No Spv: le opere pagate solo da regione e subappaltatori
Giovedi 4 Aprile 2013 alle 16:36 | 0 commenti
«I due tratti di cantiere attualmente operativi sono stati finanziati con 100 milioni di euro giunti dalle aziende che stanno lavorando e 173 milioni messi a disposizione dalla Regione Veneto». È questo uno dei passaggi salienti della testimonianza portata ieri sulla questione Spv dall'imprenditore Enzo Tessaro durante la serata organizzata dalla rete dei comitati No Pedemontana dell'Alto Vicentino.
Un incontro cui hanno partecipato anche lo scrittore Renzo Mazzaro, autore del libro I padroni del Veneto e la giornalista Elena Gerebizza, attivista del forum Re:Common meglio noto come Recommon.org. In realtà il dibattito iniziato alle 21 al cinema Aurora di Malo è stato introdotto da una lunga prolusione di Lanfranco Tarabini, volto storico dei comitati di zona i Cdst, il quale ha allargato lo spettro della discussione non alla sola Pedemontana Veneta ma a tutto «il sistema di grandi opere che coinvolgono l'asse Treviso Vicenza». Un sistema definito «di vecchia concezione e non sostenibile». Tarabini contestualmente fa sapere di essere alle prese, ma sono in molti a Venezia nelle sue medesime condizioni, con il bilancio regionale da poco varato: «Vorremmo capire se quei 180 milioni che parrebbero arrivare da Roma per la Spv siano la stessa voce già utilizzata o siano un nuovo finanziamento. Se così fosse sarebbero smentiti coloro i quali sotengono che l'opera costi all'amministrazione centrale solo 180 milioni».
Dal canto suo Tessaro, supporter della rete dei comitati No Spv, con una minuziosa analisi comparativa, ha acceso i fanali sui costi della Spv sottolineando le difficoltà cui sta andando incontro la realizzazione dell'opera in finanza di progetto di iniziativa privata sul cui futuro le stesse banche sembrano scommettere poco e anche e proprio in ragione dell'assunto secondo il quale al momento gli unici ad avere tirato fuori i quattrini de facto sarebbero gli enti pubblici e le ditte subappaltatrici che in qualche modo al momento avrebbero lavorato allo scoperto fungendo da banca prestatrice: una considerazione che ha lasciato stupito l'auditorio (una novantina di persone, forse qualcosa in più).
Mazzaro invece si è ritagliato una parte diversa. Lo scrittore, che ha alle spalle una lunga carriera nei quotidiani veneti del network Espresso, ha acceso i fanali sulle origini della Spv e ha spiegato che il progetto «nato come iniziativa del gruppo Mantovani», il cui presidente Piergiorgio Baita da pochissimo dimissionario, è finito agli arresti per una complessa storia di fondi neri e evasione fiscale, era poi finito al consorzio Sis. Una circostanza che sempre secondo Mazzaro ha poi visto nascere il progetto della Valsugana bis, come una sorta di bonus per una occasione sfumata. «E in questo contesto - spiega Mazzaro che non ha risparmiato critiche alla stampa veneta per non avere negli anni vigilato sul cosiddetto sistema Galan - la cosa più triste è che ci siano potentati privati che decidono al posto dei rappresentatnti dl popolo liberamente eletti». E Mazzaro ieri è stato un fiume in piena. Ha raccontato delle recenti perquisizioni, sempre nell'ambito dell'affaire Mantovani, eseguite dalla Guardia di Finanza negli uffici di Veneto Strade, la spa regionale il cui amministratore delegato è l'ingegnere Silvano Vernizzi, che pure riveste la carica di commissario straordinario alla Spv. «Quando gli uffici della società sono stati perquisiti - racconta lo scrittore - pare che Vernizzi abbia chiesto se dovesse veniri via con le fiamme gialle»: risate in una sala in cui è seguita l'analisi di Gerebizza (in foto).
La quale punta l'indice nei confronti del principio in ragione del quale «sono concepite molte delle grandi opere». Infrastrutture che spesso e volentieri «rispondono più ad esigenze economiche di gruppi ristretti che alle necessità dei territori». In quest'ottica la giornalista ha ricordato che una vigilanza serie da parte della politica e delle amministrazioni al momento è difficilissima anche in forza della potenza e della influenza delle lobby finanziarie. «Ragion per cui maggiori controlli e una correzione decisa ad un modello di sviluppo fuori scala possono venire soltatnto dal basso».
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