città di Atene. In quest'ultima città la filosofia ebbe il suo più grande sviluppo nell'antichità con Socrate, Platone e Aristotele.
Non vogliamo ripercorrere l'intera storia della filosofia e dei suoi trattati, ben posti in evidenza dall'opera Storia delle storie generali della filosofia, diversi volumi (Brescia, La Scuola e Padova, Antenore), ma di riflettere sul compito che hanno avuto i pensatori nei confronti dell'umanità. Esso è importante in ogni tempo e i maggiori sono sempre stati coloro che non si sono "fatti parte diligente" al servizio di qualche parte politica. Certo i filosofi esprimono le loro visioni politiche, ben sapendo che esse dipendono, come il diritto e l'economia, dalla ricerca intorno alla morale, ma esse non servono a giustificazione di un potere. Quando lo sono state, esse non hanno ottengono certo la possibilità di essere proposte capaci di seguito e realizzazione. N. Machiavelli, uno dei maggiori pensatori nelle questioni politiche, non fu che al servizio, come segretario della Repubblica Fiorentina, che certo non era modellata secondo le sue indicazioni. Nemmeno Tommaso Moro, oggi patrono cattolico dei politici, ebbe in Enrico VIII un seguace, anzi proprio le idee sulla dipendenza della politica dalla fede, costò al cancelliere...la testa. Lo stesso Voltaire, che ben visse alla corte di Federico II Hohenzollern, non ebbe certo successo sul sovrano e la sua conduzione dello Stato prussiano e nemmeno con le sue idee di tolleranza verso tutti, tranne che verso i cattolici (cfr. Juifs).
Erede della grande libertà dei filosofi, I. Kant la rivendica e pur costretto a subirla, come abbiamo sopra riferito, si rioccupa di temi religiosi appena il sovrano, Federico Guglielmo II, muore.
Ben diversa saranno le vicende dei pensatori tedeschi dell'ottocento. G.F. W. Hegel, come già G. Fichte, si schierano apertamente per lo Stato prussiano e ne divengono in qualche modo i mentori, dando inizio a quella prospettiva che vede i pensatori, oltre che interessarsi, come loro compito, alla politica, anche farsi promotori di determinate conduzioni della cosa pubblica.
È questo l'avvio ad una direzione che maturerà completamente nel novecento, dove la figura del filosofo sarà sostituita da quella dell'intellettuale, proprio da un pensatore come Giovanni Gentile, quando, aderendo al fascismo, proporrà proprio la figura dell'intellettuale organico alla visione/prassi politica da lui individuata come l'unica possibile.
Nei giorni 29 e 30 marzo 1925 a Bologna, il filosofo Giovanni Gentile, che rivestì della sua elaborazione proprio il fascismo, convocò un Convegno di intellettuali fascisti al quale aderirono molti esponenti delle scienze, lettere ed arti.
Il convegno aveva lo scopo dichiarato di radunare coloro che potevano porre la loro intelligenza al servizio del fascismo. L'esigenza di poter contare sugli esponenti dell'intelligenza italiana, venne considerato prioritario. Ne nacque, al termine dei lavori, un Manifesto degli intellettuali fascisti agli intellettuali di tutte le Nazioni, che difendeva, affermandone la bontà, il fascismo stesso.
Il Manifesto, pubblicato il 21 aprile, Natale di Roma, ebbe gran diffusione. Tutti i convenuti e altri furono invitati dallo stesso Giovanni Gentile ad apporre la loro firma. Molti condivisero l'appello del filosofo siciliano, circa 500, e tra questi vi erano già nomi di spicco; Non potendoli ricordare tutti, ne elenchiamo qualcuno: Fernando Agnolotti, Luigi Barbini, Emilio Bodrero, Ernesto Codignola, Salvatore di Giacomo, Filippo Tommaso Martinetti, Angelo Oliviero Olivetti, S. Pincherle, Luigi Pirandello, Ildebrando Pizzetti, Rubens Santoro. Ferdinando Russo, Giuseppe Saitta, Malaparte, Ugo Spirito, Ardengo Soffici, Giovanni Treccani, Augusto Turati, Giuseppe Ungaretti, Lionello Venturi, Gioacchino Volpe e molti altri.
Benedetto Croce non amò il termine "intellettuale". Commentando, infatti, il Convegno di Gentile, Croce scriveva che alcuni regimi si circondano di "letterati o, come ora si dice, di intellettuali". Al padre del pensiero liberale laico italiano del Novecento non poteva di certo piacere che l'intelligenza fosse posta "al servizio" di qualcuno o di qualche ideologia. Egli nella sua elaborazione filosofica sosteneva che la libertà è la vera espressione che si deve manifestare anche nella storia. Il filosofo abruzzese, napoletano d'adozione, pubblicò il 1° maggio 1925 su "Il Mondo" un Contromanifesto. Il sottotitolo del Contromanifesto è significativo, "Una risposta di scrittori, professori e pubblicisti italiani al manifesto degli intellettuali fascisti". (cfr. "Vicenzapiù" 2 aprile 2017.
B. Croce stesso finirà però per accettare il termine, ma sarà A. Gramsci a diffondere il valore dell'intellettuale, considerando che esso debba essere sempre "organico" ad una visione politica, nel suo caso al comunismo.
Ma già da tempo i filosofi erano sospettati di non essere più veramente "liberi", anzi di essere al servizio di potenti o addirittura di tendere ad essere "alla moda", un po' come durante il siècle des lumières, essere annoverati tra gli illuministi più che diffondere le nuove idee, significava "essere à la page.
Si fa arguto accusatore di questa moda Olindo Guerrini (1845-1918) con un suo significativo sonetto.

