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Montecchio, il pittore Riccardo Curti colora la città con la mostra "La voce del silenzio"

Di Redazione VicenzaPiù Mercoledi 9 Marzo 2016 alle 15:00 | 0 commenti

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Comune di Montecchio Maggiore
Ancora un artista montecchiano protagonista di una prestigiosa mostra nella Nuova Galleria Civica di Montecchio Maggiore. Si tratta del pittore Riccardo Curti, che dal 12 marzo al 10 aprile esporrà le sue opere in un percorso denominato “La voce del silenzio”. La mostra, curata da Giuliano Menato, patrocinata dalla Città di Montecchio Maggiore e ad ingresso gratuito, sarà visitabile il sabato e la domenica dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 16 alle 19, con un’apertura straordinaria il 28 marzo, lunedì di Pasquetta.

Due gli appuntamenti da segnare in agenda: sabato 12 marzo alle 17,30 l’inaugurazione della mostra e venerdì 18 marzo alle 20,30 l’incontro con l’artista e il concerto di Giuseppe Dal Bianco (flauti etnici, duduk armeno), che presenterà il suo nuovo cd “Noi siamo le stelle”, e Giuseppe Laudanna (tastiera, percussioni).
“La Nuova Galleria Civica – commenta il sindaco Milena Cecchetto – è lieta di ospitare la mostra di un altro artista montecchiano, Riccardo Curti, che per la singolarità del suo lavoro creativo si è imposto all’attenzione di un pubblico vasto ed esigente. Come le precedenti rassegne, anche questa rivela l’impegno dell’Amministrazione comunale a mantenere alto il profilo delle presenze nel magnifico contenitore, che un sapiente recupero ha preservato dalla rovina”.
La presentazione di Riccardo Curti ad opera del curatore Giuliano Menato:
Dopo le prime esperienze artistiche, legate a problematiche concettuali e comportamentistiche, Riccardo Curti pratica la pittura con un rigore e una disciplina che lo riportano alla fattualità dell’opera.Sente il bisogno di adottare un ordine non matematico ma un metodo procedurale che dia spessore e sviluppo al suo lavoro. Dipinge, in un primo tempo, forme simboliche come la croce non solo per alludere alle sofferenze umane, ma per trovare soluzioni che gli consentano di conquistare lo spazio della rappresentazione. Sostituisce, poi, quelle forme con più agili strutture, caratterizzate da superfici cromatiche che riaffermano l’insopprimibile esigenza di semplicità e semplificazione.
Ma la pittura reclama, ad un certo punto, la sua parte, per cui, senza perdere il carattere di asettica astrazione,si sostanzia di pigmenti nuovi che ne esaltano la pregnanza cromatica, e si avvale talvolta di nuovi supporti come la lamiera zincata che le conferiscono luminose vibrazioni.
Colpito da alcune riflessioni di Alberto Giacometti, artista che sente particolarmente vicino, Curti compie il passo decisivo della sua consolidata carriera accogliendo i principi di una singolare poetica: riprendere la figura nelle sue mutevoli apparizioni, ritrarre se stesso e gli altri attraverso le modalità di rappresentazione della pittura. Fissa labili profili umani, sempre nuovi e sconosciuti, prendendone coscienza nell’atto di dipingerli. Non sono presenze invadenti né fantasmi immaginari, ma creature che chiedono di essere legittimate.
«Le fisionomie sembrano aprirsi agli spazi – ha scritto Dino Marangon –, espandersi sul piano del quadro, fino quasi a diventare enigmatiche e indecifrabili, mentre invece per parte loro le forme, non potendo rimanere indifferenti a tali incancellabili presenze, vengono anch’esse flettendosi, modulandosi, avanzando o arretrando sulla superficie».
La Nuova Galleria Civica di Montecchio Maggiore espone di Curti soprattutto le opere dell’ultimo periodo.
La presentazione della mostra, sempre ad opera del curatore Giuliano Menato:Succede che la critica catturi la creatività degli artisti in formule precostituite non riuscendo a leggerne l’opera d’arte per quello che in realtà è, fuori da ogni fuorviante disquisizione. L’errore di base che si commette è quello di classificare gli artisti per poter meglio teorizzare e quindi alimentare quello che viene chiamato sistema dell’arte. Renato Guttuso, uno dei portabandiera del “realismo” nella polemica con l’“astrazione”, chiariva l’errore di base di discussioni che non hanno cessato di tenere banco, complici gli artisti stessi che non prendono le distanze da chi li strumentalizza. «Procedere per liquidazioni non serve a nessuno – ha dichiarato il pittore siciliano –. Chi pretende di dividere il mondo in due: arte astratta-arte realista, senza comprendere quanto di realtà ci può essere in un’opera classificata astratta e quanta astrattezza in un’opera classificata realista, è un settario non un filosofo».
Le teste, i ritratti, i profili di figura che appaiono nella pittura magra ed asciutta di Riccardo Curti non sono che motivi per affermare ancor più la sua fiducia nell’astrattismo come realtà di fatto, per cui non importa tanto la sigla, la formula di comunicazione, sia essa forma geometrica oppure immagine figurata, quanto l’esigenza e l’intenzione che stanno alla base della sua scelta. La comparsa tra i piani appiattiti sul fondo o squadernati in superficie di figure graficamente delineate, che affiorano da un indefinito spaziale e temporale, non turba l’equilibrio della composizione. Potrebbero anche non esserci se non fossero tracce della realtà. Appartengono alla sfera del vissuto, ma hanno valenza artistica, nutrite delle linfe della cultura contemporanea, antinaturalistica e irrealistica.
Curti ha scoperto nei labili tratti fisionomici delle sue figure i moduli ideali di una bellezza armonica che diventa forma pura. Ogni appiglio di illusoria certezza si trasforma in modo espressivo mobile e ambiguo. Nessuna identificazione, dunque, con la vitalità della natura. Ogni apparizione è frutto di un’azione interna all’arte, flusso e ritmo di processi passati al filtro di un incantesimo razionale, proiezione astratta di un ordine mentale. Eppure, nella rigorosa costruzione del visibile, si legge in filigrana una diversa realtà, quella dell’artista stesso, della sua introversa personalità e della sua pacata misura. Questo avvalora un’azione artistica basata su un’armonia geometrica, fatta di incastri di forme-colore ritagliati con grande sapienza, al di fuori di ogni schema prefissato. La lucida capacità di non cristallizzare l’immagine all’interno della struttura compositiva si affida ad un segno trepido e mosso, sottratto al dominio del colore, che serve a creare i piani entro cui tutto si muove. Concepito in funzione spaziale, il colore si riduce a rapporti semplici per rendere più evidente la continuità sul piano degli elementi costitutivi. Vibra di riferimenti tonali esaltato dalla luce, la vera protagonista di questa pittura del silenzio.
Nelle opere recenti la figura intesa anche come autoritratto si accampa in primo piano reclamando la sua parte. Il richiamo a Giacometti per la presenza dell’immagine e a Morandi per la qualità della pittura, è evidente. Ma l’opera di Curti non è né ansiosa ricerca di un realismo inquieto né rapporto incantato con le cose circostanti. Crea un altro ordine di realtà, straniato seppur concreto. La comparsa dell’Io dell’artista sulla scena dell’arte può significare che la purezza dell’idea riscatta il peso dell’esistenza.

 

 

 

 


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