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Napoli, un Vesuvio di guai. Ciambetti: De Magistris sindaco? No, curatore fallimentare

Di Citizen Writers Domenica 23 Febbraio 2014 alle 18:53 | 0 commenti

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Roberto Ciambetti, Assessore della Regione Veneto - Adesso lo dice la Corte dei Conti: la situazione del Comune di Napoli è fallimentare non solo da un punto di vista politico ed economico ma anche etico e morale. Non è più possibile nascondere le voragini contabili di una gestione pluriennale che ha unito amministrazioni di diverso colore e fede politica tutte uguali nel prevedere spese ben sapendo che mai avrebbero potuto coprirle, sapendo cioè che al momento opportuno sarebbe scattato il meccanismo della richiesta dell’aiuto allo Stato e alla collettività nazionale.

Secondo la Corte dei conti un contribuente su due nella città partenopea non paga le tasse comunali e nemmeno le multe: per il magistrato contabile almeno 431 milioni di crediti  relativi a imposte o multe, potrebbero non essere mai riscossi.  Il deficit del capoluogo campano viaggia su cifre che superano i 730 milioni,  coperti contabilmente e solo teoricamente dal piano di vendita del patrimonio. Disastrosa la situazione del personale, il cui costo, secondo il magistrato contabile, è sottostimato e, violando le norme attuali, supera il 50 per cento delle uscite comunali.  Il male dei conti napoletani è endemico e la colpa non è solo dell’ultimo gestore, l’ex magistrato De Magistris, del quale, non senza perfidia, a Napoli dicono che può aspirare alla carica onoraria di giudice fallimentare.  La colpa non è solo di un sindaco, ma di un sistema, un sistema che non può vivere se il 50 per cento dei contribuenti è evasore fiscale.
A questo dato fa riscontro un altro numero: «I dati sull'evasione fiscale sono spaventosi: secondo le stime in Campania mancano 22 miliardi di euro. Se pensiamo che lo Stato ha dovuto reperire due miliardi per non far pagare l'Imu ai cittadini italiani, possiamo capire quale sia la portata di questo fenomeno”: A parlare così questa settimana nel corso di un forum sulla lotta all’evasione fiscale  è  Alberto Capuano, giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli.  
Secondo una inchiesta del Sole 24Ore del gennaio scorso il Canone Rai è pagato solo dal 48 per cento della popolazione campana e a Napoli città questo dato crolla al 41 per cento.  Non parliamo del Bollo auto che secondo la stessa Regione Campania è, storicamente,  la più evasa delle tasse.
In questo contesto,  fa rabbrividire il suicidio di Eduardo De Falco, titolare di una pizzeria-panificio a Casalnuovo nel Napoletano: l’uomo  si è tolto la vita per una multa di 2 mila € perché non aveva assunto con regolare contratto di lavoro la moglie che lo aiutava in bottega.  Si è ucciso un cittadino onesto in un tessuto sociale dove l’evasione invece è prassi e dove i mali sono endemici, antichi, storici. Emanuele Felice nel suo saggio “Perché il Sud è rimasto indietro” pubblicato dal Mulino nello scorso gennaio demolisce la favola di un Mezzogiorno vittima del Nord ma soprattutto spiega che solo  una analisi seria sulle reali ragioni del fallimento meridionale è “premessa indispensabile di un possibile riscatto”.
Eduardo De Falco era un artigiano ed è stato abbandonato da uno stato che impone tasse abnormi e multe salate  a chi non le può sostenere e contemporaneamente  permette gestioni fallimentari del bene comune. Il contrasto è stridente e doloroso ma dice una cosa: per salvare Napoli e il mezzogiorno non servono decreti azzera debiti, ma una nuova politica, calata nella realtà locale perché il mezzogiorno, piaccia o no, è già fuori dall’Euro e il Nord non può continuare a mascherare le magagne del Sud che diventano giorno dopo giorno un Vesuvio di guai.
Non si può governare l’Italia dalle mille facce con la stessa legge, le stesse tasse,  facendo pagare a chi lavora e produce le colpe e i debiti di chi del bene comune se ne fa un baffo.

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