I filosofi salariati

Or non più tra le rabbie e le contese
Povera e nuda va filosofia,
Ma fa la ruota a scuola e per la via,
Tira la paga e noi facciam le spese.

Se regnano la forca e il crimenlese
Di San Tomaso fa l'apologia,
Se torna in alto la democrazia
Inneggia alla repubblica francese.

Ah, panciuta camorra di ruffiani
Che della verità strame vi fate.
Ogni giorno che splende ha il suo domani!

A rivederci, maschere pagate,
A rivederci, illustri mangiapani,
A rivederci sulle barricate!

Il componimento risente della lettura del testo Les Philosophes salariés, Paris, G. Sandré, 1849 di Joseph Ferrari (Milano 1811 - Roma, 1876) è stato un filosofo, storico e politico italiano.

Una lettura, che può far sorridere a primo acchito, ma , se ben ripensata, ci fa comprendere proprio quanto affermava Kant: nel pensiero e nella ricerca la libertà è sovrana, ed è quella che non proferisce parola...tanto per proferirla, ma per aiutare al bene dell'umanità sia essa quella di casa propria o quella che possiamo incontrare in ogni parte del mondo, perché non è dato, diceva sempre il filosofo di Koenigsberg essere soli: la terra è rotonda e prima o poi qualche nostro simile incontreremo.

Olindo Guerrini nacque infatti a Forlì il 4 ottobre 1845, ma visse la fanciullezza a Sant'Alberto di Ravenna, manifestò da subito un carattere irrequieto, soprattutto verso l'educazione scolastica sia a Ravenna prima sia, poi, a Torino al Collegio nazionale, dove il padre sperava in risultati migliori. Frequentò la Facoltà di giurisprudenza all'Università di Bologna, ma esercitò poco l'attività forense, fu più interessato alla vita politica che svolse a Ravenna. Trasferitosi definitivamente a Bologna, fu Bibliotecario dell'Università.
Nel 1877 Guerrini pubblicò a Bologna il volume di versi intitolati Postuma: canzoniere, (editore: N. Zanichelli, ultima ed. Roma, Salerno, 2001 a cura di C. Mariotti e M. Martelli). I versi furono attribuiti a un fantomatico cugino, Lorenzo Stecchetti, che sarebbe morto di tisi a trent'anni. L'opera, che si richiama alle ragioni dell'ideologia socialisteggiante, conobbe un successo di pubblico enorme, facendo registrare ben 32 edizioni dell'opera vivente l'autore. Nel 1878 pubblicò altri due volumetti, Polemica e Nova polemica, i cui versi si collocano sul medesimo registro provocatorio, della raccolta precedente, riproponendone i modi e le forme, vi è anche una ferma presa di posizione contro A. Manzoni e il vicentino G. Zanella. Si dedicò a studi danteschi e anche a componimenti satirici con lo pseudonimo di Argia Sbolenfi
Olindo Guerrini fu tra i primi cultore della cucina ed ebbe intensa corrispondenza con pellegrino Artusi, considerato il pioniere del "buon mangiare" all'italiana.
Ultima sua opera, contro Pio X (Giuseppe Sarto) Le ciacole de Bepi, Roma, Travaso Delle Idee, 1908.
Morì a Bologna nel 1918.
Ultima sua opera, contro Pio X (Giuseppe Sarto) Le ciacole de Bepi, Roma, Travaso Delle Idee, 1908.
Morì a Bologna nel 1918.

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