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Non più patria del diritto ma terra dei... dritti, dove a pagare sono i meno abbienti

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 22 Febbraio 2014 alle 12:55 | 0 commenti

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Riceviamo da Roberto Ciambetti, assessore della Regione Veneto - Nello stesso giorno in cui il presidente del Senato giudicava inammissibile l’emendamento al Decreto Enti Locali nella parte relativa a Venezia come, nel caso del Comune di Vicenza,  per i dipendenti comunali costretti a restituire parte delle retribuzioni – emendamento già approvato all’unanimità dalla Commissione Bilancio -  veniva dato il via libera dai senatori all’emendamento 'Salva Roma' bis per il ripiano dei debiti della Capitale.

Non si riesce a capire la “ratio” applicata nella cernita tra chi è stato ammesso in un decreto riguardante in generale gli Enti Pubblici e chi è stato escluso dalla presidenza del Senato, anche se il peso delle lobby capitoline appare chiaro e a tal punto sfrontato da sfidare la legittima indignazione dei senatori veneti, anche di quelli che potranno magari essere decisivi per la futura maggioranza del premier Matteo Renzi dove i numeri non sono decisamente sicuri per  qualunque maggioranza.

Lo dico pensando al baratto dei senatori trentini e sudtirolesi che pochi mesi fa  garantirono il loro voto al Senato al premier Enrico Letta in cambio per le loro province non solo della piena autonomia fiscale, ma anche nella gestione dei Fondi di Confine  da assegnare ai Comuni veneti e lombardi con loro confinanti.

Or dunque: trentini e sudtirolesi riescono a portare  a casa quello che vogliono, Roma e dintorni non si fanno scrupoli per coprire voragini incredibili nei conti, il Veneto viene (ancora) penalizzato.

Non dimentichiamo che già oggi c’è una differenza nella quota del tetto di spesa del Patto di stabilità assegnato al Veneto, ultima regione d’Italia assieme alla Lombardia con una spesa ammessa per soli 312 per cittadino mentre il Lazio vede salire questa cifra a 353 €,  cioè il 13,14 per cento in più rispetto a noi.

Stando ai dati della Ragioneria centrale dello stato il Veneto è la Regione dove lo stato spende di meno in assoluto: con i suoi 3.185 € per abitante la spesa è inferiore di oltre  il 33 per cento rispetto alla media nazionale. Ai primi posti della classifica della spesa troviamo le Regioni autonome quindi il Lazio e il Molise, con esiti, per altro, nei servizi pubblici e qualità della vita dei cittadini ben diversi tra loro.

La Corte dei Conti del Veneto  ha approvato il nostro bilancio. In Lazio il bilancio della Regione è stato cassato dal magistrato contabile che ha emesso un verdetto spietato: debiti per 11,7 miliardi e l'impossibilità di pagarli, accuse di incapacità programmatoria dell'ente, appalti pubblici al collasso, spesa ospedaliera fuori controllo.

Moody’s esprime parole di autentico apprezzamento per la capacità del Veneto di mantenere gli equilibri economici-finanziari pur davanti a draconiani taglia nei trasferimenti garantendo tra l’altro una sanità di alto livello senza aumentare le tasse: sul Lazio ogni giudizio parla di default.

Se in Veneto la Corte dei conti stigmatizza la realtà delle società partecipate di proprietà degli enti pubblici con critiche aspre spronando la Regione ad agire, in Lazio sta agendo la procura della Repubblica per reati penali.

In questo scenario il presidente del Senato e, probabilmente, i burocrati romani che lo hanno convinto, nel non ammettere l’emendamento per Venezia o per gli stipendi dei lavoratori comunali, non si sono resi conto di quanto hanno fatto, di quanto vergognose siano le conseguenze della loro ottusità, perché nel mentre salvano i debiti di Roma Capitale chiedono la restituzione di soldi ad impiegati comunali o attuano tagli negli stipendi di gente onesta che vive di poco. Non è faccenda di destra o di sinistra, di Pd, Forza Italia, Lega, Movimento 5 Stelle: è questione di onestà morale in una Italia, sempre meno paese del diritto sempre più terra dei dritti.


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